«Oggi ultima irrigazione e ultimo lancio degli insetti utili, per contrastare i residui focolai di cocciniglia cotonosa. E poi comincerà la raccolta». Si chiude così l’ultimo Quaderno di Campagna dei “Contadini per Passione”, un innovativo progetto che ha radicalmente cambiato la vita di tre giovani siciliani. I fratelli Paolo e Marco Barbera, 29 e 30 anni, e Francesco Corsentino, 27 anni, da qualche anno sono passati dai libri universitari all’agricoltura. Un’agricoltura 2.0 però. Le dolcissime e bionde arance DOP ‘Washington Navel’ che producono nel comune di Ribera (Agrigento), a pochi chilometri dal mare, incarnano infatti perfettamente il binomio tradizione-innovazione.
Ma perché, con le vostre competenze, avete deciso di andare a lavorare nei campi? «Abbiamo scommesso in quest’avventura perché pensiamo che oggi il settore agricolo non debba essere visto come un problema – racconta Paolo Barbera, ideatore e fondatore del progetto – ma come una risorsa e un’opportunità per ricreare nella parte più dinamica della società, cioè i giovani portatori di nuove idee e progetti, quell’entusiasmo capace di creare reddito e autosufficienza». Nel 2003 i due fratelli hanno infatti ereditato dai nonni un aranceto ormai abbandonato, perché un genitore è ingegnere e l’altro insegnante, e nel giro di qualche anno è arrivata la svolta. Pur non avendo molta esperienza nel campo, ma sfruttando l’aiuto e la sapienza di contadini più esperti, hanno iniziato gradualmente a gestire e condurre in prima persona l’aranceto.
«In campagna, respirando il profumo dei fiori d’arancio, ho ritrovato la mia dimensione – continua Barbera – così ho lasciato i miei studi di economia aziendale a Palermo e mi sono dedicato a tempo pieno alla produzione e lavorazione delle arance». Suo fratello Marco invece ha terminato la carriera universitaria, aiutando Paolo d’estate e nei momenti liberi, e si è laureato in Giurisprudenza. Adesso è lui che si occupa di tutta la parte burocratica e delle vendite. In seguito al team si è aggiunto anche Francesco Corsentino, detto ‘Kiko’, amico di vecchia data e anche lui studente universitario. Qualche operaio stagionale poi dà una mano durante i mesi della raccolta, da novembre a marzo.
Eco-sostenibilità e consumo critico alla base di una nuova agricoltura. «Il nostro è un nuovo modo di pensare e fare agricoltura, che miri a uno sviluppo sostenibile e a un consumo critico, affinché il territorio sia salvaguardato e non consumato – spiega ancora il fondatore -–poiché la terra non è un bene che abbiamo ereditato dai nostri padri, ma è un bene che abbiamo a prestito dai nostri figli». Un’idea idea di agricoltura, quella dei giovani contadini riberesi, che si fonda sul concetto di ‘filiera corta’, e che permette di far arrivare le arance dal campo direttamente sulla tavola dei consumatori, senza passaggi intermedi. «Cerchiamo di andare oltre la semplice vendita commerciale – precisa Marco Barbera – poiché per noi è fondamentale instaurare una conoscenza diretta con i clienti, ormai sempre più attenti e consapevoli, che ci piace infatti definire coproduttori».
L’aspetto più innovativo però è il loro progetto di comunicazione e marketing. «Oggi non basta più produrre eccellenza se poi questa non viene sapientemente comunicata – sostiene Corsentino – non sono più sufficienti solo le braccia, e finalmente si sta capendo che servono anche le idee e i cervelli. Bisogna far partecipare alla vita agricola figure nuove, intelligenti, dinamiche, brillanti». Soprannominato “il contadino informatico”, Corsentino sta per laurearsi in ingegneria informatica a Pisa, e dal 2009 si occupa della gestione dell’aranceto “virtuale” e del marketing.
E-commerce, storytelling e social network sono le chiavi del successo. «L’e-commerce è una grande risorsa, perché il nostro negozio online non ha né confini territoriali né orari – continua l’informatico – è sempre aperto e ha costi gestionali irrisori per un’azienda». Per quanto concerne invece la comunicazione d’impresa online, “Contadini per passione” agisce su due canali, cioè quello ‘istituzionale’ tradizionale e quello ‘social’. Riguardo al primo, l’innovazione arriva dall’utilizzo dello storytelling come tecnica comunicativa, veicolando sotto forma di racconto le informazioni per il consumatore. Ne è un esempio il ‘Quaderno di Campagna’, un report periodico con foto e descrizione delle attività quotidiane svolte sul campo dai ragazzi. E i consumi di acqua molto ridotti fanno parte del mix che permette grandi risparmi nella filiera del prodotto.
