Barroso rilancia gli Eurobond

È con la proposta di una Tobin Tax europea che farà pagare anche alle banche i costi del dissesto finanziario, con il rilancio degli Eurobond che «daranno vantaggi a tutti», con l’assicurazione che la Grecia «è e resterà nell’euro», con l’invito alla Bce a fare tutto il possibile per garantire la stabilità, con l’accelerazione della lotta all’evasione fiscale, con la richiesta di approvare la direttiva sul risparmio Ue, ma soprattutto è con il netto no alla «rinazionalizzazione» delle politiche europee dettata dal direttorio Merkel-Sarkozy che Josè Manuel Barroso ha strappato applausi alla plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo.

Uno scatto d’orgoglio, in cui ha rivendicato anche la «fierezza di essere europei» che devono provare non solo le istituzioni europee ma anche le capitali d’Europa.

Quella che la Ue sta vivendo, ha detto, è la «sfida più grande della sua storia». Ma il capo dell’esecutivo di Bruxelles si è mostrato convinto di vincerla. È stato con un “Discorso sullo Stato dell’Unione” dai toni veementi, a tratti accorati («mi sento ferito dal paternalismo» che arriva dagli Usa: «non dobbiamo scusarci con nessuno per le nostre politiche sociali») che Barroso ha dato le risposte che gli europeisti gli chiedevano. Il problema sarà passare dalle parole ai fatti.

Pochi minuti dopo l’ufficializzazione della proposta di Tobin Tax (che avrà due aliquote: 0,1% per le transazioni finanziarie su obbligazioni e azioni, 0,01% per quelle sui derivati) è ad esempio arrivato il “no” di Londra. Ma al Regno Unito, in fase di replica ad un euroscettico britannico, Barroso ha lanciato una sfida diretta: «Se, visto il suo passato imperiale, pensa di poter difendere da sola il suo ruolo nel mondo, faccia pure».

Gli Eurobond Barroso li ha rilanciati affermando che «saranno vantaggiosi per tutti», che garantiranno stabilità e sviluppo. Ma non ha nascosto che per emettere debito pubblico comune l’Ue si dovrà «dotare degli strumenti per garantire integrazione e disciplina».

.Ma è stato proprio l’attacco al direttorio Merkel-Sarkò, la tendenza alla «rinazionalizzaizone» delle politiche europee, il cuore «politico» del discorso di Barroso.

«Il ritorno alla frammentazione», ha detto, «sarebbe la morte dell’Unione europea» come l’abbiamo conosciuta dopo la guerra. Ha ricordato che è «l’integrazione economica a garantire la pace» nel continente. E ha respinto al mittente le tentazioni di spingere l’Europa verso il metodo inter-governativo rappresentate dalla candidatura di un Herman Van Rompuy a presidente del Consiglio eurogruppo lanciata da Berlino e Parigi.

«Non abbiamo bisogno di nuove istituzioni» ha affermato Barroso rivendicando che «è la Commissione europea il governo economico dell’Europa».

Lungo, l’applauso finale della plenaria. Che poco dopo gli ha anche «regalato» l’approvazione definitiva e con salda maggioranza del “six pack” che riforma profondamente la governance economica.

Ma il dubbio di tutti l’ha espresso il leader dei liberal-democratici, l’ex premier belga Guy Verhofstadt: «Tutto giusto, ma ora questo discorso vada a farlo ai governi»