Eugenio Benetazzo spiega il Bitcoin valuta virtuale della rete

Aggiornamento a cura della redazione – Novembre 2014

Cari lettori, lasciamo questo oramai vecchio articolo di Eugenio Benetazzo come e’ stato scritto dall’autore. Ma sappiate che in questi mesi si sono fatti passi da gigante sulla sicurezza degli investimenti in Bitcoins. Per saperne di piu’, non esitate a contattarci.

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Durante i primi mesi del 2014 è stato uno degli argomenti finanziari più trattati e discussi dai media nazionali, il Bitcoin, la moneta virtuale basata sul principio del protocollo peer to peer (P2P).

Questa sigla indica un’architettura logica di rete informatica in cui tutti i nodi della rete possono fungere sia da client che da server verso gli altri nodi terminali.  Sostanzialmente con questo termine si suole delineare  una rete di computers in cui non è presente un dominio centralizzato. Il Bitcoin è stato oggetto di cronaca finanziaria soprattutto a seguito della sua performance finanziaria, che lo ha visto passare da una decina di dollari a oltre mille dolari in meno di un anno.

Questa criptovaluta è scambiata solo in rete in apposite borse online chiamate marketplace e la sua comprensione e funzionamento non è alla portata di tutti. Il Bitcoin nasce ufficialmente nel 2008 da un programmatore che si nascose dietro ad un nome di fantasia – il famoso Satoshi Nakamoto – il quale concepì questa moneta non tangibile come una posta di scambio per ogni transazione commerciale il cui valore venisse determinato dai soggetti coinvolti.

Il Bitcoin basandosi sul protocollo P2P non fa uso di una banca centrale per la sua emissione, in quanto tutti i nodi della rete mediante connessione di dati crittografica registrano le transazioni  di pagamento tra utenti (in modalità anonima), il possesso dei bitcoin trasferiti e soprattutto la quantità di bitcoin disponibili e circolanti.
Su questo punto si aprono molte perplessità e discussioni infatti la creazione dei bitcoin è affidata a dei computers denominati miners i quali letteralmente generano questa criptovaluta sulla base di un algoritmo a progressione geometrica ideato dal suo fondatore. In questo modo nessuno può creare questa moneta attraverso un apparato centrale e controllato. La quantità di bitcoin in circolazione pertanto è limitata e predefinita a priori. Volendo chiunque può trasformare il proprio personal computer in un miner che supporta ed alimenta il protocollo Bitcoin e guadagnare da questa funzione, a patto di attrezzarsi sul piano informatico (piuttosto costoso).
Questa criptovaluta può essere trasferita tra due utenti mediante il proprio wallet elettronico identificato da uno specifico codice alfanumerico da trenta caratteri, il tutto ricorda vagamente la modalità di pagamento istantaneo che ha creato Paypal utilizzando il proprio indirizzo di posta elettronica al posto del numero di conto corrente, ma senza applicazioni di commissioni per la transazione.
Questi portafogli elettronici sono considerati al pari di un conto online e consentono di comprare e vendere bitcoin sul mercato contro altre monete più tradizionali. I servizi di bitcoin wallet sono forniti ormai da numerose società che si occupano di gestire l’infrastruttura informatica di supporto ai conti online e garantirne la sicurezza (su questo comunque vi sono sempre più riserve anche a fronte dei recenti scandali finanziari accaduti ad inizio di quest’anno).
I trasferimenti di bitcoin non possono essere annullati in quanto non esiste un ente centrale che funga da authority, questo significa che in caso di frodi o transazioni non autorizzate per perdita dei propri dati di accesso sul portafoglio elettronico, risulta impossibile riappropriarsi del denaro virtuale maltolto. L’utilizzo del bitcoin per dovere di cronaca trova diffusa applicazione nel deep web ovvero quella parte del web in cui le pagine sono sconosciute ai motori di ricerca e prive di indicizzazione: solitamente rappresentano siti e domini dedicati al commercio di servizi e beni che sono considerati illegali (droga, armi, documenti falsi e organi umani).

Nonostante questo, sono in continuo aumento i siti di e-commerce a livello mondiale che accettano pagamenti anche in bitcoin (come E-Bay, Amazon e Zynga). In parallelo ai servizi di instant payment online si è sviluppata anche una fiorente industria di società finanziarie che propongono di investire in bitcoin al pari di un investimento alternativo. Riguardo a questa possibilità mi trovate profondamente critico in quanto trattasi di una moneta virtuale caratterizzata da altissima volatilità e priva di qualsiasi controllo o tutela: sono migliaia i casi di clienti vittime di truffe proprio da parte delle stesse società che offrivano loro i servizi di e-wallet.

Il Bitcoin viene pubblicizzato in rete da migliaia di blogger come mezzo di pagamento sicuro ed anonimo, una valuta che consente di affrancarsi dallo strapotere dei banchieri centrali. Di sicuro è un mezzo di pagamento che consente l’anonimato della transazione, ma sulla sua sicurezza non ci scommetterei nemmeno un bitcoin. Per approfondire il tutto vi invito a reperire informazioni sul caso di MTGox, la grande banca online giapponese di bitcoin che ha dichiarato fallimento ad inizio anno per oltre 300 milioni di dollari americani trascinandosi dietro i bitcoins in deposito dei suoi clienti. Bitcoins che non rivedranno mai più.

 

Articolo a cura di Eugenio Benetazzo ripreso dal sito Eugeniobenetazzo.com