Oggi scriviamo di SpazioDati, una startup che opera in ambito big data e semantica. Il loro obiettivo è ambizioso: consentire a tutti – dalle grandi aziende alla pubblica amministrazione – l’accesso a una tecnologia che fino a oggi, a causa dei costi molto alti, è stata appannaggio solo di realtà davvero grandi, come centri di ricerca o aziende affermate.
Alla guida di SpazioDati c’è un gruppo che vanta diverse esperienze imprenditoriali e non soltanto nel mondo delle startup. Il background spazia dalla consulenza al mondo della ricerca e dell’innovazione. I fondatori sono Michele Barbera, Gabriele Antonelli, Giovanni Tummarello, Andrea Di Benedetto e Luca Pieraccini. In modo diretto o indiretto, tutti gravitavano intorno al Polo Tecnologico di Navacchio, a Pisa. Quindi una forte impronta toscana per questa startup nata nel 2013 che si occupa di big data.
Siamo andati a intervistare il presidente Gabriele Antonelli per farci raccontare un po’ i dettagli di questa storia imprenditoriale.
Gabriele, come nasce SpazioDati?
Nasce da una visione ambiziosa: democratizzare l’accesso ai dati e consentire a tutti di beneficiare di questa nuova rivoluzione della conoscenza che sono i big data. Non a caso quando, alla fine del 2012, abbiamo iniziato a immaginare la startup che poi sarebbe diventata SpazioDati, era ormai chiaro che il mondo stesse entrando nell’era dei dati, e che grazie a big data e social web sarebbe stato sempre più facile e low-cost pubblicare (e raccogliere) contenuti. E il nostro obiettivo è proprio quello di rendere i dati non solo fruibili ma usabili, farne cioè non soltanto uno strumento di analisi ma anche di business. Oltre a essere informazione, i dati sono anche opportunità.
Ci spieghi brevemente il concetto che sta dietro a SpazioDati? Cosa permette di fare il vostro prodotto/servizio?
Vogliamo dare a tutti la possibilità di usare i dati. Alla base del nostro business ci sono i big data e la semantica, ci poniamo, quindi, nell’intersezione tra queste due aree tecnologiche.
Detto questo, la nostra attività è costituita da due filoni principali. Da un lato, grazie a Dandelion API, estraiamo dati strutturati da documenti che strutturati non sono (ad esempio un tweet, una pagina web, un commento su Facebook, un testo legale, il bilancio di un’azienda) per offrire algoritmi intelligenti che aiutano a estrarre dai documenti ciò che interessa (come i concetti-chiave, nomi di persone, indirizzi, cifre).
E mettiamo queste tecnologie a disposizione di grandi aziende, sviluppatori e imprenditori. Dall’altro si trova Atoka, il nostro nuovo servizio di marketing e sales intelligence. Oggi c’è una forte asimmetria informativa tra le grandi aziende, che hanno reti sociali molto vaste e ottimi contatti, da una parte, e PMI, professionisti e artigiani digitali, che però costituiscono gran parte del tessuto produttivo italiano, dall’altra. Con Atoka offriamo un database gigantesco e unico a cui ogni imprenditore, marketing manager o direttore commerciale può così accedere per trovare nuovi potenziali clienti in modo intelligente e preciso o per monitorare i propri concorrenti grazie ai big data.
Quali sono state le tappe principali della società dalla fondazione ad oggi?
Abbiamo lavorato fin da subito per raccogliere il capitale necessario attuando una strategia modulare: abbiamo vinto dei bandi di finanziamento e sia la Camera di Commercio di Pisa che la Provincia di Trento sono entrate nel capitale di SpazioDati sostenendoci a più livelli, non solo dal punto di vista finanziario.
Nel 2014 è poi entrato nel capitale di SpazioDati un nuovo socio, il gruppo Cerved. Per noi il supporto di Cerved è stato prezioso, non solo perché abbiamo ricevuto capitali per oltre due milioni di euro, ma anche perché abbiamo potuto accedere a dati e know-how straordinari. In totale, seguendo questa strategia di fundraising abbiamo raccolto dall’avvio ad oggi circa quattro milioni di euro.
