Dopo Cipro tocca all’Italia e alla Spagna il prelievo forzoso sui depositi bancari

La exit strategy pianificata dalla Troika per il salvataggio di Cipro spiana la strada a quelle che potrebbero essere le metodologie di risanamento attuabili anche per l’Italia: sostanzialmente visto che ci sono persone che ancora non lo sanno i 10 miliardi di euro necessari per dare ossigeno all’economia cipriota arriveranno grazie a prelievi una tantum sui depositi a vista dei correntisti bancari: 6,5% sino a 100.000 euro e 9,9% (n.d.r. nel frattempo le percentuali sono cambiate, ma il concetto no) oltre questa soglia, inutile pensare di portare via il proprio denaro in quanto le banche hanno l’ordine di bloccare i fondi per evitare la fuga dei capitali all’estero. Sono costretti a pagare l’imposta anche i non residenti che hanno depositi presso banche cipriote.
Un’altro punto di vista per giustificare la ratio di questa manovra considera che il gettito fiscale prodotto da questo intervento scaturirà in misura maggiore proprio dai prelievi effettuati sui conti dei soggetti non residenti i quali hanno sfruttato per anni le caratteristiche distintive del sistema bancario cipriota (considerato un rinomato centro di riciclaggio finanziario, soprattutto dalla criminalità russa). Mentre chi amministra denaro per conto terzi sta vivendo un clima di terrore puro, in Italia e nel nuovo parlamento si continua a filosofeggiare e tergiversare.
Le varie forze politiche uscite vincenti dall’ultima tornata elettorale, incuranti della scenario socioeconomico che contraddistingue la nazione, continuano a dare dimostrazione di puerili azioni dimostrative o di atti di sabotaggio politico contro questa o quella parte politica o istituzionale. Non vi è nessuno che sia in grado di proporre sul piano della credibilità operativa un programma di cambio della politica economica che ha contraddistinto l’Italia in questi ultimi dieci anni. A sentire il PD, il PDL ed anche il M5S sembra che la priorità della nazione siano i tagli ai costi della politica, il dimezzamento dei parlamentari, la legge sul conflitto di interessi, la riforma elettorale ed il finanziamento pubblico dei partiti.
Personalmente parlando, ma chi se ne frega in questo momento critico del finanziamento ai partiti, si tratta di far risparmiare alla fiscalità diffusa appena 90 milioni di euro all’anno (avete letto bene novanta milioni) su un bilancio di oltre 800 miliardi ! Capite che in Italia manca una classe dirigente capace proprio da questo tipo di considerazioni, e questo vale trasversalmente prendendo in causa tanto i nuovi eletti quanto le vecchie mummie riconfermate. Governare ed amministrare è un mestiere piuttosto difficile, che non si esercita in base a presunzioni di onestà e trasparenza, ma solo per constatazioni di capacità e per risultati raggiunti.
Come si può pensare che persone appena laureate o in procinto di laurearsi (presenti in ogni forza politica) che non hanno mai avuto responsabilità di rilievo all’interno del mondo imprenditoriale o nella vita di qualche ente pubblico, per quanto siano giovani e genuine, siano in grado di governare o di proporre soluzioni per la politica economica della nazione. Lo avevano capito persino i Romani istituendo il cursus honorum, un insieme di incarichi militari e funzioni politiche che si doveva aver espletato prima di potersi candidare al Senato della Repubblica.
Lo ha menzionato di recente anche Papa Francesco, la vecchiaia è la sede della sapienza, pertanto non è detto che l’ingresso impunito di tanti giovani, privi di cursus honorum, qualunque sia la loro fede politica, possa essere considerata una soluzione sensata da percorrere. Pertanto possiamo dire che oggi ci rendiamo conto di come per rinnovare la classe politica italiana non basti sostituire un vecchio cialtrone incompetente con uno scalpitante giovane incompetente. In ogni caso ricordate che governare sul piano politico (soprattutto in Italia) significa cercare alleanze, condividere obiettivi di breve e convergere su un dispositivo di legge oggi necessario.
Per questo motivo continuo ad essere un fiero credente del commissariamento finanziario sovranazionale del paese, persino se io stesso lo aborro, ma mi rendo conto essere l’unico modo per poter avviare un processo di risanamento nazionale, prima che si arrivi al default del paese o peggio ad una escalation di tensione sociale in grado di destabilizzare quel poco di credibile che hanno le istituzioni italiane.
A fronte di quanto emerso in questi ultimi giorni, adesso abbiate paura, soprattutto dopo le esternazioni della BundesBank riguardo al rischio paese. Senza riforme, niente aiuti. Sapete quali saranno le riforme che chiederanno prima di prestare il denaro, riforme che questo parlamento e forse anche quello futuro non saranno mai in grado di implementare senza il ricatto sovranazionale ? Mecato del lavoro dinamico e flessibile, assunzione e licenziamento stile modello scandinavo, remunerazione della manodopera attraverso gabbie salariali desindacalizzate, accentramento e snellimento dei costi di spesa per la pubblica amministrazione, indicatori di performance per i dipendenti pubblici, limitazioni all’assistenza sanitaria di base, accorpamento amministrativo degli enti locali.
Insomma tutto quello che servirà per diminuire il bilancio di spesa della macchina statale italiana. Sperando comunque che intanto questo possa bastare, prima di arrivare ai tanto antipatici e dannosi prelievi coatti sui depositi bancari degli italiani.
Autore: Eugenio Benetazzo, articolo ripreso dal sito di EugenioBenetazzo.com