L’aspetto però più interattivo è sicuramente quello social. «Anche nell’agro-alimentare l’azienda ha bisogno di essere presente sui social network – afferma ancora Corsentino – quando il cliente sceglie il prodotto da mettere in tavola, deve potersi fidare di quello che mangerà e i social ci permettono di creare proprio quella fiducia. Noi non ci facciamo pubblicità online, ma dialoghiamo con chi ci segue». È questo quindi l’obiettivo del food blog presente sul sito, nel quale vengono suggerite varie ricette a base di agrumi, chiedendo poi un feedback alla community. I clienti possono inoltre postare loro stessi altre ricette, diventando così anche foodblogger. In pratica ricevono visibilità in cambio del loro sostegno al progetto, che in questa maniera diventa anche un po’ il loro.
Come per il marketing, anche per l’avviamento dell’azienda gli investimenti sono stati molto risicati. «L’unico investimento che abbiamo fatto è stato rimettere in produzione il nostro aranceto – confessa Paolo Barbera – una spesa di circa 20 mila euro, sostenuta in gran parte dai nostri genitori, che abbiamo recuperato nei primi anni di attività, dal 2005-2006 al 2009-2010». All’inizio le arance prodotte venivano conferite alla grande distribuzione di Ribera. Stufi di essere «mortificati» dal continuo abbassamento dei prezzi all’ingrosso, che garantivano ricavi davvero esigui, a un certo punto i Barbera decidono di provare la vendita diretta. Che funziona subito bene, anche grazie al lavoro del “contadino informatico”.
Dal 2009-2010 quindi le loro arance vengono vendute direttamente ai consumatori, singoli o in gruppi di acquisto, i famosi G.A.S. (Gruppi di Acquisto Solidali), presenti ormai in tutte le principali città italiane. Le cassette viaggiano con corrieri espressi, e 48 ore dopo la raccolta riescono ad arrivare sulle tavole degli acquirenti. Idem per Slow Food, non solo un semplice partner commerciale dei Contadini per Passione, ma una rete di cui i ragazzi condividono la filosofia, e che mette sempre il contadino al centro della catena produttiva.
Ma quali sono state le maggiori difficoltà dopo la partenza? «Innanzitutto un problema strutturale – si foga Barbera – perché abbiamo ancora molte strade interpoderali in terra. Se piove per più di due giorni di seguito diventano impraticabili e non si può accedere ai nostri fondi. D’inverno a volte rischiamo di non poter trasportare fuori dai campi le arance appena raccolte». L’altro grosso limite è quello geografico. Trovandosi nell’ovest della Sicilia, sono fortemente svantaggiati rispetto ai competitor, non solo i produttori di arance pugliesi e calabresi, ma anche quelli della Sicilia orientale. Un gap che però in parte viene colmato con l’e-commerce e con gli strumenti di comunicazione 2.0.
«Nonostante tutto, negli ultimi due anni abbiamo accresciuto la nostra superficie arancicola – dice soddisfatto il fratello Marco – prendendo in comodato d’uso e in co-conduzione aranceti di persone che ci hanno dato fiducia, e che in alternativa li avrebbero abbandonati, perché i figli o i nipoti facevano altro». Parallelamente è quindi cresciuta anche la produzione. «Quest’anno quasi sicuramente aumenteremo gli ordini singoli del 70% e gli ordini collettivi del 50% – gli fa eco Corsentino – dalla fine dello scorso raccolto abbiamo fatto un buon lavoro di promozione online e di ‘marketing a filiera corta’».
Raggiunto il pareggio di bilancio nel 2009-2010, anche grazie alla vendita diretta, negli ultimi due anni i loro utili sono nettamente aumentati. Il 2011 ha visto un aumento del fatturato addirittura del 100 %, sceso poi a un + 20 % del 2012. «La stagione passata abbiamo avuto una pessima annata, perché abbiamo dovuto letteralmente buttare circa il 40% delle nostre arance, a causa di un insetto detto in gergo “la mosca bianca” – sottolinea Paolo Barbera – ma malgrado ciò abbiamo registrato un’ulteriore crescita, perché è aumentato il nostro volume di produzione». E le stime per il 2013 sono ottime: è previsto infatti un + 30 % del fatturato.
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