Analisi sulle motivazioni dell’acquisto dei titoli di stato da parte delle Banche Centrali

Da Oscar Giannino su Chicago Blog una ottima analisi sulle motivazione per cui le Banche Centrali hanno improvvisamente deciso questo weekend di inziare ad acquistare titoli degli stati in difficolta’.

La notizia è che oggi si metteranno in moto pesantemente le banche centrali degli Stati Uniti, dell’euroarea, e dell’Asia. L’accordo è stato raggiunto , dopo un sabato di telefonate sempre più allarmate. La Fed, la Bce e la Banca del Giappone – l’incognita è la Cina – hanno deciso un massiccio acquisto coordinato di titoli del debito pubblico, ciascuna della propria area di riferimento. Il segnale al mercato è: ora basta. Non è un intervento incrociato: gli europei non sosteranno il debito americano né gli statunitensi il nostro. La Bce deciderà l’ammontare degli acquisti dei paesi dell’euoarea più a rischio, a cominciare da Italia e Spagna, giudicando dagli andamenti. Ma in ogni caso ci siamo. E’  una mossa decisa verso il coordinamento del sostegno comune. Non si vedeva da ottobre 2008.

Perché il rischio è altissimo. Nel fine settimana si è aggiunto il downgrading del debito pubblico americano da parte di Standard&Poor’s. Per questo, tra sabato e domenica i ministri finanziari del G7, i capi di Stato e di governo degli Usa, Germania e Francia, di molti altri Pesi tra cui l’Italia e la Sopagna, e infine il presidente della Fed , i membri del board e i governatori di tutte le banche centrali del Sistema dell’euro hanno tentato di mettere a fuoco tutte le diverse possibilità per evitare un nuovo disastro. Se anche questo lunedì si rimette in moto un rimbalzo negativo a catena tra borse asiatiche, europee e americane, significa per tutti un sabba diabolico. Questa volta, senza distinguere troppo. L’Italia nelle ultime settimane è finita in prima linea, per la sua bassa crescita e la consistenza del suo debito pubblico.

Ma ce n’è per il Giappone, la cui banca centrale la scorsa settimana ha dovuto iniziare a intervenire alla disperata per impedire un ulteriore innalzamento dello yen che deprime un’economia estenuata da 15 anni a crescita zero e ora in ginocchio per lo tsunami. Ce n’è per l’America, brutalmente risvegliata dal sogno che una montagna di debito pubblico possa curare la disoccupazione. E ce n’è per tutti i Paesi dell’euroarea, non solo più per spagnoli e italiani, perché questa volta anche la Francia rischierebbe in breve la sua tripla A sul debito pubblico. Cerchiamo di capire meglio, allo stato delle informazioni ancora approsimativo, che cosa può succedere, perché, e con quali conseguenze per l’Italia.

Perché così tardi?

Per due ragioni. L’America si è decisa per lo schiaffo di S&P, che ha messo a nudo l’assoluta debolezza del compromesso raggiunto all’ultimo momento sullo sforamento del tetto del suo debito pubblico. Tra 15 anni, da quasi il 100% del Pil americano dov’è oggi, il debito federale rischia di superare di 40 punti l’attuale consistenza sul Pil di quello italiano. Ma c’è un’altra ragione. In Europa sono i tedeschi, insieme ai loro alleati olandesi e finlandesi, ad aver impostato da 20 mesi una strategia per la quale gli aiuti vanno dosati col contagocce, per obbligare i governi dei Paesi eurodeboli a fare tutto ciò che finora hanno rinviato o negato. Vale a maggior ragion per l’Italia, dal loro punto di vista.

Ma la Bce perché non si è mossa prima?

