I dipendenti delle banche sono destinati a trasformarsi in agenti di vendita del credito in azienda un bel futuro!

Il futuro dei dipendenti bancari in esubero e’ gia’ scritto e il Sole 24 Ore ne racconta i dettagli in un articolo in cui si racconta la piattaforma contrattuale proposta dall‘ABI ai sindacati dei bancari con il titolo inquietante ‘Abi: aumenti congelati per due anni‘. All’interno dell’articolo i punti salienti:

Tra il personale quadri e gestori diventeranno consulenti. Il contratto che oggi è del credito potrà essere un altro: quello di agenti, mediatori, promotori. Nel momento in cui passasse il principio che il mediatore e il promotore sono dentro verrebbe però sancito anche un nuovo modo di remunerare il lavoro con una parte variabile preponderante rispetto a quella fissa. Questi professionisti avrebbero un contratto di lavoro che andrebbe ricondotto al contratto collettivo nazionale di lavoro.

E’ dunque partita ufficialmente la corsa alla trasformazione del bancario-seduto a un consulente-viaggiante pagato a provvigione. Come verrà realizzata e in quali tempi è tutto da vedere. Ci sono luci e ombre come sempre. Se si trattasse solo di una finzione solo per rendere variabili e meno onerosi i costi del personale, si scontrerà con forti resistenze sindacali e psicologiche dei trasformabili, che perderebbero diversi vantaggi in cambio di dubbi miraggi salariali.

Ma sopra tutto ciò che importa è se questa trasformazione porterà vantaggi ai clienti-imprese (perché questa volta non si parla più solo di retail e promotori) con migliori tecnologie e migliore professionalità, uno sforzo quest’ultimo non banale e non scontato.  Le imprese continuano a lamentare la sedentarietà e la scarsa preparazione di una parte dei loro referenti in banca, forse questa è la volta buona. Senza ufficio, ma con la propria vettura e una dotazione adeguata di tablet o portatili i bancari-mediatori-agenti potrebbero liberare energie e capacità se ben guidati dal centro. Un ipotesi che sostengo con convinzione da almeno due anni.

Curiosamente questa mutazione di pelle sta avvenendo proprio nel momento in cui le condizioni ambientali sono radicalmente cambiate e si sta facendo tutto il possibile per deviare le richieste delle imprese dalle banche sfiatate al mercato degli investitori. Le recenti notizie sulla possibilità di fare credito estese anche alle compagnie di assicurazione e ai fondi hanno creato non poco subbuglio nello stesso sindacato. La FIBA ha scritto un gustoso pezzo (L’Assicurazione che finanzia l’impresa e fa la banca? A ciascuno il proprio mestiere! di Antonio Zanelli) da cui ho estratto alcuni passaggi che toccano il punto vivo dei bancari:

Allora perché le sofferenze aumentano? Perché si è andato a tagliare proprio su certe professionalità! Risposta esatta. Perché gran parte di queste sofferenze sono state deliberate dai vertici degli istituti e forse non è stato valutato solo il puro merito creditizio. Risposta maliziosa ma dalle cronache giudiziarie degli ultimi mesi non so se in ABI conviene offendersi. Qual è il punto? Il punto è che per erogare credito ci vogliono professionalità adeguate; il punto è che se l’impresa merita la banca non ha alcun interesse a lasciarsi scappare il cliente. La banca, invece, ha interesse a sbolognare il rischio. Allora che si fa? Si impacchettano i crediti e si cartolarizzano; si rendono titoli che vengono immessi sul mercato. Aspetta, aspetta..ma non è l’origine della crisi da cui ancora non stiamo uscendo..bravo ma questa volta sarà diverso. I crediti saranno tutti buoni. Non ci credi? Ma come non lo sai che ci sono le autorità di vigilanza? Come dici?..c’erano anche negli anni passati? Ma non lo sai che questa volta sarà diverso?

