Non potevano mancare polemiche e dietrologie per individuare chi abbia ispirato il blitz del governo che costringerà le banche popolari italiane a modificare la struttura cooperativa per diventare società per azioni a tutti gli effetti.
Lasciando il compito di indagare sui movimenti anomali dei titoli quotati alla CONSOB, possiamo indicare senza timore di smentita a chi faccia sicuramente piacere la decisione del governo sulla trasformazione delle banche popolari:
1. BANCHE D’AFFARI. Con la compagnia di Mediobanca e forse BANCA IMI, tutte le investment bank estere guardano alla novità con l’acquolina in bocca. Proporre combinazioni e fusioni direttamente alle banche o comparire in perfetto completo gessato per consegnare book orizzontali elegantemente rilegati a investitori istituzionali di tutto il mondo e sollecitare la loro entrata nella mano di poker poco cambia, in entrambi i casi essere chiamati a gestirle significa spartirsi piatti ultra-milionari di commissioni e incassare bonus da favola. La parola ‘consolidation’ è musica per gli specialisti delle fusioni nel settore bancario, che staranno già lavorando sulle ipotesi possibili.
2. ANALISTI DI BORSA italiani e internazionali. Non troppo lontano dagli uffici dei ‘rain-makers’ del M&A, e spesso nelle stesse banche, centinaia di oscuri ma preparati analisti stanno freneticamente producendo ricerche griffate sulle probabili combinazioni tra banche popolari e tra alcune di queste e MPS o Carige. Quintali di carta, calcoli e previsioni basate sull’idea che qualcuno compri qualcun altro e che le 10 banche diventino finalmente soggette alle regole del mercato borsistico internazionale, senza limiti di voti bloccati. Un sogno che si avvera e che costringe anche Veneto Banca e Popolare Vicenza alla quotazione in Borsa (altre ricerche, altre commissioni).
3. GESTORI PATRIMONIALI e custodi del risparmio degli italiani che ora -sulla scorta delle analisi sfornate dalle principali case di ricerca- hanno qualche argomento nuovo e piccante da discutere con i clienti VIP, per sollecitare qualche posizione lunga o corta d’investimento e magari qualche versamento aggiuntivo di fondi. Ultimamente si stavano annoiando con i tassi così bassi, i troppi rischi sugli emerging market; grazie a Renzi e Draghi con i suoi 60 miliardi di acquisti al mese ora possono prendere il telefono e fare due proposte ai clienti su argomenti vicini a casa.
4. AVVOCATI D’AFFARI, da questa possibile ondata di affari e combinazioni bancarie usciranno trionfatori con parcelle stratosferiche un manipolo di avvocati italiani, anche se in studi con nomi anglosassoni, chiamati a stilare complicati accordi e strutturare impianti legali di operazioni finanziarie, di emissioni di titoli o cartolarizzazioni che sono attese in accelerazione.
5. FONDI HEDGE SPECULATIVI, quasi tutti con sede all’estero che preparano le munizioni da utilizzare per costruirsi posizioni di trading di breve o brevissimo periodo e sfruttare le voci sui titoli più volatili a cominciare da MPS che non alcuna possibilità di autonoma sopravvivenza e perciò nelle braccia di qualcuno prima o poi deve cadere.
6. GLI SPECIALISTI DELLE SOFFERENZE, fondi esteri e fondi italiani liquidissimi e pronti a investire acquistando in Italia. Guidati da ex-investment bankers che hanno i canini affilati ben sapendo che le 10 banche popolari devono prima o poi liberarsi del fardello di sofferenze (chiamate pomposamente Non Performing Loans) a prezzi interessanti per fare ritorni sul capitale del 50%. Un affare che giustifica un lungo corteggiamento, come è evidente nel caso del recupero del relitto di Banca Marche, che sta richiedendo molto più tempo del previsto. E dietro a loro altri specialisti del recupero crediti, chi per strutturare i veicoli necessari e altri avvocati che riceveranno tonnellate di incartamenti per recuperare in tribunale i crediti.
7. i TRADER FAI-DA-TE che hanno finalmente argomenti succulenti per discutere e sfidarsi a chi la sa più lunga sui tanti forum online che popolano la rete.
Sul carro di chi si frega le mani per i prossimi 18 mesi c’è sicuramente qualche altro personaggio da aggiungere, ma questi bastano per capire quanto la riforma delle popolari sia distante dall’economia reale e piaccia molto al mondo della finanza. A cui francamente di tutta questa manfrina del credito alle piccole imprese e alle famiglie importa davvero poco. Degli articoli a difesa dell’ecosistema delle microimprese famigliari si fanno sicuramente sonore risate a Londra.
A scanso di equivoci non c’è alcun giudizio di valore negativo o tentativo di demonizzare i personaggi descritti. Tutte queste categorie professionali appartengono a un mondo vero, che muove masse di denaro. Sono meccanismi necessari, l’altra faccia del mondo, quello della finanza, senza la quale nemmeno la sciacquata di liquidità da 1000 miliardi che Draghi sta immettendo nel circuito arriverebbe mai all’economia reale.
Perciò quando politici e giornalisti accostano il problema delle banche popolari a quello, decisamente molto più faticoso, della sopravvivenza delle piccole imprese anche grazie al credito bancario, non si scordino di fare i conti con chi oggi fa festa.
Articolo di F_Bolognini – da linkerblog.biz