Tre grandi punti di disaccordo tra le banche e Banca d’Italia si sono manifestati nell’assemblea annuale dell’Associazione Bancaria Italiana.
Credito
[…] In più casi le banche italiane, oltre a erogare credito, partecipano direttamente al capitale delle aziende. Ciò può favorire un vaglio più accurato delle prospettive di crescita dell’azienda e una migliore valutazione delle sue esigenze finanziarie. Al tempo stesso, il legame partecipativo può talora distorcere le scelte di erogazione del credito; al crescere delle quote azionarie e dell’entità dei prestiti concessi, può dar luogo ad atteggiamenti collusivi o finalizzati a ritardare l’emersione di situazioni di difficoltà aziendale.
[…] La stabilità delle banche si fonda anche su sistemi di governo e controllo dei rischi adeguati: carenze negli assetti organizzativi impediscono una corretta allocazione del capitale; favoriscono l’assunzione inconsapevole di rischi; rendono la struttura aziendale permeabile a violazioni di norme e di procedure interne; espongono l’intermediario a potenziali, elevati danni reputazionali. Nei giorni scorsi abbiamo emanato nuove disposizioni di vigilanza sui sistemi di controllo interni delle banche. Le norme richiedono il pieno coinvolgimento degli organi aziendali nella definizione del sistema di controllo e di governo dei rischi; nell’individuazione del “rischio tollerato”; nell’approvazione delle decisioni più importanti, quali l’offerta di nuovi prodotti, l’avvio di nuove attività, l’ingresso in nuovi mercati. Esse sottolineano inoltre l’esigenza di assicurare indipendenza e autorevolezza alle funzioni di controllo. Le banche avranno a disposizione un congruo periodo di tempo per adeguarsi; la Vigilanza dovrà essere informata sulle misure che esse intendono adottare.
[…] Conclusioni. L’economia italiana si trova ancora in una difficile transizione. Superarla con successo richiede l’impegno di tutti. Il sistema bancario deve fare la sua parte. Non vi potrà essere ripresa duratura in mancanza di un sufficiente sostegno finanziario alle imprese. Per contrastare gli effetti della recessione sui propri bilanci le banche devono proseguire nell’azione volta a recuperare redditività e a rafforzare il patrimonio. Per garantire un adeguato flusso di finanziamenti all’economia reale è necessario che esse tengano conto delle prospettive di sviluppo della clientela. Gli intermediari devono essere pienamente consapevoli dei riflessi positivi che ne deriveranno per l’economia italiana, per essi stessi.
Banche e azionisti
Va ora incoraggiata una diversificazione dei portafogli delle Fondazioni al fine di allentare i legami, talvolta troppo stretti, con i risultati della banca di riferimento e di evitare interferenze nella governance e nelle scelte imprenditoriali degli intermediari. Ne risulterebbe favorito l’ingresso di nuovi investitori nelle banche. Da analisi condotte sugli statuti delle banche, sui patti parasociali esistenti e sui comportamenti tenuti in occasione delle assemblee bancarie emerge che alcune Fondazioni tendono a interpretare in maniera molto ampia le prerogative di azionisti. Ciò ha determinato eccessi, ostacolando talora il necessario ricambio degli organi aziendali e orientando la scelta degli amministratori in base a criteri diversi dalla professionalità. Episodi di questa natura influiscono negativamente sulla performance degli intermediari, condizionandone la capacità di finanziare l’economia. Vanno adottate al più presto misure che ne impediscano il ripetersi.
La Carta adottata dall’ACRI nel 2012 raccomanda trasparenza nei criteri e nei processi di nomina degli organi delle Fondazioni, stabilendo discontinuità temporale e incompatibilità con precedenti incarichi politici. Richiede competenza e indipendenza degli esponenti sia delle Fondazioni, sia delle banche partecipate. Tali indicazioni vanno attuate pienamente; vanno altresì rafforzate vietando il passaggio dai vertici delle Fondazioni a quelli delle banche. Il divieto di controllo, previsto dalla legge per le fondazioni maggiori, va pienamente rispettato, se necessario ridefinendolo in modo da includere situazioni in cui esso viene esercitato di fatto o congiuntamente con altri azionisti; vanno introdotte misure adeguate per assicurarne il rispetto. Andrebbero inoltre previsti incompatibilità e requisiti più rigorosi per gli amministratori delle banche.
