Chi possiede il debito pubblico italiano secondo Benetazzo

Non posso fare a meno di dedicare un redazionale per commentare la banalità e il populismo da bar dello sport che stanno ormai contraddistinguendo tantissimi talk show italiani in cui con grande superficialità si sparano numeri e percentuali sulla composizione e consistenza del debito pubblico italiano. Senza dimenticare la colpa da addossare per la tensione che ancora oggi contraddistingue il debito italiano, che secondo i vari commentatori è tutta da attribuire alla speculazione o meglio ai grandi speculatori del mondo finanziario, che stando all’immaginario collettivo, detengono il potere assoluto di vita o di morte sulle economie e paesi più deboli che quindi diventano oggetto di aggressione finanziaria.
Penso che il top di queste esternazioni da fantafinanza lo abbiamo raggiunto ad inizio di quest’anno in base alle quali i 2/3 della componente estera del debito pubblico italiano si è ammesso essere detenuto da banche francesi e tedesche. Certo tutto questo è verissimo, infatti il restante terzo lo detengono gli alieni che si nascondono e vivono tra di noi ormai da svariati secoli. Abbandoniamo il sarcasmo e caliamoci nella consistenza oggettiva dei freddi dati istituzionali.
Tanto per iniziare spieghiamo chi sono gli speculatori. Il termine speculazione non ha sul piano etimologico concezione negativa così come ci hanno abituato a credere: il vocabolo “speculatio” deriva dal verbo latino “specere” che significava osservare o scrutare lontano, da cui poi in senso lato “prevedere il futuro”. Nelle legioni romane gli “specula” erano le vedette che avevano il compito di fare da sentinella ed allertare i soldati da pericoli incombenti.
Oggi per assunto e convenzione si suole definire speculatore chi trae un profitto o una perdita investendo con aspettative positive o negative sul verificarsi di un determinato evento. Mi dispiace rovinarvi il Natale ma sappiate che i cosiddetti “grandi speculatori” sono in realtà fondi comuni di investimento, fondi pensione, assicurazioni e società di gestione del risparmio, in ultima banche ed hedge fund. Quindi indirettamente tutti saremmo speculatori, in quanto ognuno di noi affida a qualcun altro i risparmi di una vita affinchè siano investiti per ottenerne un profitto o per proteggerli nel tempo da inflazione e crisi finanziarie. Nessun fondo comune di investimento raccoglierebbe tanto denaro se le sue performance nel tempo non fossero rilevanti o tanto meno se i suoi investimenti fossero troppo rischiosi.
Guardatevi quanto pesa Black Rock contro HSBC Bank sullo scacchiere mondiale, 3500 miliardi di USD di AUM contro 2500 ovvero la più grande società di gestione di risparmio del mondo contro la banca più grande del mondo per assets detenuti. Fatta questa precisazione, passiamo al debito pubblico italiano: la componente detenuta da non residenti ammontava a 802 miliardi di euro nel 2010 (43% del totale), a 730 miliardi nel 2011 (38% del totale) e 701 miliardi a settembre 2012 con un debito complessivo di 1.995 miliardi (35% del totale), secondo Banca d’Italia. Nell’aprile di quest’anno la rilevazione mensile ha raggiunto un minimo di composizione a 684 miliardi, per poi iniziare a salire sino a 701 (fino a settembre).
Quello che si desume lo dicono questi numeri ovvero che in tre anni la quota in percentuale di debito pubblico detenuto dai non residenti è calata di dieci punti (la naturale fuga degli operatori del risparmio gestito per le vicende che hanno caratterizzato il nostro paese). Tuttavia sul piano quantitativo la contrazione è stata piuttosto modesta appena 100 miliardi in tre anni che sono passati di mano durante questo periodo. Ora nessun paese al mondo può conoscere la composizione estera del proprio debito per detentori, visto che si perdono le tracce di qualunque titolo di stato quando quest’ultimo varca i confini nazionali.
Non esistono pertanto statistiche e dati istituzionalmente ufficiali, ma solo congetture e stime molto semplificate. Se una banca estera infatti interviene ad un’asta di collocamento di titoli di stato non è possibile conoscere chi è il reale ed effettivo beneficiario di tale acquisto: potrebbe essere tanto un fondo pensione di operai canadesi quanto una compagnia di assicurazione delle isole filippine. Chi ci può venire in aiuto per tentare di posare qualche tassello di questo mosaico è la BIS (Bank of International Settlement) che monitora le attività di prestito di banche appartenenti a 24 paesi nel mondo, dalle quali tuttavia si possono desumere considerazioni molto interessanti.
Ad esempio con l’ultima review quadrimestrale pubblicata si evince che l’Italia ha un ammontare di “foreign claims” (quindi pretese o titoli di debito) con la Francia per 245 miliardi di USD contro i 58 miliardi della Germania, ma riferiti esclusivamente al “non-bank private sector”, mentre tutto il settore bancario europeo è esposto con il nostro paese per 81 miliardi di USD (ammounts oustanding on a ultimate risk basis), di cui 33 con la Francia e 28 con la Germania, quindi  soli (si fa per dire) 61 miliardi di USD, che al cambio attuale fanno circa 47 miliardi di euro. Saremmo pertanto abbastanza distanti dalle percentuali che colorano alcune affermazioni prosaiche che si sentono spesso nei media nazionali, infatti arriviamo appena ad un 7% di detenzione contro il tanto sbandierato 66% dei talk show televisivi.
Articolo ripreso dal sito di eugeniobenetazzo.com