Franco svizzero d’oro la Svizzera vuole ancorare la sua moneta al metallo prezioso

Pende, davanti al Consiglio Nazionale svizzero (la nostra “camera dei deputati”) un progetto di legge (n.11407 del 9/3/11), tendente ad istituire il “franco aureo” (“Goldfranken”), una nuova moneta, da emettere, accanto al franco cartaceo. In che cosa verrebbe a consistere il franco aureo? Si tratterebbe di una moneta ufficiale, con corso legale, contenente un determinato tenore d’oro. Per esempio, si potrebbe ipotizzare un contenuto di 0,1 gr. d’oro, per ogni GF (“Goldfranken”), prevedendo ovviamente dei multipli.

Il cambio tra “Goldfranken” (GFrs) e franco svizzero cartaceo (Frs.) sarebbe libero e fluttuante. (Ai prezzi attuali, all’incirca, di 5 Frs. per un Gfrs). Si giungerebbe, così, alla rimonetizzazione dell’oro – recuperando una tradizione secolare (che, peraltro, ancora si conserva con la “sterlina oro”). Il vantaggio per i risparmiatori sarebbe indubbio. In qualunque momento, potrebbero chiedere la conversione dei propri Frs. in Gfrs., salvaguardando i propri risparmi. Si pensi che il marengo svizzero, in 80 anni, è aumentato di valore di 13 volte. Si ritornerebbe, così, al “gold standard”. In effetti, fino allo scoppio della prima guerra mondiale, i paesi occidentali definivano le proprie monete in un determinato contenuto d’oro, nel quale esse erano – in qualunque momento – convertibili.

Poi, per far fronte alle enormi spese delle due guerre mondiali ed alla grande crisi del ’29, fu un susseguirsi di svalutazioni, di instabilità monetaria e di inflazione. Famosa quella tedesca del primo dopoguerra, quando si stampavano banconote pari ad 1 o più miliardi di marchi (Ed il ricordo di ciò – sia detto tra parentesi – è rimasto nella psicologia dei tedeschi). Ma, anche negli USA della Great Depression, il presidente Roosvelt, con l’ “Executive Order”, del 1933, dichiarò illegale il possesso di oro e svalutò il dollaro da 20,67 USD a 35 USD, per ogni oncia d’oro, sottraendo ai cittadini più del 40% del loro potere d’acquisto.

Con l’accordo di Bretton-Woods, concepito nel 1944 ed entrato in vigore nel 1945, si è cercato di rimettere un po’ d’ordine tra le monete, tornando ad una specie di “gold-standard”, che rifletteva la nuova egemonia americana. I paesi aderenti si impegnavano a mantenere un cambio fisso con il dollaro, a sua volta convertibile in oro, ad un prezzo prestabilito di 35 USD all’oncia. (Si pensi che, ora, l’oro vale circa 1.650 USD per oncia, con un rincaro di circa 47 volte). Ma, il 15 agosto 1971, il presidente Nixon – a causa della guerra in Vietnam – decise di abolire la convertibilità del dollaro in oro. Poco prima, alcuni paesi – come Francia e Svizzera – cambiarono le loro riserve di dollari in oro. Va detto che l’Italia è ben posizionata, in fatto di riserve auree, avendo – nei forzieri di via Nazionale – una riserva di 2.451,8 tonnellate, che la colloca al quarto posto dopo USA, Germania e Fondo monetario internazionale. Si tratta di un patrimonio – ai prezzi attuali – di circa 98-99 miliardi di euro. Ma ciò non basta: l’inflazione mondiale è aumentata, dal 1971 ad oggi, in maniera esponenziale. Ad esempio, l’indice statunitense dei prezzi al consumo del 453%.

Ripreso in parte da Varesenews.it Articolo di Mario Speroni.