I regolatori del sistema finanziario cinese dovrebbero rivedere i dati che utilizzano per capire se le proprie banche sono in grado di sostenere un’improvvisa crisi economica. Inoltre, dovrebbero fornire maggiori spiegazioni sui requisiti di capitale imposti agli istituti. A dichiararlo è José Viñals, direttore del dipartimento dei mercati dei capitali del Fmi.
Le sue parole vengono da un’intervista rilasciata al Wall Street Journal ai margini del Financial System Stability Assessment, una conferenza tenutasi la scorsa settimana a Shanghai e dedicata alla valutazione dei sistemi finanziari asiatici.
Secondo Viñals, «ci sono notevoli lacune nei dati disponibili» per gli stress test delle banche cinesi. Nello specifico, per molte banche i dati relativi ai prestiti “non performanti” sono stati diffusi soltanto a partire dalla metà degli anni 2000.
Inoltre, è un dato di fatto che le riserve obbligatorie di capitale per le banche cinesi siano molto più alte rispetto a quelle stabilite a livello internazionale. Ma i regolatori non avrebbero dato una spiegazione approfondita delle motivazioni di tale politica, né delle sue possibili conseguenze future.
La salute del sistema finanziario del gigante asiatico è un tema caldo ormai da diversi mesi.
Per evitare il contagio da parte della crisi globale del 2008, l’esecutivo di Pechino ha infatti abbassato al minimo i tassi d’interesse, per dare una spinta alla propria economia. Ma, secondo molti esperti, ciò potrebbe scatenare un’ondata di prestiti tossici.
Particolarmente a rischio sono quelli concessi agli enti locali. E nei prossimi mesi vi si potrebbero aggiungere quelli immobiliari, dopo il recente calo dei prezzi del mattone gonfiati per mesi da una bolla speculativa.
Articolo ripreso da valori.it