Si è sempre fatto in questo modo, i cambiamenti sono pericolosi. Ecco una frase che non vorremmo più sentire neanche lontanamente collegata al mondo della finanza per le imprese.
Cambiamento e innovazione sono il passaporto per fornire anche alle piccole e medie imprese italiane una prospettiva di supporto finanziario a progetti di crescita o di riposizionamento diversa dalla sterile dipendenza dal sistema bancario, inquinata da opacità e diffidenza su ambo i lati, equivoci sul concetto di rischio e da anni di stretta del credito.
Questo è il momento giusto per farlo e se serve fare una riflessione veloce sul perché farlo vi offro 5 buoni motivi:
1) IL SISTEMA FINANZIARIO STA CAMBIANDO. Non è più un mistero che il sistema tradizionale dell’intermediazione creditizia debba affrontare il cambiamento. Anche e soprattutto in Italia nel sistema bancario. Le rughe della vecchiaia e di un modello operativo inadeguato sono più che evidenti: profitti e ritorni sul capitale insufficienti (in molti casi perdite ingenti e qualche caso da salvataggio), crediti dubbi che si sono avvicinati al 20% del magazzino crediti clienti, livelli di servizio non più accettabili, eccesso di strutture fisiche (filiali e personale), clienti che non generano margini sufficienti. Le banche devono affrontare la prova del cambiamento, non hanno alternativa.
In aggiunta le istituzioni (EU, BCE, MEF, Banca d’Italia…) hanno operato con modifiche normative e ripetute sollecitazioni per aprire e agevolare i canali di finanziamento alle imprese da nuovi operatori (fondi specializzati, assicurazioni, piattaforme P2P e crowdfunding…) e nuovi strumenti (minibond, cambiali finanziarie). Impossibile ignorare che nello stesso istante il sistema di finanziamento alle imprese evolve rapidamente all’estero (in UK più che altrove) verso forme di finanza alternativa o ‘fintech” promosse dal governo britannico il quale pur affrontando la resistenza delle banche pensa di obbligarle a segnalare il sistema di finanza alternativa a ogni impresa a cui viene negato credito. Il risultato è che secondo una recente ricerca il 46% delle PMI britanniche ha usato o usa forme di finanza alternativa.
2) LE IMPRESE DEVONO CAMBIARE all’uscita da 7 anni di drammatica crisi anche riguardo al loro rapporto con la finanza. In molte direzioni. La prima delle quali è avere capito sulla propria pelle che il credito è una materia prima scarsa e costosa, la seconda è quella di essere state costrette a una ‘meritocrazia del credito’ anche se con strumenti (rating) poco trasparenti e poco flessibili.
Cambiamento che da domani comporta l’opzione tra essere selezionati (o esclusi) dalle banche o farsi avanti con il merito e le informazioni utili per valutare meglio il rischio. La terza, non meno importante, è che le imprese hanno imparato dal credit-crunch a non credere più alla relazione con la banca (che è come la coperta di Linus) e si stanno portando verso un approccio ‘transazionale’: usare il sistema finanziario per ciò che serve veramente, pagamenti, finanziamenti, estero, cambi… e scegliere se possibile il migliore fornitore (prezzo/qualità) smontando il pacchetto di servizi ‘tutto per tutti’ e obbligando a giustificare le commissioni con consulenza vera.
3) LA TECNOLOGIA DEI DATI CORRE. La disponibilità di informazioni e di elaborazione di grandi quantità d’informazioni segue la legge di Moore e diventa ogni giorno meno costosa e più accessibile. Server potentissimi, capacità di calcolo infinite e il Cloud consentono a nuovi operatori di affittare senza dovere finanziare grandi investimenti, per concentrarsi solo sugli algoritmi necessari a farli funzionare al meglio.
Questo significa a) che i sistemi IT delle banche (legacy) sono in larga parte obsoleti ma anche che è lungo e costoso sostituirli e b) che le barriere all’ingresso del sistema dei pagamenti e dei finanziamenti (alle imprese) si sono improvvisamente abbassate.