[…] Le banche popolari sono state interessate negli ultimi anni da un positivo processo di cambiamento della base sociale. L’incremento dell’azionariato diffuso e la crescente presenza di investitori istituzionali ne hanno rafforzato il capitale. Questi cambiamenti richiedono ora di riconsiderare le regole di governance, originariamente concepite per intermediari piccoli e radicati a livello locale e non più adatte per banche di grandi dimensioni, con una larga presenza sul territorio nazionale, con un’ampia base sociale o quotate.
Per le banche maggiori, un’applicazione rigida di alcuni istituti tipici del modello cooperativo – voto capitario, limiti al possesso azionario, clausole di gradimento – può avere ricadute negative sulla qualità degli assetti di governo e sulla capacità di rafforzamento patrimoniale. In assenza di adeguati contrappesi, basi sociali frazionate e disperse si riflettono in una scarsa partecipazione dei soci in assemblea e in uno scarso incentivo al controllo dell’operato degli amministratori.
[…] In secondo luogo, non bisogna trattenersi dall’intervenire sulla forma giuridica. Anche nel giudizio di autorità e investitori internazionali, il modello più coerente con le caratteristiche delle banche di grandi dimensioni, in grado di favorire l’apporto di capitale e la trasparenza dell’assetto proprietario e della governance, è quello della società per azioni. Le popolari più grandi devono aprirsi a questa trasformazione, agevolandola con quorum assembleari realisticamente raggiungibili. L’adeguamento della governance è essenziale per assicurare una gestione consapevole dei rischi, una corretta allocazione del credito all’economia, una efficace gestione dei conflitti di interesse. Rimuovendo gli ostacoli al rafforzamento patrimoniale, esso rassicurerà gli investitori circa la capacità delle banche di far fronte alla difficoltà del contesto macroeconomico e alla crescente concorrenza.
Il messaggio del governatore alla platea dei banchieri non poteva essere più chiaro e più duro ed essendo la terza volta che viene inserito nei discorso di Visco ha l’aria di essere un ultimatum verso chi sta abusando della pazienza dell’autorità di vigilanza fingendo di non capire le nuove regole del fare banca in un contesto europeo e internazionale che richiede trasparenza, gestione oculata e capitale, molto capitale. Banche popolari e Fondazioni erano ovviamente presenti nella sala e hanno sentito forte e chiaro. A molti il messaggio sulla struttura dei soci delle popolari è sembrata un intervento a supporto del tentativo di Bonomi di trasformare la BPM in Spa, ma anche UBI, Banco Popolare e BPER sono nel perimetro delle attenzioni di Visco.
Un cambio di passo
A contrasto della relazione del governatore la totale assenza dei temi sollevati nella relazione del presidente ABI. Non solo sullo spinoso argomento delle fondazioni e del voto capitario, ma neppure -e questo è grave- su quello più trattabile della riorganizzazione del sistema bancario. Nelle parole del proprio presidente il sistema bancario non ha trovato stimoli forti a rinnovarsi per contrastare il calo drastico dei profitti, ma ha scelto di lamentarsi pubblicamente del calo della ‘forbice’ da 300 bp a 170 bp. senza capire che non troverà grande comprensione in un periodo nel quale i profitti delle imprese sono negativi in 4 casi su 10 e la crisi distrugge lavoro ogni giorno. Visco, invece in linea con quanto detto ieri nell’intervento dell’ing.Viola sul blog, ha frustato le banche sul loro passo di cambiamento:
Nell’industria bancaria, ad alta intensità di lavoro, i livelli e la dinamica delle retribuzioni vanno resi pienamente coerenti con l’obiettivo di preservare la stabilità degli intermediari. Vanno valutate con attenzione misure, anche di natura temporanea, volte a ridurre in misura significativa le spese per il personale in rapporto ai ricavi. Occorre piena consapevolezza dei vincoli posti dalle difficoltà che il sistema bancario si trova ad affrontare, un cambio di passo per far fronte alle difficoltà contingenti degli intermediari, per salvaguardare la stessa occupazione. Va rafforzato l’impegno per adeguare la combinazione dei fattori produttivi e la struttura dei canali distributivi alle opportunità offerte dalle nuove tecnologie.
Articolo ripreso da linkerblog.biz – Autore: F. Bolognini