“Oggi è il Digital Action Day. È stato bellissimo, è vero, ma qui finora ho visto solo discorsi. Bene, adesso è il momento dell’action. Muovetevi!”. Eravamo tutti in piedi ad applaudirla. Questa signora elegante come una regina. Lei aveva gli occhi lucidi perché avevano fatto di tutto per commuoverla: persino il video saluto delle nipotine che le dicevano “ti amo nonna!”. E perché era la sua ultima uscita ufficiale come commissario europeo e “questo per te non è mai stato solo un lavoro, è stata passione”. E le passioni non finiscono quando scade l’incarico.
Neelie Kroes se ne va, torna a casa, in Olanda. Ha 73 anni, splendidamente portati, è stata a Bruxelles per due mandati: dieci anni, che altro vuole? Gliel’ho chiesto, ma non me lo ha detto. “In qualche modo resteremo in contatto, vedrete”. Mi ha detto solo che lavorerà fino all’ultimo giorno di servizio, il 31 ottobre, come se fosse il primo. Ma so cosa avrebbero voluto tutti i presenti nel grande centro conferenze di Bruxelles ieri 29 settembre: volevano tutti fortemente che Neelie restasse ancora lì al suo posto, a guidare la rivoluzione digitale in Europa fino alla vittoria.
Perché se è vero quello che ha ripetuto spesso in questi anni, “Internet ha bisogno di combattenti non di burocrati”, lei di questa armata digitale è stata il leader indiscusso. Non l’ha creata, perché i “soldati” già c’erano, ma li ha arruolati. Uno per uno. Mai visto un politico appassionarsi tanto alla rete e alle sue opportunità, tifare per gli startupper, emozionarsi per i ragazzi che sviluppano app già a 12 anni. “Siete il mio role model” ha detto ieri a due piccoli fenomeni portati sul palco per raccontare la loro storia. E mentre lo diceva era sinceramente commossa come una nonna che vede i nipotini vincere una gara.
Io ero lì nel mio primo giorno europeo da Digital Champion. Quasi una beffa: dopo averla seguita per cinque anni, dopo averla inseguita a volte, sono arrivato a Bruxelles mentre lei tornava a casa. Il tempo di salutarla e poco più. L’appuntamento, con gli altri Digital Champion europei, era alle 8,45 per una colazione di lavoro. Ultimo piano, una unica grande vetrata con vista sulla città più uggiosa che ci sia, tavoli disposti a quadrato per ospitarci tutti. “Welcome Riccardo, sono felice del tuo arrivo”. Sapessi io, Neelie, mi trema la voce senti?
Tutti puntuali, è iniziato un giro di interventi. Ogni champion ha raccontato cosa sta facendo nel suo paese, le difficoltà e i successi. “E tu Riccardo cosa vuoi fare?”. Allora le ho detto della mia idea di un digital champion collettivo, di averne uno in ogni comune con la doppia funzione di difensore dei diritti digitali (banda larga negata, wifi chiuso, procedure cartacee e obsolete) e di diffusione della cultura digitale. “Brilliant” mi ha interrotto lei “è il momento di muoversi sul territorio, porta a porta. Vai avanti”. Davvero? Non aspetto altro, anzi non aspetto proprio. Poi è stato il momento delle foto, una tutti insieme e una da soli, con ciascun champion, abbracciati addirittura, e siamo scesi per la conferenza di apertura del Digital Action Day.
Di conferenze ne ho viste tante e tante ne organizzo, anche importanti. Ma sono rimasto colpito dalla qualità degli interventi. A parte la Kroes e Jeremy Rifkin, che ormai conosco bene e con il quale avrei pranzato più tardi per valutare la fattibilità del modello “terza rivoluzione industriale” in Italia, gli altri sono stati una vera masterclass digitale. Un tipo del Financial Times ha spiegato nel dettaglio come un antico giornale è diventato davvero digital facendo profitti mai visti. Il fondatore di BlaBlaCar ha raccontato come sta costruendo una impresa globale basandosi sulla sharing economy e risolvendo un problema mondiale (“l’età media dei nostri dipendenti è 29 anni”). E la numero uno di Booking.com ha rivelato in che modo i big data hanno spianato la strada al numero uno del turismo online (“con gli analytics mettiamo davvero l’utente al centro, per questo vinciamo”).
