Concordato preventivo omologato e poi risolto: il creditore escluso dal passivo

Se il concordato preventivo – omologato ma successivamente risolto – prevede la conversione di una parte del credito chirografario in “capitale di rischio” della debitrice, la risoluzione per inadempimento ex art. 186 L.F. spiega i soli effetti retroattivi che appaiono compatibili con la situazione derivante dalla riorganizzazione concordataria.

Ne discende che l’attribuzione – conforme alle condizioni contenute nel piano di concordato – ai propri creditori, da parte della società di partecipazioni societarie costituisce datio in solutum ex art. 1197 c.c. cioè “prestazione in luogo dell’adempimento” che estingue, con efficacia satisfattiva, l’originaria obbligazione concorsuale così come ristrutturata. Il creditore chirografario non può pertanto essere ammesso al passivo del sopravvenuto fallimento per l’intero ammontare del suo credito originario, ma solo per la parte non convertita in capitale di rischio.

Sono questi i principi sanciti dal Tribunale di Reggio Emilia con il decreto 16 aprile 2014 chiamato a pronunciarsi in merito agli effetti della risoluzione del concordato preventivo per inadempimento ex art. 186 L.F. nel caso in cui il piano aveva previsto e realizzato operazioni sul capitale sociale ritenute irretrattabili.

Il caso ha infatti visto una s.p.a. presentare una proposta di concordato preventivo il cui piano avrebbe dovuto prevedere, da un lato, il pagamento del 30% dei crediti e, dall’altro, la conversione a capitale di rischio del 70% dei residui crediti chirografari da utilizzare per coprire le perdite e procedere alla ricapitalizzazione della società. La proposta di concordato venne inizialmente approvata dai creditori ed omologata, ma fu successivamente risolta ai sensi dell’art. 186 L.F.

Circostanza che determinò la conseguente dichiarazione di fallimento della società e l’apertura del concorso dei creditori sul patrimonio fallimentare. Un creditore non vide però ammettersi il proprio credito chirografario e propose pertanto opposizione contro l’esclusione dal passivo fallimentare. L’esclusione era motivata dal fatto che l’opponente aveva ricevuto titoli azionari della società fallita così come indicato nella proposta di concordato preventivo.

Nell’esaminare la questione, il Tribunale di Reggio Emilia ha innanzitutto ricondotto la risoluzione del concordato preventivo prevista dall’art. 186 L.F. alla fattispecie della risoluzione negoziale per inadempimento. La risoluzione per inadempimento ha, ai sensi dell’art. 1458 c.c., effetti retroattivi ex tunc, donde i creditori potrebbero astrattamente pretendere l’insinuazione al passivo fallimentare dell’originaria obbligazione nella misura del 100% del credito chirografario.

Sennonché tali principi d’ordine generale debbono essere necessariamente armonizzati con il contesto fallimentare e con la peculiare disciplina del concordato preventivo.

Il Giudice adito ha infatti evidenziato che – nel caso di specie – la proposta di concordato prevedeva una riorganizzazione concordataria che doveva comportare l’integrale commutazione del patrimonio sociale e delle partecipazioni esistenti in nuove partecipazioni e strumenti finanziari emessi dalla società alle condizioni previste nel piano ai sensi dell’art. 160, comma 1, lett. a), L.F.

Si rammenta infatti che l’art. 160, comma 1, L.F. consente all’imprenditore in stato di crisi di proporre ai creditori un concordato preventivo sulla base di un piano che può prevedere la soddisfazione dei crediti attraverso operazioni straordinarie ivi compresa l’attribuzione di azioni, quote o obbligazioni convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito.

In forza di quanto disposto dall’art. 160, comma 1, L.F., il Tribunale di Reggio Emilia ha accertato che la proposta di concordato in oggetto stabiliva l’assegnazione ai creditori di azioni rinvenienti da un aumento di capitale della società in conversione – forzosa – dei crediti vantati verso la società medesima. L’operazione effettuata sul capitale sociale con ri-determinazione degli assetti proprietari scaturiva direttamente dall’omologazione del concordato preventivo e prescindeva da una qualsiasi dichiarazione negoziale e/o dall’esecuzione di nuovi apporti finanziari da parte dei destinatari dei titoli. Si trattava – in altri termini – di una conversione forzosa di una parte dei debiti commerciali e/o finanziari della società in partecipazioni di capitale, la cui esecuzione derivava da una sottoscrizione ex lege in forza dell’efficacia vincolante del concordato ai sensi dell’art. 184 L.F.

Il Giudice adito ha osservato che l’operazione societaria era stata effettivamente deliberata nei termini fissati in funzione della proposta di concordato, ma non aveva tuttavia avuto attuazione con conseguente possibilità di invocare la risoluzione per inadempimento ex art. 186 L.F.

L’attribuzione del capitale di rischio – assegnato in soddisfazione del credito – aveva tuttavia avuto esecuzione, donde il Tribunale di Reggio Emilia ha ritenuto che il ricorso alla risoluzione per inadempimento ex art. 186 L.F. non poteva determinare la caducazione automatica e retroattiva delle modifiche organizzative già sviluppatesi a livello societario.

Il Giudice adito ha difatti ritenuto che non possa essere consentita la disapplicazione della disciplina societaria in presenza di operazioni sul capitale o straordinarie ad effetti irreversibili deliberate ed attuate in sede concordataria, essendo consentita la produzione di quei soli effetti retroattivi della risoluzione ex art. 186 L.F. compatibili con la situazione derivante dalla riorganizzazione concordataria.

Alla luce dei principi sopra richiamati, il Tribunale di Reggio Emilia ha risolto l’intera vicenda facendo ricorso a quanto disposto dall’art. 1197 c.c. che disciplina l’istituto della datio in solutum.

Il Giudice adito ha infatti evidenziato che – per effetto del decreto di omologa ex art. 184 L.F. – il debitore può liberarsi dall’obbligazione originaria attraverso l’attribuzione – conformemente alle previsioni contenute nel piano di concordato – di diritti differenti rispetto agli ordinari mezzi monetari con le forme della datio in solutum ex art. 1197 c.c., vale a dire attraverso l’esecuzione di una prestazione in luogo dell’adempimento. La consegna da parte della società dei titoli azionari di nuova emissione rappresenta dunque pieno adempimento ed integrale soddisfazione dei creditori inclusi nella classe per la quale è stato previsto – a livello concordatario – tale metodo solutorio. L’assegnazione delle azioni produce – in conclusione – l’effetto di estinguere con efficacia satisfattiva l’originaria obbligazione concorsuale ristrutturata.

In considerazione del fatto che l’opponente aveva ricevuto titolari azionari della società derivanti dalla conversione di parte del proprio credito chirografario, il Tribunale di Reggio Emilia ha dunque escluso che la risoluzione del concordato preventivo potesse travolgere l’operazione di aumento di capitale e l’attribuzione delle partecipazioni, la cui assegnazione produce altresì l’effetto di estinguere l’obbligazione quanto meno nella misura del 70% del credito chirografario, donde appariva corretta l’esclusione dal passivo fallimentare.

 

Fonte: altalex.com