Finanza e tecnologia, in breve fintech, è la famiglia di nuovi servizi finanziari proposti da aziende innovative che giungono a modificare nel profondo le strutture di un settore per il quale è arrivato il momento di rinnovarsi.
Il fenomeno ha diverse declinazioni dalle criptovalute ai prestiti tra privati per arrivare al crowdfunding, tutti strumenti che rispondono alle nuove esigenze dei consumatori e che, soprattutto, definiscono nuovi modelli e aprono nuovi mercati.
La più che significativa crescita del fenomeno fintech è confermata dai numeri: secondo il rapporto «The future of fintech and banking» di Accenture, gli investimenti in start-up che operano nel settore sono triplicati tra il 2013 e il 2014 passando da 4,05 miliardi a 12,2 miliardi di dollari con una crescita del 201% a livello globale nel 2014 (rispetto a una crescita media di tutti gli altri investimenti del 63%) e attestando l’Europa come la zona con la crescita più sostenuta, pari al 215% (1,48 miliardi) guidata da Regno Unito e Irlanda (42% degli investimenti totali).
Il centro geografico di questa rivoluzione è Londra, diventata la vera capitale mondiale del fintech grazie anche alla presenza di quasi tutte le grandi banche o istituti finanziari del mondo e dove ha sede Level 39, il più grande acceleratore di start-up fintech d’Europa.
In Italia gli investimenti (e le exit) hanno ancora numeri piccoli rispetto al resto d’Europa ma la scena fintech è in fermento e lo dimostrano le occasioni di confronto tra start-up e investitori e istituzioni del settore finanziario. Come il FinTechStage, format nato a Londra e sbarcato a Milano alla fine di marzo grazie a Unicredit. Istituto che ha anche un programma di accelerazione apposito per le start-up fintech nell’ambito dell’Unicredit StartLab. Così come Intesa Sanpaolo, impegnata su questo fronte con attività di scouting internazionale soprattutto a Londra e New York e attraverso una partnership con l’acceleratore fintech Startupbootcamp.
Non si tratta solo di applicare la tecnologia al settore della finanza e delle banche ma soprattutto di definire nuovi modelli. L’esempio più lampante è quello delle criptovalute, Bitcoin è oggi la più nota, che stanno dimostrando come sia possibile disporre di una valuta sovranazionale che è gestita senza la necessità della presenza di una banca centrale e che consente anche alle decine di milioni di persone nel mondo che non possono permettersi di avere un conto corrente tradizionale di accedere a servizi finanziari.
Ci sono poi i nuovi sistemi di pagamento che utilizzano i terminali mobile, le piattaforme per i prestiti tra privati e tra aziende, un fenomeno che nella sola Gran Bretagna ha mosso nel 2014 quasi 1,3 miliardi di sterline secondo quanto rilevato dalla Peer-to-peer finance association, le piattaforme per il crowdfunding e quelle per la consulenza finanziaria online che utilizzano sistemi automatici denominati robot-advisor.
Tra le start-up italiane che operano in questo settore ci sono Satispay, applicazione che consente di scambiare denaro con altri utenti e pagare dallo smartphone; MoneyFarm per la scelta e la gestione degli investimenti; Jusp che ha sviluppato un sistema per trasformare lo smartphone in un Pos (Point of sales), GreenAddress per la gestione del portafoglio Bitcoin, The Rock Trading fondata da italiani ma con sede a Malta, che consente di comprare e vendere valute, comprese quelle elettroniche, e azioni.
Un fenomeno crescente, il fintech, che le banche “tradizionali” non possono permettersi di sottovalutare.
Articolo ripreso dal blog: “Gli Squali di Wall Street”