Nel complicato problema del credito alle piccole imprese e del sostegno alla ripresa del credito una parte non trascurabile tocca i Confidi, organismi di variegata composizione societaria che da molti anni svolgono la funzione di agevolare le PMI nell’accedere alle delibere di affidamento delle banche. Non occorre fare grandi indagini per capire che durante i 7 anni di crisi e di credit crunch i Confidi hanno subito danni ingenti, a causa della loro stessa unica vocazione: garantire le imprese più deboli.
Se un’impresa ha bisogno della garanzia supplementare di un ente terzo è perché non presenta per definizione una solidità finanziaria inappuntabile, quindi i Confidi strutturalmente hanno un portafoglio di clienti e di garanzie composto da soggetti fragili, piccoli ed esposti maggiormente alla crisi. I risultati si sono visti chiaramente a livello di crescita delle sofferenze e del volume di garanzie escusse dalle banche. Secondo i dati di un campione di 50 confidi, esaminati e presentati a un recente convegno a Torino le attività deteriorate sono aumentate tra il 2012 e il 2013 di ben il 45% (mentre le banche viaggiano a un tasso di crescita tra il 20% e il 25%).
Per 21 Confidi esaminati su 50 il livello di sofferenze ha superato 1/3 del portafoglio totale di garanzie rilasciate. Inoltre il grado di copertura delle sofferenze è diminuito per 2/3 dei Confidi esaminati, nonostante un aumento generalizzato degli accantonamenti (pari a +100% per 40 Confidi su 50), uno stato di malessere molto pronunciato.
Ma la notizia peggiore per il futuro dei Confidi è in questo momento la concorrenza esercitata dal rapporto diretto tra il Fondo Centrale di Garanzia (del MISE) e il sistema bancario. L’aumento della copertura offerta dallo Stato alle banche per concedere credito alle PMI non si è tradotto in aumento di operatività e commissioni per i Confidi, perché le banche (alcune) hanno imparato a procurarsi garanzia dello Stato e ponderazione zero di capitale andando direttamente allo sportello telematico del Mediocredito Centrale, tagliando fuori il lavoro dei Confidi, come attestano queste due tavole presentate da Assoconfidi al convegno di Torino:
Senza molti giri di parole ASSOCONFIDI parla di disintermediazione del sistema dei Confidi da parte delle banche, mostrando dati inequivocabili: nella crescita tra 2012 e 2013 dell’uso del FCG (+26% numero domande accolte) la parte del leone l’hanno fatta le banche con un +53,9% nelle domande dirette e +76% nei finanziamenti erogati con garanzia diretta che per la prima volta hanno superato in volume quelli erogati da Confidi con garanzia indiretta.
Tutti i Confidi masticano amaro per questo sistema che li sta tagliando progressivamente fuori dal flusso ‘buono’ di credito (spesso la garanzia è inutile dal punto di vista rischio, ma serve alla banca per non consumare capitale) e li relega a gestire i ‘peggiori’ debitori. Oltretutto i Confidi possono ancora dimostrare che la loro capacità selettiva nel mondo delle piccole piccolissime imprese è migliore di quella della banca: 4,6% di insolvenze per le banche contro 2,6% per i finanziamenti garantiti da Confidi.
L’effetto combinato di un netto peggioramento del portafoglio crediti, della disintermediazione da parte delle banche della garanzia pubblica sui crediti e della mancanza di prodotti e servizi diversi dalla garanzia ha impattato i risultati dei Confidi che sono finiti spesso in perdita anche grave, minacciando la loro stessa esistenza futura a prescindere dal grado di patrimonializzazione (ancora valido per parecchi confidi) e dalla funzione svolta verso il mondo delle piccole imprese.
Non c’è dubbio che la pressione sui bilanci e la spinta della vigilanza in atto stiano spingendo verso una razionalizzazione e pulizia del sistema Confidi, oggi composto da troppe entità (54 Confidi ex-art.107 TUB e ben 350 ex-art.106 TUB) e con altissima varianza nelle performance, ma se non viene risolto l’equivoco del doppio canale verso la garanzia del Fondo Centrale e soprattutto se non si riconosce più (magari sbagliando) al sistema capillare dei Confidi una migliore capacità di lettura del rischio della piccola impresa si rischia di danneggiare in modo permanente anche questo delicato canale che regola la quantità di credito che arriva alle piccole imprese. Di riforma del sistema Confidi si sente parlare da molti anni, di una proposta logica, ponderata che possa beneficiare il macro-sistema delle PMI vedo pochi segnali.
Gli equivoci, come si vede dalle tavole presentate, sono rimasti sul tavolo. Senza contare che affiorano le prime lamentele sulla rapidità di pagamento delle garanzie da parte del Fondo Centrale sulle insolvenze verificate, circostanza che forse potrebbe creare qualche cattiva sorpresa a chi ha ritenuto comodo e conveniente buttarsi a pesce su questo ennesimo intervento dello Stato.
Articolo di F_Bolognini – ripreso da linkerblog.biz