Un bel’articolo di Piero Monsurro’ ci spiega cosa si intende per crisi economica e come questa impatti sulla finanza. Molto istruttivo, tutto da leggere.
Ci sono tanti tipi di teorie economiche. Alcune hanno pochi sostenitori, come quelle marxiste, quelle keynesiane ortodosse, quelle sraffiane e quelle austriache. Altre sono ben rappresentate nell’accademia, come le teorie del ciclo economico reale, le teorie neo-keynesiane, e le teorie del “canale del credito”. Esistono poi infinite altre teorie, sia fuori che dentro le accademie, che sfuggono alla tassonomia qui presente (come le teorie dei punti di equilibrio multipli) di cui non parlerò.
Le teorie rappresentate nell’accademia si basano sull’assunto che i mercati si trovano sempre in equilibrio generale (cioè il prezzo è giusto in ogni mercato e ogni fonte di informazione è sfruttata al massimo). Questo vale sia per le teorie basate sull’ipotesi di mercati perfetti, come la teoria del ciclo economico reale, che per quelle che modellano fallimenti di mercato, come le teorie neo-keynesiane, o i modelli di asimmetria informativa tipici dei modelli del “canale del credito”.
Le teorie non rappresentate nell’accademia invece sono di norma teorie non “walrasiane”, cioè non basate sull’ipotesi – per me inverosimile – di equilibrio generale. Di queste l’unica che credo abbia qualcosa di rilevante da dire è la teoria austriaca, ma i problemi della teoria sono gli stessi oggi che 80 anni fa. Un revival del pensiero macroeconomico austriaco è secondo me auspicabile, ma non avverrà presto.
Le teorie del ciclo economico reale dicono che i mercati sono perfetti e non falliscono mai, la disoccupazione è solo volontaria, e i cicli economici sono legati a fattori non economici ma tecnologici che variano casualmente nel tempo generando l’apparenza di boom e recessioni.
L’essenza del modello non è la perfezione del mercato ma la natura tecnologica degli shock, e dunque è un po’ improprio ridursi a dire che queste teorie sostengono che i problemi economici non esistono. Eppure non credo si vada troppo lontano dalla realtà con questa caricatura. La letteratura è piena di articoli dove l’inflazione non ha costi, la moneta è neutrale, la politica fiscale irrilevante, le recessioni sono poco costose e la disoccupazione un fenomeno efficiente. Queste teorie sono buone per capire come interagiscono i mercati tra loro, ma pessime per capire i fenomeni dinamici dei cicli, a mio parere. Non hanno nulla da dire sulla crisi attuale.
Le teorie neo-keynesiane sono molto simili a quelle del ciclo economico reale, ma introducono delle frizioni esplicite per generare “fallimenti di mercato”. La frizione preferita è la rigidità dei prezzi, perché è la più semplice da modellare matematicamente: che sia anche rilevante in pratica è più dubbio. Le teorie neo-keynesiane servono a ben poco per capire l’attuale crisi, non hanno infatti mercati finanziari, e le frizioni sono ipotesi ad hoc che servono per generare i risultati che si vogliono ottenere. Fenomeni quali l’inefficacia dello stimolo non possono essere spiegati con queste teorie, che al pari delle precedenti non hanno nulla da dire sulla realtà.
Le teorie del “canale del credito” esistono da almeno trenta anni e sono complementari ad altre teorie, cioè non rappresentano un modello completo dell’economia, ma un’aggiunta che serve ad arricchire un altro modello. L’arricchimento è interessante proprio perché si cerca di riassumere l’importanza dei mercati finanziari all’interno di modelli dove questi non giocano alcun ruolo. Questa letteratura non è utile in isolamento perché incompleta, ma in abbinamento ad un’altra teoria può contribuire a spiegare la gravità delle crisi finanziarie.
Articolo ripreso da linkiesta.it