Chi perde e chi guadagna dal default della Grecia

Le autorità europee ne discutono oramai da mesi, in un braccio di ferro i cui risultati finali non sono affatto scontati. Le sorti della Grecia e la insolvibilità totale o parziale del suo debito pubblico sono tornati al centro delle preoccupazioni della comunità finanziaria, dopo le polemiche sull’operato delle agenzie di rating.

Diversi gli attori coinvolti. Da una parte il debitore, il governo greco guidato dal primo ministro Lucas Papademos, esposto per un ammontare di 270 miliardi di euro. Dall’altra, gli investitori. Tra i quali spicca la Banca Centrale Europea, seguita dagli investitori istituzionali oltre che dai privati. Le ipotesi più accreditate parlano di un accordo che preveda lo scambio delle “vecchie” obbligazioni in circolazione con titoli di nuova emissione.

Lo scambio permetterà alla Grecia di rimborsare solo parzialmente il debito contratto a suo tempo, attraverso alcune modifiche delle scadenze e degli interessi.

Al verificarsi del default, quindi, paradossalmente la Grecia sarà più ricca. Infatti, a una diminuzione del debito da ripagare, corrisponderà un incremento del patrimonio aggregato della nazione. Compreso quello quotato in borsa, rappresentato dalle azioni delle società greche.

Il ragionamento è intuitivo; quale sarebbe l’effetto sul patrimonio di un normale cittadino con alle spalle un mutuo, se avesse la possibilità di ripagarne una somma minore rispetto a quella prevista dal suo piano?

E’ chiaro: un’immediata e maggior consistenza del suo patrimonio. Risultato facilmente verificabile alla luce della semplice identità: Patrimonio netto = Crediti – Debiti. Se il debito viene abbattuto, il patrimonio netto sale. 

Il default parziale o totale della Grecia, potrebbe quindi rivelarsi la migliore notizia per la Borsa di Atene che, infatti, dall’inizio dell’anno, ha messo a segno un rialzo del 17%.

Testo ripreso dal sito di Acomea Sgr, società attiva nella gestione degli investimenti.