Solo tre giorni fa il presidente della Commissione per i servizi finanziari coreana, Kim Seok-dong, aveva cercato di dare rassicurazioni sulla salute del settore bancario locale. Che, a detta sua, non sarebbe stato minacciato dalle difficili condizioni delle casse di risparmio. Ma, stando a quanto riporta stamattina l’agenzia Bloomberg, le minacce per la solidità degli istituti sono molto concrete. E vengono dall’esterno.
Lo dimostra il fatto che proprio Kim Seok-dong si sia rivolto ai Ceo di importanti istituti di credito, fra cui Kookmin Bank e Woori Bank, per avvertirli: le banche devono incrementare le proprie riserve di liquidità in valuta straniera e diversificare le proprie fonti di finanziamento, senza fare affidamento solo su Europa e Stati Uniti. In pratica, devono tutelarsi contro l’eventualità di una crisi globale, che potrebbe nascere proprio dai debiti sovrani del Vecchio Continente.
Nell’ultimo mese, il won ha infatti perso il 9%. E il mercato globale del credito mostra rilevanti segni di contrazione. Per gli istituti di credito, dunque, cercare altre fonti di finanziamento diventa una mossa obbligata. Che, in parte, hanno già intrapreso. A partire dal fallimento di Lehman Brothers del settembre 2008, hanno già ridotto il debito in valuta estera dal 60% al 49% dei prestiti esterni.
Ma ora, stando ai regolatori, devono affrettarsi. «Le banche devono assicurarsi una sufficiente riserva di liquidità per evitare di cadere nel circolo vizioso per cui, in circostanze di crisi, si trovano a dipendere dal supporto del governo o della banca centrale – ha dichiarato Kim -. Dobbiamo essere pronti a una situazione di instabilità esterna che potrebbe continuare per un periodo considerevole». La debolezza delle banche coreane, in sintesi, sarebbe dovuta alla loro dipendenza dalle fonti di finanziamento all’estero. E il Paese asiatico rischierebbe di essere pesantemente colpito, in una sorta di effetto a catena, da un inasprimento della crisi dell’Eurozona.
Articolo ripreso da valori.it