Sembra questo il mantra che da qualche tempo aleggia sull’argomento. […]

La stessa linea, evidentemente, è perseguita anche dall’attuale governo che nel decreto 91/2014 estende anche alle imprese di assicurazioni la possibilità di finanziare le imprese, anche le PMI, attraverso le cartolarizzazioni.  […]

Ora anche l’IVASS ripropone l’argomento. Il presidente dell’istituto di vigilanza nella sua interessante relazione afferma: “Le compagnie assicurative europee hanno investimenti in essere per circa 8.000 miliardi di euro, quelle italiane per 560 miliardi. Gli investimenti delle assicurazioni italiane sono impegnati in titoli di Stato per 270 miliardi, in obbligazioni emesse da imprese per 90. Agli investitori istituzionali, in particolare alle assicurazioni, si chiede ora da molte parti di giocare una partita più attiva. I loro fondi normalmente non giungono alle piccole e medie imprese si tratta di risorse che le banche non sono a volte in grado di offrire perché gravate dal peso dei crediti deteriorati pregressi.” Il presidente dell’istituto di vigilanza delle assicurazioni (che ricordiamo è dentro Banca d’Italia, istituto di vigilanza delle banche e favorevole alle cartolarizzazioni così come il suo precedente governatore ora assunto agli onori BCE) prosegue menzionando le attività regolamentari poste in essere per consentire alle assicurazioni gli investimenti, a copertura delle riserve tecniche assicurative, anche in strumenti come minibonds e attività cartolarizzate. Cita anche la coincidenza che solo qualche giorno prima il governo ha emanato il decreto di cui vi ho accennato in merito al finanziamento delle imprese : un coordinamento temporale straordinario.

Vi ho parlato di riserve tecniche assicurative. In brevissimo. Le assicurazioni ricevono soldi dagli assicurati o per coprire eventi luttuosi che ci si augura non avvengano, per garantire ai beneficiari una certa rendita (magari bassa ma sicura) oppure per offrire un risarcimento o un indennizzo in caso di sinistro automobilistico o di altra natura. Una simile premessa è necessaria per rendere palese l’estrema prudenza che le assicurazioni devono avere nell’investire i capitali assicurati. Ecco la preferenza, ad esempio, per i titoli di stato. Ora invece che dovrebbero fare? Finanziare le imprese e le PMI. Non hanno le competenze necessarie. Sarebbe il caso che ognuno facesse il proprio mestiere. Ma non devono valutare il credito, si potrebbe obiettare : ci sono le banche che lo fanno per loro, impacchettano i crediti e poi le assicurazioni se li comprano.

Conclusione classica italiana: tutti contro tutti. ABI contro Sindacato e Sindacato contro IVASS, caos organizzativo su chi debba fare credito alle imprese mentre nel frattempo il credito continua a latitare, perché signori miei non si può fare credito per decreto legge.

Nel mezzo sballottati i bancari che non capiscono più quale sia la loro professione e professionalità e che nel futuro vedono solo grattacapi, non ancora un ruolo importante. Il tutto non depone a favore di un vero processo di miglioramento qualitativo di cui le banche e le stesse imprese hanno bisogno come il pane.

Il salto di qualità è nella reale comprensione reciproca

A proposito di idee, dato che il salto di qualità sul rapporto tra banche e imprese avverrà solo quando le distanze tra due punti di vista che sono ancora troppo lontani si saranno ridotte, perché ABI, sindacati e associazioni non pensate di offrire al personale di banca un periodo di orientamento in azienda per capire meglio vizi, virtù, flussi e trucchi di sopravvivenza delle piccole imprese? Gratuito, con i buoni pasto forniti dalla banca e con imprenditori che ascoltano anche i suggerimenti dei bancari per muoversi meglio nei segreti meandri del processo di credito delle banche.

Poi sarà più facile  mandare il personale on the road, perché scommetto che in molti avranno voglia di tornare a trovare le loro imprese adottive.

 

Articolo di F. Bolognini – ripreso da Linkerblog.biz