Mentre sto completando il lavoro sulla disputa tra euro e lira, riprendo un tema che mi è caro, quello dell’educazione finanziaria. In particolare, oggi mi voglio soffermare sul ruolo della consulenza finanziaria rispetto ad una platea di consumatori istruiti.
Innanzitutto, dobbiamo ricordare che molti risparmiatori per avere qualche suggerimento e qualche indicazione da utilizzare al momento di prendere decisioni in campo finanziario tendono a consultare la famiglia, gli amici, al limite i colleghi di lavoro; i più evoluti, cercano su internet. Va detto che ultimamente questa tendenza si sta modificando, soprattutto fra i giovani, probabilmente a causa delle difficili condizioni del mercato; in ogni caso, il rapporto con la banca patisce (giustamente) a causa della sempre peggiore reputazione di cui godono gli istituti di credito, tra pessimi consigli, servizi inefficienti e cari, credit crunch e difficoltà patrimoniali, mentre il ricorso a figure professionali specializzate come promotori e consulenti riguarda ancora una fascia marginale di risparmiatori.
Nel mondo finanziario di oggi, sempre più complesso, la competenza di un professionista può essere molto preziosa. Solitamente il ricorso ad un professionista del settore finanziario viene associato alle esigenze dei clienti più ricchi (la creazione di trust, la consulenza legale e la definizione di strategie di investimento complesse per la gestione di patrimoni molto vasti); in realtà, le decisioni finanziarie della famiglia media o del singolo risparmiatore sono diventate sufficientemente complesse da rendere non solo utile, ma addirittura necessario il ricorso ad un professionista, tanto più quando si deve scontare un’alfabetizzazione finanziaria molto bassa: non è facile scegliere il miglior mutuo tra tante opzioni, non è facile decidere come affrontare il problema dell’integrazione della pensione sia in termini quantitativi, sia in termini di allocazione finanziaria, per non parlare di come risparmiare per garantire un futuro migliore ai propri figli.
In generale, è complesso persino riuscire a determinare con chiarezza quali sono i propri obiettivi e le priorità da assegnare a ciascuno di esso, figuriamoci quanto può diventare complesso trasformare quelle intenzioni in concrete decisioni d’investimento.
È vero, la consulenza costa, come ogni servizio professionale, ma è sbagliato dare per scontato che il costo superi il beneficio. Prendiamo come esempio la creazione di un piano pensionistico: decidere quanto e come investire il proprio risparmio per questo obiettivo è molto importante. Se ormai è chiaro a molti che la copertura della pensione pubblica sarà largamente insufficiente, molti lavoratori non sanno quanto esattamente dovranno accantonare per soddisfare le loro esigenze e quindi non sono in grado di stabilire neanche quanto devono risparmiare per la pensione; anche coloro che affermano di aver fatto alcuni calcoli spesso non sono in grado di esprimere la quantità di denaro di cui avranno bisogno al momento del pensionamento oppure sono in grado di fornire stime molto approssimative.
A prescindere dalle motivazioni di questa approssimazione, il dato che deve far riflettere è che secondo ricerche come il Retirement Confidence Survey ed altre condotte dalla Professoressa Anna Lusardi, chi calcola il proprio fabbisogno si ritrova al momento del pensionamento con una disponibilità di ricchezza pari a circa il triplo rispetto a coloro che non fanno questa stima.
La consulenza, come può si comprendere è utile per i ricchi, ma può essere ancora più determinante per le persone e per le famiglie che non hanno patrimoni rilevanti e per le quali ogni euro è fondamentale: il supporto di un professionista può essere utile per gestire bene il proprio bilancio, ove necessario, aiuta a prendere decisioni finanziarie che possono avere implicazioni enormi sul benessere del risparmiatore e sul futuro della sua famiglia.
Un supporto di questo tipo è utile anche al risparmiatore più preparato, sia perché il confronto con un bravo professionista permette sempre di ricavare spunti di riflessione e di arricchire il proprio punto di vista, ma anche perché queste decisioni hanno un forte impatto emotivo e, quindi, se prese in autonomia possono risentirne; l’opinione del professionista nasce da un punto di osservazione esterno, è più razionale e meno emotiva, questo può permettere di evitare errori che potrebbero rivelarsi drammatici. Quello che non può fare un bravo promotore o un bravo consulente è quello che ancora oggi troppi si aspettano da lui (probabilmente proprio a causa della scarsa educazione finanziaria): sapere in anticipo quali titoli e quali mercati performeranno più della media, quelli che non subiranno cali.
Articolo di Stefano Lovato, tratto dal blog il Globalista