Sono quasi tremila le startup in Italia, eppure sono ancora poche quelle che riescono ad emergere. Si parla spesso di mancanza di investimenti, quando invece si dovrebbe parlare di frammentazione di investimenti. Si parla di ecosistema dell’innovazione, in un sistema come quello italiano in cui troppe volte le aziende non partecipano alla costruzione del proprio futuro grazie alle tecnologie.
Ma non è tutto perso, si può ancora agire per cambiare le cose. C’è bisogno di alleanze, piuttosto che di semplici investimenti finanziari. C’è bisogno di un’unione tra startup più consolidate e aziende strutturate con startup nascenti, solo così si può crescere in modo continuativo.
Le imprese hanno bisogno di innovare i propri processi e i propri prodotti per sopravvivere al mercato.
Le startup necessitano di capitali per sviluppare una tecnologia, ma soprattutto di un cliente su cui testarla. Si tratta di creare un modello alternativo agli investitori istituzionali, che riescono ad aiutare molto nella fase di sviluppo dell’idea, ma che spesso non supportano la startup nell’entrata sul mercato. Se invece l’investitore è rappresentato dalla stessa azienda, i vantaggi sono plurimi e condivisi da entrambi gli attori. La startup, in questo caso, ha la possibilità di testare direttamente il proprio prodotto su un cliente reale, entrando nell’ottica delle logiche di mercato e potendolo modificare secondo i feedback che riceve. L’impresa ha un servizio personalizzato, creato su misura per soddisfare i propri bisogni, e riesce ad attrarre al suo interno talenti che altrimenti non avrebbe avuto modo di coinvolgere.
Perché in Italia questo modello non è la norma? Prima di tutto per paura di aprirsi. Il sistema italiano è basato principalmente su PMI familiari che temono l’innovazione piuttosto che vederla come una possibile salvezza. In secondo luogo, perché non viene in mente di investire in idee ancora in fase di sperimentazione. Manca la propensione al rischio e la mentalità per farlo. E per cambiare serve parlarne, serve capire che questo è il modo per far crescere l’Italia con i giovani talenti che sono preziosi per le aziende tradizionali. Servono casi di successo, che siano di esempio e di apripista alle aziende.
Talent Garden è stata la prima azienda a provarci, stringendo una alleanza con WeTipp, la piattaforma di engagement per community fondata da Damiano Ramazzotti, Stefano Ortona,Tiziano Espositi, Evgeniy Lahansky.
Damiano è entrato a far parte di TaG come COO e con il suo team ha sviluppato un prodotto personalizzato per il nostro network di talenti e per facilitare l’interazione tra di loro. Talent Garden ne aveva bisogno, e loro hanno avuto la possibilità di avere un primo cliente su cui provare le diverse funzionalità che volevano sviluppare. Se ci ha provato TaG, che non è ancora un’azienda strutturata, possono provarci anche le tante piccole e medie imprese diffuse sul territorio nazionale e che necessitano sempre più di nuovi talenti e nuove idee con cui continuare il proprio business.
E’ sui talenti che bisogna scommettere ed è da lì che si può ripartire, insieme.
Articolo di D. Tattoli, ripreso da wired_it