Mentre parlavano ripensavo al dibattito italico sulla creazione di posti di lavoro, un dibattito così ottocentesco per certi versi e così ottusamente spaventato del futuro. Intendiamoci, non mancano le incognite nella digitalizzazione, ma noi perdiamo completamente le opportunità che pure ci sono: l’Unione Europea calcola centinaia di migliaia di posti di lavoro che si potrebbero cogliere subito se solo avessimo le digital skills, le competenze digitali.
E l’education, l’istruzione è stata il vero filo rosso che ha tenuto assieme tutti gli interventi, fino ai cinque workshop del pomeriggio. Dobbiamo completamente ripensare la scuola, e dobbiamo farlo subito, hanno detto tutti: inserendo fra le lezioni il coding e la robotica, che sono fondamentali, ma anche quelle che hanno chiamato “soft digital skills”, cioè competenze più generali di cultura digitale che comunque serviranno a tutti. “E se in una classe arriva una stampante 3D e l’insegnante non la sa usare?” ha chiesto qualcuno. “Allora i bambini insegneranno agli insegnanti!” ha replicato Neelie Kroes che è poi tornata sulla cosa che sta più a cuore, la disoccupazione giovanile “che ormai è a livelli tali da configurare un vero attacco alla democrazia”. Stava ripetendo il suo solito ragionamento sul digitale quale leva per creare posti di lavoro, quando è stata interrotta dalla festa a sorpresa che l’avrebbe commossa da lì a poco.
Come andrà con il suo successore, un tedesco con fama da duro, Günther Oettinger? Probabilmente bene, perché il solco tracciato dalla Kroes è troppo profondo per tornare indietro, sperano tutti (a proposito, non posso non riportare una battuta ironica della stessa Kroes a proposito del fatto che le sue deleghe sono state divise fra un commissario e due vicepresidenti: “Hanno chiamato tre uomini per fare il lavoro di una donna”). E la stessa Kroes non credo che si ritirerà: le nipotine sono bellissime, è vero, ma dovevate vederla ieri saltabeccare da un workshop all’altro, ha ancora troppa passione per il futuro per mettersi a coltivare i tulipani in Olanda. Secondo me tra qualche mese la rivedremo alla testa di qualche Fondazione di attivisti digitali (alla quale, lo dico già ora, mi iscriverei subito).
Quanto a me, sono tornato a casa da questo debutto avendo imparato molto, conosciuto persone interessanti e motivate, capito che anche qui in Europa dobbiamo giocare la nostra partita digitale ma sarà ancora più importante creare subito un forte movimento in Italia. E mi è rimasta in testa una domanda: con tutti questi talenti, queste persone, queste reti che toccano ciascuno dei 28 paesi membri, è possibile che a nessuno sia venuto in mente di hackerare l’Unione Europea per renderla finalmente facile, comprensibile, accessibile da tutti i cittadini?
Possibile che proprio qui i siti web e le informazioni siano talvolta così oscuri per chi non abbia digital skills elevate? Possibile che non ci sia una app per avere l’Europa in tasca, controllare che fanno i nostri rappresentanti, dare loro dei feedback, e magari capire finalmente come funzionano i fondi europei? A un certo punto questa domanda l’ho twittata ed è apparsa sul maxischermo sul palco. Ho temuto di essere preso per un guastafeste ma non era questo il caso. Ci torneremo, su #hackeurope, ieri era il giorno per ringraziare dal profondo del cuore Neelie Kroes per aver preso cinque anni fa una cosa apparentemente marginale e fredda come l’Agenda digitale e averle dato un’anima. Anzi, un cuore. E una rete: “Mai sottovalutare il potere delle reti di persone!”. E quindi da oggi mi metto al lavoro per presentare entro qualche giorno il modello italiano di un digital champion diffuso. Sarà dura, lo so, in tanti mi dicono: chi te lo fa fare con tutte le cose che già fai? Ma la risposta chi mi conosce la sa già. Spero solo di essere all’altezza del sogno che abbiamo.
Come dice Neelie, cerco combattenti, non burocrati. E so che saremo tanti.
Articolo e testo di Riccardo Luna – ripreso da HuffingtonPost.it
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