Giovane maschio e laureato ecco l’identikit del giovane startupper romano

Laureato in economia, ingegneria o informatica, con esperienza all’estero, prevalentemente di sesso maschile e over 35: è questo l’identikit del nuovo imprenditore romano. L’ultimo anno ha visto più che raddoppiate le startup della capitale, che sono passate da 128 a 270, con un aumento del 110%.

Le giovani aziende, stando alla fotografia scattata dalla ricerca “L’ecosistema romano delle startup 2.0” presentata ieri da Confcommercio, sono attive in prevalenza nei campi di internet e dell’Information technology e godono di ottima salute. Sfiora infatti il 31% (rispetto al 15,7% del 2014) la percentuale di “piccole” che fatturano tra i 100 e i 500 mila euro annui, mentre sono scese dal 42,1% del 2014 al 26,5% di oggi quelle con ricavi medi inferiori ai 10mila euro. Le startup impiegano, nel 65,3% dei casi, da uno a 5 dipendenti. Ad avviarle, in quattro casi su cinque, sono uomini, ma la percentuale di romane che ha deciso di mettersi in proprio è comunque più alta rispetto al dato nazionale, fermo al 15%.

Nate grazie all’aiuto di incubatori d’impresa o a programmi pubblici di sostegno  –  solo in un caso su 5  –  le startup lavorano in spazi di coworking per lo più all’interno del Gra, condividendo idee, oltre che scrivanie e costi per navigare su Internet. Su due cose gli startupper sono quasi tutti d’accordo: la difficoltà nel reperire fondi e il rapporto poco soddisfacente con le istituzioni. Il finanziamento avviene principalmente con fondi personali (44%), solo nel 17% dei casi deriva da gare e concorsi pubblici o privati e nell’11% dalle banche. Il 12% delle esordienti ha trovato fortuna nei venture capitalists, il 6% nei “business angels”, uomini “d’impresa” che credono nel progetto. “Ma gli investitori sono pochi rispetto alla domanda”, spiega Matteo Colò, Ceo e cofounder di Wanderio, portale che permette di pianificare un viaggio fin nei minimi dettagli.

La burocrazia lumaca è la maggiore causa di malcontento verso le istituzioni. Ma “anche partecipare ai bandi è complicato  –  spiega Monica Archibugi, fondatrice di Le Cicogne  –  la raccolta dei documenti è complessa e i soldi pubblici arrivano mesi dopo, noi abbiamo aspettato un anno e non abbiamo potuto considerarli nel business plan”.

“Il Comune  –  assicura l’assessore al Commercio, Marta Leonori  –  aiuterà le startup affinché non ci si blocchi a un certo punto”, anche diventando “cliente” delle pmi, come “avvenuto con Qurami, l’app saltafila, presente oggi in molti uffici pubblici”. Tre, invece, le linee d’intervento della Regione. Oltre a lavorare sulla “cultura” della startup, spiega Guido Fabiani, assessore allo Sviluppo economico, “apriremo uno spazio attivo per ogni provincia e collaboreremo col mondo del credito e con le grandi aziende per offrire alle piccole imprese uno sbocco sul mercato internazionale”. Perché, conclude, “le startup creano innovazione”.

Articolo ripreso dal blog “Gli Squali di Wall Street” su Blogspot.com