I giudizi di Moody non interessano ai mercati

Dopo Standard & Poor’s (era il 20 settembre) alla fine è arrivato l’atteso downgrade sul debito italiano di Moody’s, che ieri sera a mercati chiusi ha portato il rating da Aa2 ad A2; in realtà, prima del 20 settembre, quando Standard & Poor’s decideva di abbassare il rating, tutti scommettevano che la prima agenzia di rating a “colpire” l’Italia sarebbe stata proprio Moody’s, ma questi ormai sono dettagli di secondaria importanza.

Quello che importa oggi è che viene ancora una volta certificata e messa nero su bianco la situazione estremamente difficile in cui si trova oggi l’Italia sui mercati finanziari; per chi si fosse perso qualche puntata ricordiamo che lo spread Btp-Bund viaggia ancora su livelli preoccupanti e che soprattutto il rendimento del decennale italiano (il costo che deve pagare l’Italia per rifinanziare il proprio debito) è sostanzialmente sui massimi a pochi passi da livelli che porterebbero immediatamente l’Italia (e con lei l’euro) in una situazione drammatica per non dire tragica.

L’altra “puntata” che è meglio non perdersi per strada è che questa situazione sta già cominciando ad avere conseguenze pesanti sulle banche italiane e su imprese e famiglie. L’incremento del rischio con cui viene percepito prestare soldi all’Italia si riflette per forza di cose in un incremento dei costi per le banche italiane nel momento in cui raccolgono finanziamenti sui mercati e quindi sui costi del debito per le imprese e per le famiglie, se non in minori crediti visto che le imprese non possono pagare quei tassi e le banche non possono fare a meno di farli pagare (se non lavorando in “perdita” con conseguenze a lungo termine devastanti).

È abbastanza facile capire che queste condizioni sono una minaccia mortale per l’economia italiana e le sue imprese. Meglio specificare queste condizioni piuttosto che continuare a illudersi che i problemi che ha l’Italia oggi sui mercati siano confinati alle nuove emissioni di debito di cui qualche volta si sente parlare sui giornali.

Tornando al downgrade di Moody’s, la prima impressione che si ha leggendo il testo dell’agenzia di rating è una minore “cattiveria” nei confronti dell’Italia e più in generale del suo sistema politico-sindacale-economico rispetto a Standard & Poor’s. Standard & Poor’s aveva messo l’accento sulle divisioni nel Parlamento e nella politica, sulle resistenze sindacali e corporative, sui difetti di una manovra tutta tasse e niente tagli; Moody’s insiste invece sulla crescente mancanza di fiducia nel sistema finanziario, sui maggiori rischi di rallentamento della crescita internazionale, sul mutato sentiment del mercato sull’area euro.

L’agenzia non si esime ovviamente dal commentare la strutturale debolezza economica del Paese, la bassa produttività dovuta alla rigidità del mercato del lavoro e il fatto che gli impedimenti a una maggiore crescita non possano essere rimossi presto mentre il governo ha solo iniziato a porvi rimedio. Sempre secondo Moody’s, in un contesto in cui la crescita globale sembra rallentare sensibilmente, le previsioni di maggiori entrate del governo diventano più incerte, mentre sono evidenti le difficoltà che il Governo ha nell’approvare nuovi tagli e misure di efficienza.

È difficile che il mercato venga spiazzato da questa notizia largamente attesa e la giornata di oggi, così come le ultime settimane, sarà dominata dalle discussioni sul salvataggio della Grecia, sul fondo europeo salva stati, sull’economia americana e altre amenità di questo tipo. Ieri la borsa di New York è passata in positivo nell’ultima ora sulla speranza di nuovi interventi per sostenere le banche europee, mentre le borse europee avevano chiuso con perdite nette. L’idea è che la performance odierna possa non essere e non riflettere necessariamente un giudizio sull’Italia dopo il downgrade di Moody’s.

Una cosa però rimane certa indipendentemente da qualsiasi chiusura: l’Italia oggi non ha fatto neanche lontamente i compiti necessari per guadagnarsi la fiducia del mercato (basta guardare l’età della pensione in Germania e in Italia) e viene punita immeritatamente più della Spagna, che pure se la passa peggio di noi, proprio per la mancanza di fiducia e serietà che il sistema politico-economico esprime (da destra a sinistra passando per sindacati e imprenditori “illuminati”). Rimaniamo in attesa del decreto per lo “sviluppo”, mentre l’Italia continua a camminare pericolosamente sul baratro sperando nella clemenza dei mercati o in aiuti degli “amici” europei o di, non si capisce da dove e perchè, improvvise accelerazioni della crescita globale.

Articolo ripreso da ilsussidiario.net