Che ruolo hanno giocato le istituzioni locali nello sviluppo della vostra azienda?
Fondamentale. Tutto quello che abbiamo realizzato è stato possibile anche grazie al supporto delle istituzioni che ho citato prima. Ovviamente né Trento né Pisa sono la Silicon Valley, però entrambi i due territori hanno delle specificità pro-innovazione che li rendono competitivi a livello europeo. Navacchio è davvero un’eccellenza tricolore e a Trento ha sede l’unico centro a sud delle Alpi dell’iniziativa ICT dello European Institute of Innovation and Technology, il “MIT d’Europa”.
Quale aspetto ha convinto di più gli investitori nel processo di raccolta di capitali?
Abbiamo scelto vie alternative per arrivare a coprire il fabbisogno di capitali. Inoltre ci serviva la massima autonomia perché sapevamo di doverci adattare a un mercato, quello europeo, ancora immaturo. I due investitori pubblici hanno creduto nel team più che nel progetto, lasciandoci totale libertà di manovra. Posso dire che adesso stiamo diventando un oggetto interessante per altri investitori, non soltanto italiani.
Cerved rimane tra i vostri principali investitori. Ci dai qualche dettaglio in più sull’operazione conclusa ad aprile dello scorso anno?
SpazioDati cercava un socio di minoranza con esperienza, capitali e capacità di visione. Il gruppo Cerved cercava idee e tecnologie nuove. Credo sia stata davvero un’operazione win-win, con un esborso di capitali non indifferente (ben oltre i 2 milioni di euro). Oggi Cerved fa parte del nostro board e il suo apporto di conoscenza del mercato ed esperienza è, a mio parere, proprio insostituibile. Aggiungo che al momento non ci sono acquisizioni in vista, però mai dire mai.
Oggi e domani a confronto: da quali numeri partite in termini di dipendenti, clienti e fatturato? Quali sono i piani di sviluppo e secondo quali logiche pensate di espandervi?
Siamo partiti con delle importanti esperienze di ricerca nel campo dei big data e capitale dei soci fondatori. Oggi stiamo crescendo. Abbiamo circa 30 dipendenti, divisi tra Pisa e Trento, e abbiamo firmato contratti in Italia e all’estero (posso citare, a titolo d’esempio, quello con il gruppo francese Lagardère).
Nel 2014 abbiamo fatturato 243 mila euro: avremmo potuto fatturare di più, le opportunità di progetti (anche con grandi realtà) non mancavano, però abbiamo preferito concentrarci sul prodotto, forti dei capitali raccolti. Attorno al nostro Dandelion API si è formata una comunità davvero internazionale di utilizzatori (si va dallo studente di ingegneria informatica al programmatore indie, allo startupper fino alla multinazionale). Quanto ad Atoka, l’abbiamo appena lanciato, ma stiamo già avendo buonissimi riscontri.
Se dovessi dare un consiglio a un giovane imprenditore alle prime armi, cosa gli diresti?
Di non credere troppo al mito della startup ma di concentrarsi sulla propria visione, sempre pronti a cambiare direzione se necessario. La cosa più importante è quella di essere veloci nel prendere decisioni e nel metterle in pratica, la differenza è tutta lì. In Italia burocrazia e tasse sono un problema ma, come si dice, ogni medaglia ha il suo rovescio.
Qui da noi abbiamo un capitale umano davvero straordinario, i nostri ingegneri e programmatori informatici sono bravissimi. E poi anche in Italia c’è chi crede nelle nuove idee e nelle startup, siano esse pubbliche amministrazioni come a Trento, attori di sistema come la Camera di Commercio di Pisa o grandi realtà aziendali come Cerved.
Fonte: blog “Gli Squali di Wall Street”
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