I prezzi del petrolio soffiano sul fuoco della bolletta energetica italiana.
Nonostante il calo dei consumi dovuto alla crisi economica, nel 2011 il costo pagato dal nostro Paese per approvvigionarsi di energia all’estero è stato di 61,9 miliardi, quasi 9 miliardi in più rispetto al 2010, con un peso sul Pil di quasi il 4%.
Ma il peggio sembra dover ancora arrivare. Secondo le stime dell’Unione petrolifera, il 2012 potrebbe infatti segnare un ulteriore incremento, con una fattura record di 65,3 miliardi, praticamente oltre tre manovre “Salva-Italia”.
Per quanto riguarda la sola bolletta petrolifera, l’Unione petrolifera calcola per il 2011 una fattura pari a 34,9 miliardi di euro (6,5 miliardi in più rispetto al 2010), con un impatto del 2,2% sul Pil.
Si tratta, precisa l’associazione dei petrolieri, «del maggior esborso dell’ultimo decennio, che supera anche il livello del 2008, pari a 32,5 miliardi», quando il petrolio toccò il record di oltre i 140 dollari.
Per il 2012, la fattura petrolifera potrebbe invece oscillare tra i 33,6 e i 43,4 miliardi di euro, nel caso di consumi analoghi a quelli del 2011 e con un intervallo dei prezzi del petrolio compreso tra i 100 e i 120 dollari al barile.
Cifre spaventose per l’impatto sui conti delle aziende e dell’economia italiana, alle quali fanno però da contrappeso quelle sugli introiti generati per lo Stato dal gettito fiscale sui carburanti.
Con i continui ritocchi imposti da decreti e manovre, le entrate derivanti da Iva e accise su benzina, gasolio e altri oli minerali (gasolio riscaldamento, lubrificanti, bitume ecc…) sono salite nel 2011 a ben 37,25 miliardi, in aumento del 6,3% rispetto al 2010. Secondo i calcoli dell’Up, l’aumento è stato del 3% per le accise (+700 milioni a 24 miliardi) e del 12,8% per l’Iva (+1,5 miliardi a 13,25 miliardi).
Gli effetti degli aggravi fiscali sono evidenti nei prezzi al consumo. Con «ben 6 distinti interventi» (per il finanziamento in due tranche del fondo unico per lo spettacolo, per l’emergenza immigrati, con l’aumento dell’Iva al 21%, per l’emergenza alluvione ed infine con la manovra Monti), l’effetto, nota l’Up, è stato pari a oltre 18,2 centesimi di euro al litro per la benzina e 21,8 per il gasolio.
Il peso del fisco è così arrivato al 60% del prezzo della verde e al 53% di quello del diesel.
Intanto, la più grande multinazionale dell’energia tedesca, E.on, intende tagliare a livello internazionale 11mila posti di lavoro su un totale di circa 80mila, seimila dei quali in Germania.
Lo ha confermato un portavoce della compagnia al quotidiano Rheinische Post. E.on si trova in difficoltà per l’abbandono del nucleare deciso dal governo della cancelliera Angela Merkel dopo la tragedia di Fukushima.
A contribuire all’indebolimento anche un arretramento nel mercato del gas.
«Non è ancora possibile precisare quanti posti di lavoro saranno ridotti con quale strumento», ha aggiunto il portavoce a proposito dei tagli in Germania.
Secondo il Rheinische Post circa 3000 lavoratori locali saranno messi in prepensionamento, 2500 verranno spostati in un’altra società del gruppo mentre cinquecento posti saranno ridotti con la scadenza di contratti a tempo determinato, che non verranno rinnovati.
Insomma, un’altra botta per quanto riguarda il livello occupazionale, in un momento di crisi acuta e ancora senza una via d’uscita concreta e percorribile.
Articolo ripreso da gazzettadelsud.it