Come remunerare la consulenza finanziaria

La capacità di comprendere le caratteristiche dei prodotti e dei clienti costituisce un requisito fondamentale per agire in modo onesto, equo e professionale, per servire al meglio gli interessi dei clienti stessi. La complessità delle attività e dei prodotti di investimento e la loro sempre maggiore innovatività richiede che il personale che fornisce informazioni sui prodotti di investimento alla clientela al dettaglio ovvero che fornisce raccomandazioni personalizzate, possieda un adeguato livello di conoscenze e competenze sui prodotti offerti e che tale livello sia valutato nel continuo, per attivare un ciclo virtuoso di qualificazione e sviluppo della professionalità del personale che garantisca la qualità dei servizi prestati.

Questa premessa contenuta nel documento di consultazione della Consob, relativo all’attuazione degli orientamenti emanati dall’ESMA nel quadro della MiFID II, ben sintetizza il reale spirito della direttiva europea: garantire un servizio di qualità alla clientela finale. Un servizio che deve poter contare sulla presenza di professionisti autorizzati in possesso di una “qualifica idonea” e di una “esperienza adeguata”. Ovvero professionisti in grado di poter dimostrare di aver “la capacità di prestare i servizi pertinenti”. 

Ovviamente la Consob non nasconde che, per raggiungere tali obiettivi, saranno introdotti “oneri di conformità sostanziale” per gli intermediari. Ma, come scrive la stessa autorità di vigilanza, “tali oneri risulteranno proporzionati se tali attività saranno in grado di determinare un impatto più che proporzionale sulla qualità dei servizi prestati, in particolare con riferimento al servizio di consulenza in materia di investimenti, generando in tal modo benefici superiori agli oneri regolatori”. Un principio più che condivisibile: ben vengano costi più elevati se i servizi offerti sono altrettanto elevati.

Proviamo a voltare pagina e a guardare ad altri costi: quelli che ricadono sul cliente finale, meglio noti come “commissioni“. Dal 2007 (anno dell’entrata in vigore della prima MiFID) a oggi quando si è parlato di commissioni ci si è concentrati solo ed esclusivamente sull’importanza di abolire il peso di quelle commissioni “nascoste” che, fino ad allora, non venivano esplicitate al cliente. La campagna contro quelle commissioni ha visto tante sfaccettature nel corso degli anni e tanti sono stati i dibattiti che hanno portato alla critica della professionalità degli allora promotori finanziari (oggi consulenti finanziari) e alla difesa del risparmio tradito dei clienti. I fatti, nel corso degli anni, hanno dimostrato che la maggior parte dei clienti traditi era servito da professionisti diversi dai consulenti finanziari e che effettivamente dei costi poco chiari erano presenti nei prospetti dei servizi offerti alla clientela. 

Oggi ci troviamo al punto di svolta: il tema della remunerazione dei consulenti finanziari abilitati all’offerta fuori sede (gli ex-promotori finanziari) torna a far discutere. Da un lato prosegue la battaglia per una maggiore trasparenza – tanti passi avanti sono stati compiuti rispetto al 2007 ma qualche evoluzione deve ancora essere compiuta per far sì che il cliente sia sempre più consapevole di ciò che paga e del perché lo paga. Dall’altra si apre la battaglia per la qualità del servizio. Una qualità che, a detta di molti e secondo un’interpretazione della MiFID II, potrebbe portare a giustificare anche l’inducements. Ma solo a determinate condizioni. 

Trasparenza e qualità dovranno andare di pari passo quando si parla di commissioni e remunerazione. Ma se il primo è semplice da dimostrare, il secondo è più aleatorio e non è facile individuare i criteri oggettivi in grado di confermare al cliente che il servizio è di qualità e merita, di conseguenza, oneri probabilmente elevati. Non sarà semplice anche perché, come affermava Oscar Wilde, “tutte le persone conoscono il prezzo delle cose ma soltanto alcune ne conoscono il vero valore”. Purtroppo, in Italia, quando si parla di finanza il numero di persone in grado di valutare il vero valore dei servizi offerti e/o ricevuti si riduce ulteriormente.