Nella patria di santi, poeti e navigatori è diventato difficile stabilire chi siano i ‘nuovi eroi’, anche a giudicare dalla polemica tra primo ministro e CGIL sugli imprenditori definiti eroi da Renzi, subito rintuzzato da Susanna Camusso che ha tenuto a mettere sullo stesso piano i lavoratori.
Che la scelta di essere imprenditore in Italia sia eroica, nel paese dove la tassazione arriva anche al 70% dei profitti, non dovrebbe suscitare polemiche. Che tutti gli imprenditori siano eroi è questione assai diversa; la categoria è sicuramente inquinata da una minoranza di soggetti che non offre esempio di eroismo, ma scivola nel repertorio della furbizia italica sfruttando al limite (talvolta anche varcandolo) il perimetro della legalità.
In periodi di crisi si accentua la distanza tra buoni e cattivi imprenditori e questo è adeguatamente certificato, ad esempio, dall’abuso perpetrato da più di un imprenditore grazie alla procedura del concordato in bianco, o con riserva. Una legge nata e modificata per agevolare la risoluzione della crisi d’impresa e finita per essere tra gli stessi imprenditori il simbolo dell’abuso più bieco e della furbizia. Colpisce davvero ascoltare ripetutamente i commenti indignati dei piccoli imprenditori verso l’uso allegro del concordato in bianco, a causa del quale subiscono le conseguenze con il congelamento dei crediti commerciali, anticamera del fallimento come dimostrano i dati sull’esito di queste procedure.
Gli episodi di imprenditori poco-eroi non finiscono qui e non è poi difficile imbattersi in esempi di come la categoria venga squalificata dagli stessi colleghi. Prendo come esempio la crisi del gruppo Sangalli Vetro, azienda che sta guadagnando una cattiva notorietà in Puglia per la decisione di chiudere la grande fabbrica di vetro piano di Sant’Angelo (FG), mettendo a rischio 140 posti di lavoro e finendo sull’affollato tavolo di crisi industriali all’attenzione del MISE.
Le crisi di grandi imprese non dovrebbero stupirci più, ma nella storia travagliata della Sangalli Vetro di Treviso si trova un curioso repertorio di episodi che lasciano perplessi sulla qualità e avvedutezza del capitalismo familiare.
Nella crisi della Sangalli Vetro, riassunta con dovizia di particolari in un’interpellanza parlamentare da parte di un deputato M5s (Giuseppe L’Abbate) si intrecciano questi elementi:
• l’acquisto dalla liquidazione della Zadra Vetri nel 2010 di una fabbrica che secondo l’interpellante ha beneficiato -per la creazione di nuova occupazione- di 70 milioni di contributi pubblici-regionali dal contratto di area di Manfredonia, su un totale di circa 570 milioni di denaro pubblico erogato.
• una strategia di diversificazione produttiva tra l’impianto in Puglia e l’impianto successivamente aperto in Friuli a San Giorgio di Nogaro, che non si è realizzata come dichiarata inizialmente, svuotando l’impianto di Sant’Angelo della sua destinazione produttiva e condannandolo alla chiusura (o a nuovi interventi di finanza pubblica).
• una lunga crisi finanziaria apertasi nel 2012 e temporaneamente frenata con l’ingresso di capitali russi nel novembre 2013, quando il 50% del gruppo è passato nelle mani della Stis attraverso la società lussemburghese Glasswall ‘con un’iniezione di mezzi freschi a sostegno del fabbisogno finanziario e delle esigenze di sviluppo aziendale, che continuerà a vedere la presenza attiva della famiglia Sangalli, affiancata nella gestione dai nuovi soci’ come recita il comunicato stampa della società. Della Glasswall, definito da chi assistito l’operazione di acquisto del 50% “il più grande trasformatore di vetro float in Europa con 35 linee di trasformazione e 2 linee di tempera e oltre 120.000 tonn di vetro trasformate” non esiste alcuna traccia su Google, mentre è rintracciabile il sito in russo della STIS (vedi riquadro)
• la partecipazione delle banche nella crisi societaria come spiega la stessa società: “l’accordo interbancario avente ad oggetto circa € 130 milioni di linee finanziarie e la salvaguardia di oltre 400 posti di lavoro, ha previsto un riscadenziamento di circa due anni con correlata rimodulazione delle quote capitale dell’indebitamento complessivo (incluso anche il finanziamento erogato dal Fondo di Rotazione per Iniziative Economiche nel Friuli Venezia Giulia) e l’erogazione di nuova finanza per le esigenze di circolante aziendale.”
• un’accusa di esportazione illecita di capitali caduta nel 2011 sulla testa dell’imprenditore di terza generazione Giorgio Sangalli pizzicato nella lista di 12 imprenditori trevigiani finiti sotto inchiesta per aver portato soldi all’estero, la famigerata “lista Pessina” e conclusasi secondo fonti stampa con un patteggiamento nel 2012.
• il passaggio generazionale’ dell’azienda ai figli di Giorgio, perché la famiglia tiene sempre duro. L’azienda era stata avviata nel 1896 da Giacomo Sangalli . All’inizio degli anni Venti, Arnaldo Sangalli ha rivolto l’interesse dell’azienda di famiglia verso il vetro piano per l’edilizia, che ha assunto sempre maggior importanza, fino a diventare l’unica attività a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. Con l’ingresso di Giorgio Sangalli, classe 1933, coneglianese, alla fine degli anni Cinquanta l’azienda familiare diventa gruppo. Ora il passaggio di consegne: sulla soglia degli ottant’anni, Giorgio Sangalli lascia i ruoli strettamente operativi ai figli (ma di fatto presenzia ancora alle riunioni sindacali).
• Non è mancata neppure una guerra legale senza esclusione di colpi di un nipote contro lo zio con l’accusa di aver portato di nascosto in Svizzera la bellezza di cinquanta milioni di euro sottratti alle casse aziendali. Causa e contraccusa per diffamazione e stalking che rallenta il patteggiamento per frode fiscale.
Una pecora nera non rende nero l’intero gregge, per fortuna. Tuttavia sono casi come questi che diffondono nel circuito delle piccole imprese (fornitori) e nel sindacato una certa ostilità verso molti capitani d’industria e che non consentiranno mai di dare pienamente la patente di eroe all’intera categoria. Difficile se non impossibile emarginare i furbi, come è stato sempre impossibile neutralizzare chi ha accettato le regole della corruzione negli appalti pubblici, estromettendo dalle gare di appalto gli onesti. Difficile controllare la destinazione dei sussidi e fare in modo che siano utilizzati per mantenere impegni e occupazione, al punto tale che chi propone di eliminarli trova in casi come questo le sue valide ragioni.
Un ultimo pensiero alle nostre banche che storicamente hanno mostrato un certo complesso di inferiorità verso parecchi capitani d’industria, gestendo ossequiosamente relazioni squilibrate e concedendo finanziamenti. Banche che oggi, dopo 7 anni di crisi e centinaia di casi di ristrutturazione del debito finite male, hanno leggermente rivisto la propria posizione di inferiorità di fronte una serie di spiacevoli casi, come potrebbe essere quello della Sangalli Vetro, nei quali non sanno bene se e quando riporteranno a casa i prestiti concessi.
Articolo ripreso dal sito linkerblog.biz – autore: F_Bolognini