Da tempo la Bce può comprare titoli pubblici dell’auroarea sui mercati secondari, cioè non alle aste di emissione ma prima della loro scadenza, quando i detentori se ne sbarazzano a fronte di aumenti del rischio-Paese. Trichet aveva sempre a muso duro protestato, contro questo compito di emergenza attribuito a Francoforte a sostegno di debiti pubblici nazionali e non europei. Dovevano essere i governi, a stanziare risorse adeguate conferendole all’Efsf – il fondo europeo creato per la Grecia – prché fosse chiaro che era la politica a sobbarcarsi gli oneri comuni dovuti alle difficoltà di altri governi. I tedeschi hanno detto no per mesi. Solo un mese fa, è passato il principio. Ma l’Efsf non ha ancora i fondi per farlo e deve cambiare lo Statuto. Per questo ieri Trichet ha voluto che la Merkel e Sarkozy dicessero esplicitamente che s’impegnano in tale direzione. Il comunicato è arrivato, e la Bce si è sbloccata.

Ma la Merkel ha cambiato linea?

Fino a questo momento, la Germania e i suoi alleati hanno tirato la corda seguendo princìpi più che comprensibili, almeno dal loro punto di vista. I bassi tassi d’interesse dell’euro sono stati vissuti da molti euromembri come una bonanza per accrescere la spesa pubblica, ben prima della crisi. E per non alzare produttività ed efficienza dell’economia reale. E’ un discorso che vale anche per noi: ci siamo giocati come Italia i 7 punti di Pil di minori interessi sul debito pubblico in un decennio di euro, accrescendo di eguale ammontare la spesa pubblica corrente e alzando le tasse. Per questo cresciamo così poco, ora che invece bisognerebbe per diminuire il debito sul Pil. Vedremo se davvero la Germania ha cambiato linea.

Le parole indirizzate dalla Merkel e da Trichet a Berlusconi e Tremonti si traducono per il momento così: vi daremo una mano impedendo che gli spread arrivino a quota 500, ma la Bce non acquisterà a man bassa per settimane se il governo italiano non emette provvedimenti concreti per decreto, invece di limitarsi ad annunci sull’anticipo di un anno al 2013 dell’azzeramento del deficit.

E se tra qualche giorno l’azione delle banche centrali non dovesse bastare?

Ci sono almeno tre ulteriori livelli d’intervento. Il primo è che la loro azione da coordinata diventi concertata, cioè che ciascuno – a quel punto anche la Cina, piena di liquidità – inizi a sostenere il debito dell’altro comprandone i titoli. Il secondo è che a questo si aggiungano interventi concertati non solo sul debito, ma sul monetario. Il terzo, inutile nasconderselo, è ciò che ci si aspetta dai governi dei Paesi più nel mirino, come l’Italia. Se Berlusconi e Tremonti giovedì si chiedevano con toni diversi come mai la Bce non intervenisse e ora la situazione si è sbloccata, a maggior ragione è un’illusione credere che qualcuno faccia sconti a un governo italiano che creda di avere mesi e e anni invece di giorni, per intervenire.

Perché i grandi operatori del mercato dovrebbero fermarsi?

Ha avuto un’incubazione molto lunga, l’enorme ondata scatenatasi sui mercati nelle ultime settimane da parte di fondi monetari e fondi hedge all ricerca di guadagni sull’alta volatilità. Quando hanno visto mesi fa che erano le grandi banche tedesche e francesi a sbarazzasi dei titoli pubblici greci, spagnoli e italiani, hanno capito che si trattava di volontà deliberata, e che il gioco era facile. Poiché però il debito pubblico e la bassa crescita di Paesi come l’Italia è un fatto e non un’opinione, e a questo si aggiunge il rallentamento della ripresa americana con una finanza pubblica disastrata, è sbagliato credere che i ribassisti cambino facilmente idea. Diciamo che da oggi parte una sfida diversa. E’ possibile se non probabile che alla notizia degli acquisti odierni le acque diventino meno tempestose. Ma nei giorni e nelle settimane a seguire la sfida sarà di testare sino a che punto, le banche centrali possono davvero immolare i propri attivi comprando titoli svalutati.

Da Chicago-Blog.it