Cina e Giappone hanno stipulato un accordo per ridurre l’uso del dollaro negli scambi commerciali e per rafforzare i legami tra le due potenze economiche. Secondo le statistiche ufficiali, circa il 60% degli scambi commerciali tra i due Paesi sono regolati con il biglietto verde.
L’intesa prevede anche la possibilità per il Giappone di acquistare bond governativi cinesi. Altre misure prevedono delle facilitazioni nelle conversioni delle rispettive valute. La mossa arriva dopo che la Cina ha espresso il desiderio che la sua valuta acquisti una maggiore rilevanza negli scambi internazionali, tenendo conto anche della recente debolezza della moneta unica.
Il pacchetto di misure, firmato dal premier cinese, Wen Jiabao, e dal primo ministro giapponese, Yoshihiko Noda, dovrebbe aiutare Pechino nel suo intento. Per adesso l’intesa difficilmente produrrà gli effetti desiderati, in quanto non sono state fissate delle scadenze per la sua implementazione. Fino a quando Pechino non si impegnerà a liberalizzare i movimenti di capitale, è molto improbabile che lo yuan riesca ad acquisire il ruolo di valuta internazionale.
“La decisione presa da Cina e Giappone potrebbe avere conseguenze di medio periodo rilevanti per il dollaro, che appare destinato a subire un ridimensionamento nei volumi scambiati sui mercati internazionali”, sostiene Marco Rocchi, economista di Intesa Sanpaolo, ricordando che nel 2010 l’interscambio tra i due Paesi ha raggiunto i 300 milioni di dollari, un ammontare ingente che, a regime, sarà regolato quindi interamente al di fuori di quella che oggi è la valuta di riserva internazionale.
Resta poi il fatto che, secondo alcuni membri del board della Banca centrale nipponica (BoJ), la crisi dei debiti sovrani europei si starebbe già riflettendo sui mercati finanziari giapponesi, e il suo impatto è destinato a crescere. Tra i segnali di questa tendenza, sono stati citati la debolezza dei prezzi sull’azionario, i rialzi dello yen e l’aumento del costo del funding in dollari.
Ieri alcuni funzionari nipponici hanno ribadito la disponibilità ad aiutare l’Europa ad affrontare la crisi, segnalando però la necessità di potenziare la portata complessiva dei fondi di salvataggio Efsf e Esm, che a regime dovrebbe essere di 500 miliardi di euro.
Articolo ripreso dal sito Ariannaeditrice.it