I capi? A volte si lavora meglio senza, almeno in certi segmenti-chiave della produzione. L’esempio, in una fase ormai non più sperimentale durata due anni, arriva dalla Breton di Castello di Godego, società produttrice di macchine per il taglio di pietra naturale e leghe metalliche da 670 addetti e 185 milioni di fatturato.
La fase della gestione delle commesse, trattandosi di realizzare strumenti unici e dunque da progettare volta per volta, avviene affidando il compito a squadre di 10-15 persone che si compongono spontaneamente per ogni singola situazione e che operano senza figure di responsabilità apicale.
Il risultato che il criterio consente recuperi di efficienza rispetto a quando ogni momento del progetto aveva un suo preciso referente e la filiera delle comunicazioni doveva dunque snodarsi attraverso punti di passaggio obbligati. L’evoluzione stata decisa sulla base anche di modelli di “Open Leadership” inizialmente teorizzati da Paolo Bruttini, socioanalista bolognese e presidente della società di formazione “Forma del Tempo”, mutuando uno schema di “sociocrazia” che ha preso piede nelle fabbriche dell’Europa del Nord, in particolare in Olanda.
“Un processo che da noi avanza molto lentamente – spiega Bruttini – e che si pone in controtendenza rispetto ad almeno 100 anni di cultura organizzativa orientata nella logica di comando e controllo”. Claudio Saurin, uno dei manager di Breton impegnati direttamente nella metamorfosi, spiega la differenza rispetto a prima proponendo quella che esiste fra un’orchestra sinfonica classica e un gruppo jazz.
“Nella prima – dice – c’ un direttore al centro e un certo numero di strumentisti ai suoi comandi, mentre nel secondo i musicisti diventano a turno registi e gregari dei colleghi. Si ottiene una responsabilità orizzontale condivisa e una identità di obiettivi che si coniuga con una ottima capacità di adattamento alle variabili”.
“All’inizio – aggiunge Arianna Toncelli, esponente della terza generazione del fondatore – ci sono state delle difficoltà, chi pi chi meno ha fatto fatica ad abituarsi, stato importante per qualcuno prima vedere i risultati. Nelle prime fasi di ricerca dell’efficienza stato necessario supportare carichi di lavoro maggiori, ma adesso tutto rodato e stabilizzato”.
Breton e’ nata nel 1963 su iniziativa di Marcello Toncelli, un ferroviere toscano trasferito in Veneto, per realizzare macchine per il taglio della pietra naturale. Oggi fra i suoi clienti ci sono marchi come Jaguar, Renault e Boeing.
Articolo ripreso da La Tribuna di Treviso – gelocal.it