Il collasso del debito pubblico italiano rimane inevitabile

Ho avuto modo di parlarne in più occasioni anche all’interno di contenitori mediatici indipendenti in televisione, tuttavia per quanto e per come è stato affrontato l’argomento e il suo possibile impatto finanziario con ovvie conseguenze spiacevoli sembra più di tanto non preoccupare.
Stiamo parlando del recente downgrade italiano da parte di Standard & Poor’s che ha ricevuto tutto sommato modesta visibilità da parte dei media italiani. Per chi non conosce la metodologia e la ratio con cui vengono assegnati i rating da parte delle tre sorelle, Moody’s, Fitch Ratings e Standard & Poor’s, consiglio vivamente di ritagliarsi qualche ora per studiarsi il tutto in rete o in qualche manuale di portfolio management in quanto la prossima revisone del rating italiano dovrebbe impattare profondamente (in termini negativi) sulla stabilità e solidità dei vostri risparmi, sul vostro fondo pensione, sulla vostra index linked, sulla vostra banca ed anche sulla ricchezza finanziaria del paese nel suo complesso.
Andiamo per gradi, il debito italiano è stato dowgradato a BBB dal precedente BBB+ (qualcuno potrebbe dire: tutta questa preoccupazione per un più in meno mi sembra esagerato). In vero  questo + in meno rappresenta l’innesco della miccia in una bomba che è pronta ad esplodere: l’unica incertezza è il quando.
 Il debito in senso lato, sia di un’azienda che di un paese sovrano, si divide in due categorie: investiment grade e non-investiment grade (conosciuto anche come speculative). Sostanzialmente i sogetti che emettono obbligazioni o titoli di stato per finanziare il loro debito vengono suddivisi in due insiemi: quelli che sono considerati solvibili (con diversi gradi di sicurezza) e quelli che vengono considerati a rischio (con diversi gradi di pericolo).
Questi due insiemi vengono definiti dalle lettere del rating finanziario che assegnano rispettivamente le agenzie finanziarie che valutano la qualità del debito dei vari soggetti. Le lettere le conosciamo ormai abbastanza bene, si parla della AAA, AA, A e BBB per quanto riguarda la categoria dell’investment grade, mentre si utilizzano la BB, B, C e D per individuare i soggetti a rischio quindi non investiment grade o speculative grade.
Spesso si parla giornalisticamente e semplicisticamente di junk bond ovvero di titoli finanziari considerati letteralmente spazzatura quando si fa riferimento alla BB, alla B o alla C. La D viene utilizzata per convenzione quando si deve esprimere una situazione oggettiva di default sia parziale che totale ovvero la certezza che il debitore non è in grado di onorare i propri impegni (quindi rimborsare i creditori).
Ogni livello di rating può essere rafforzato o indebolito per enfatizzare la singola situazione attraverso l’aggiunta dei simboli matematici (+/-) per sottolineare come il rating attuale possa essere oggetto di un futuro upgrade o dowgrade. Recentemente abbiamo avuto alcuni dowgrade eccellenti, la perdita della AAA da parte di USA, Francia e Inghilterra, segno questo di un corale indebolimento delle economie avanzate in Occidente.
Il rating, per quanto sia stato messo in discussione l’operato e l’indipendenza delle varie agenzie chiamate in causa, rappresenta una valutazione tecnica determinante per chi amministra i risparmi degli altri in quanto tutti gli OICR (organismi di investimento collettivo del risparmio) si devono attenere al mandato di gestione che gli è stato conferito con precise istruzioni in termini di investIment policy.
Sul piano pratico significa che il portfolio manager di un fondo obbligazionario, in cui il mandato di gestione lo vincola ad investire in strumenti investment grade con un minimo del 20% in AAA e un massimo del 20% in BBB, è obbligato a liberarsi di un titolo di stato o di un corporate bond qualora questi ultimi siano downgradati al punto da non essere più all’interno della categoria investment grade.
Attualmente questo è il rischio oggettivo che caratterizza l’outlook del nostro paese ovvero il possibile (e sempre più probabile) sell-off massivo sui governativi italiani nei prossimi mesi in caso di ulteriore dowgrade, quindi diventare un paese a rischio nel rimborso del proprio debito (classe di rating BB). La scena politica italiana ha stigmatizzato la revisione al ribasso  del rating, sottolinenando come invece l’Italia stia lavorando alla fase di risanamento dei conti pubblici.
Potrebbe essere possibile a tal punto una rivisitazione dell’IMU (nel senso che non verbbe abolita o rimodulata) o peggio ancora un massiccio programma di cessione di beni di proprietà pubblica al fine di abbattere il peso del debito rapportato al PIL. Per molti analisti indipendenti, tuttavia, viene messo in discussione l’eccessivo ottimismo che si ripone sia sulle autorità sovranazionali, penso allo scudo anti-spread di Mario Draghi (che entrerebbe tosto in azione in caso di ulteriore declassamento) ed alla capacità del paese di utilizzare risorse non convenzionali (come riserve auree e prelievi forzosi) per contenere una fase di marcata instabilità ed aggressione finanziaria. Per prudenza e buon senso, vista l’incognita sulla tenuta del Governo Letta, sarebbe opportuno alleggerire la propria esposizione nei confronti sia del governativo italiano che del comparto obbligazionario bancario.
Articolo dal sito eugeniobenetazzo.com – autore: Eugenio Benetazzo