4) LA VELOCITÀ’ E’ DIVERSA. I tempi di esecuzione e di risposta si sono drammaticamente accorciati negli ultimi 10 anni, praticamente in tutti i settori dell’industria e del commercio, ma non nel settore finanziario che pur sviluppando (in ritardo) processi di multicanalità non ha saputo ancora adeguare le procedure interne, in particolare quando si tratta di deliberare un finanziamento.
Se da un lato lo sviluppo tecnologico accorcia notevolmente il time-to-market dei nuovi prodotti industriali e dall’altro la diffusione del commercio elettronico abitua i consumatori a ordinare e ricevere prodotti in pochi giorni, non altrettanto si può dire del sistema finanziario i cui tempi appaiono oggi fuori misura. Anche in questo campo la pressione dei nuovi entranti, la diffusione di algoritmi sempre più precisi è notevole e ha portato alcune piattaforme USA a dichiarare tempi di risposta di pochi minuti, non di settimane o mesi. La velocità è la sfida dei prossimi 10 anni: forse pochi 10 minuti per avere una risposta, ma troppi 3 mesi.
5) LA TRASPARENZA DIVENTA UN OBBLIGO. Essere trasparenti su tutto (costi, tempi, metodi…) non è più un optional nel commercio e non può esserlo neppure nella finanza per le imprese. L’intolleranza all’opacità dei costi e delle commissioni occulte rischia di danneggiare chi continua a praticarla a favore di chi propone modelli di servizio semplici e limpidi.
Il successo di piattaforme come Airbnb e BlaBlacar e dei meccanismi con cui creano e accrescono comunità di utenti basandosi proprio sulla contribuzione volontaria alla trasparenza insegna che il consumatore (privato o impresa) desidera operare con chi fornisce il massimo livello possibile di trasparenza ed è pronto a modificare abitudini e fornitore pur di ottenerlo. Da questo punto di vista il sistema finanziario deve imparare la lezione e quello italiano è rimasto fermo, ha commesso qualche errore pericoloso (penso all’iniziativa PattiChiari dell’ABI oggi abbandonata) e si espone al rischio di essere aggredito dagli operatori di nuova generazione.
Si possono certamente trovare altri buoni motivi ma già questi 5 sono sufficienti per sostenere che il sistema di supporto finanziario delle imprese sia alla vigilia di grossi cambiamenti. Difficile dire come sarà tra dieci anni, facile prevedere che possa essere diverso da quello attuale e che pesi, abitudini, meccanismi siano modificabili come mai prima. Come sarà il nuovo assetto pensando alla coesistenza tra ‘vecchi operatori’ rinnovati, banche di paese (che mettono a profitto la vicinanza alla comunità locale) e nuovi operatori, magari mescolati con nuove alleanze tra alcuni di essi non è facile prevedere. E’ però probabile e in fondo auspicabile per tutti che da questo processo di cambiamento emerga un settore finanziario che opererà con logiche profondamente diverse: un rispetto reciproco tra fornitore e cliente che non sia di pura facciata, una volontà di fornire soluzioni e risposte al passo con le necessità dettate alle imprese dalla competizione nei mercati internazionali.
Un pianeta finanziario probabilmente popolato da meno fideiussioni personali e assegni postdatati ma con maggiore capacità di combinare qualità, bassi costi e velocità.
Se anche voi leggendo questo post pensate che il settore bancario e finanziario (allargato ai Confidi e al parabancario) non possa più permettersi il lusso di essere immobile e arroccato, se volete seguire questa traiettoria, potete aiutarmi ad arricchire la traccia con esempi di cosa non va, di cosa sarebbe possibile cambiare già oggi e di cosa aiuterebbe le imprese a finanziarsi correttamente, evitando gli squilibri del passato. Magari qualcuno ci ascolta.
Fonte: linkerblog.biz