La maggioranza dei fondi comuni, Sicav e fondi speculativi, o polizze unit-linked hanno un obiettivo di gestione attiva di portafoglio, costituito da un indice di mercato. Può essere un indice azionario, obbligazionario, oppure, per i prodotti total return, il rendimento di un indice monetario.
Questo obiettivo è quello che nei prospetti informativi dei fondi e nei siti di finanza viene chiamato “indice di riferimento” o “benchmark”.
Bene, l’Alfa positiva è quel rendimento extra che il gestore dovrebbe ottenere rispetto all’indice di riferimento, senza neanche un grammo di rischio in più, grazie a un’attività di ricerca continua di opportunità d’investimento.
In altre parole, investendo in un prodotto con Alfa positiva, si può “battere il mercato” senza rischi aggiuntivi. Facile no?
Alfa come chimera
Durante gli ultimi 25-30 anni una vasta fetta (o setta?) dell’industria del risparmio gestito è cresciuta sulla base di un’idea fissa: l’Alfa positiva esiste e può essere estratta, come il sale dal mare, per ottenere più performance, senza rischi aggiuntivi.
In qualunque luogo del pianeta, ogni gestore “attivo” – di fondi comuni, di fondi speculativi (gli hedge fund), o altro – vi dirà di essere in grado di estrarre Alfa positiva in modo continuativo e sostenibile.
Per qualcuno è vero, per molti no. Se tutti sono unici, non lo è nessuno. Ma il venditore di turno, promotore o addetto allo sportello in banca, cercherà di vendere il proprio fondo del momento come il migliore, il più performante, il più ricco di Alfa. Spesso lo venderà a caro prezzo: per voi.
Già. L’estrazione dell’Alfa è costosa, dicono le società di gestione, perché occorre visitare aziende, procurarsi e analizzare dati economici e finanziari, andare a conferenze e via dicendo.
Il risparmiatore affamato di Alfa paga per questo: il TER (Total Expense Ratio), la commissione annua totale che, per una gestione attiva di portafoglio che persegue l’Alfa, spesso è intorno al 2-3% all’anno.
Vale davvero la pena spendere così tanto in TER?
Vediamo cosa si dice in giro nei circoli più autorevoli.
1. Una ricerca della Johnson Cornell University, pubblicata sul Journal of Portfolio Management, prestigiosa rivista di settore, evidenzia che l’Alfa positiva è rarissima, se non addirittura pura fantasia.L’autore, Robert Jarrow, utilizza argomentazioni teoriche e pratiche e porta sia esempi di Alfa autentica, sia fasulla, tratti dall’esperienza della crisi creditizia del 2008.
La ricerca mostra come spesso l’Alfa nella gestione attiva di portafoglio venga in realtà ricercata dal gestore assumendo maggiori rischi– poco evidenti e subdoli, magari poco chiari al gestore stesso. Jarrow dice: “I ricercatori hanno analizzato prove dell’esistenza di extra-performance senza extra-rischi. E non ne hanno trovate molte. Quindi sembra implausibile che là fuori ci sia tutta questa Alfa positiva” e aggiunge: “L’esistenza di Alfa positiva per periodi protratti, significa che qualcuno sta perdendo soldi in modo continuativo per anni, e di converso qualcun altro sta guadagnando in modo persistente. E questo è duro da credere“.
Conclude con parole di cautela per gli investitori: “La morale è semplice. Prima di investire in un fondo che afferma di avere Alfa positiva, cercate di comprendere da quale piega dei mercati finanziari il gestore attinge come fonte continuativa di Alfa. Se la risposta non è convincente allora l’Alfa positiva probabilmente è pura fantasia” insomma, il rischio di investire in “strategie del caso” è alto.
2. In un lavoro dell’Università Carlos III di Madrid pubblicata sul Journal of Finance, altra autorevole rivista internazionale, Javier Gil-Bazo e Pablo Ruiz-Verdù analizzano oltre 40 anni di performance di fondi comuni. Scoprendo che cosa? Che in media, prima che vengano prelevate le commissioni (TER), l’Alfa è negativa: circa -2,4% all’anno.
Ovviamente la situazione peggiora ancora quando si tiene conto del TER, che addenta e divora un altro pezzo di performance. Ma le cattive notizie non finiscono qui: i due ricercatori hanno trovato che, in media, più alto è il TER, peggiore è la performance del fondo. Cioè, nell’industria del risparmio gestito il Signor Costo non va tanto spesso a braccetto con Madama Qualità (anomalia non così rara nel mondo dei servizi finanziari e bancari – ma in fondo, che cos’è la qualità in questo settore? Sicuri di saperlo? Mhhh).
La letteratura accademica sul punto è peraltro sterminata e impietosa. Se vi fate un giro per siti specializzati lo potrete riscontrare personalmente: l’Alfa positiva è primizia rara e contraffabile.
Difficile da individuare e, una volta individuata, volatile come cloruro di metilene. Torniamo alla domanda principale: vale davvero la pena pagare grassi TER per avere l’opportunità di sorbire questo nettare prezioso ma effimero, senza però alcuna certezza di riuscire a farlo?
Non conviene forse guardare a prodotti con bassi livelli commissionali, come ETF, fondi “execution only”, fondi quotati in Borsa?
Risparmiatori, pensateci su, quando fate le vostre scelte d’investimento. Le gestione attiva di portafoglio e’ un mito.
Fonte: Adviseonly Blog. Autore: Jack Sparrow (pseudonimo
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