Il credito e’ poco e le papere aziende non galleggiano anzi affondano definitivamente

Temiamo che in questo pazzo 2015 si stia confondendo la domanda di credito con l’offerta disponibile di credito da parte delle banche, che hanno la determinazione legittima di fare una selezione molto dura e precisa delle imprese a cui destinare il credito.

Una tesi avvalorata dalle dichiarazioni provenienti dal sistema bancario. Ne citiamo tre per il momento:

Carlo Messina, AD di Intesa SanPaolo ha risposto così alla domanda di Marco Ferrando del Sole:

D: In concreto, miglioreranno le condizioni del credito per le imprese?
Le Tltro sono finalizzate a sostenere il credito per le Pmi: noi, per i primi 4 miliardi che abbiamo chiesto ieri, abbiamo individuato un bacino di aziende a cui saremo in grado di offrire linee a medio-lungo termine a condizioni più vantaggiose di quelle passate.

E Federico Ghizzoni, CEO di Unicredit ha dato questa risposta:

D: A chi sarà destinata la nuova tranche di credito?
La nostra scelta è chiara: la priorità andrà alle imprese che intendono fare investimenti pluriennali per sostenere lo sviluppo. Solo così si rimetterà in moto l’economia. Purtroppo la domanda di credito per investimenti è ancora debole. Ma dobbiamo sforzarci di sostenerla e di stimolarla. […]

D: Più nel dettaglio, il nuovo credito a che tipo di imprese andrà?
La priorità è di guardare alle imprese già clienti che hanno programmi di investimento pluriennale. Ma certamente proveremo anche ad acquisire nuova clientela. Lo sforzo che dobbiamo fare, e che come UniCredit abbiamo già sperimentato, è di destinare questa nuova liquidità anche alle piccole medie imprese e non solo ai large e mid corporate con rating più elevato.

E il presidente dell’ABI Antonio Patuelli scrive sempre sul Sole del 19/9 queste parole:

Ora la nuova Tltro interessa alle banche operanti in Italia per molteplici ragioni e vede da subito le banche impegnate per questa nuova fase indirizzata alla ripresa dello sviluppo attraverso il finanziamento di trasparenti investimenti delle imprese. Le banche sono interessate doppiamente, sia in termini generali, sia perché la ripresa degli investimenti potrà avere anche indiretti effetti positivi pure per le aziende in difficoltà che potranno più facilmente ritornare ad essere debitori più puntuali e corretti verso le banche. …] Sia inoltre chiaro che non è intenzione delle banche operanti in Italia dirottare la nuova liquidità della Tltro in titoli di Stato; la situazione è ben diversa da quella del 2011 e del 2012: la Bce e le banche centrali nazionali come la Banca d’Italia vigileranno sulla destinazione della nuova liquidità.

Sembra palese che le stesse banche che si difendono dai dati negativi sul credito alle imprese (-90 miliardi in 2 anni) puntando il dito contro la mancanza di domanda di credito per investimenti stanno pensando a un certo tipo di domanda che ha queste caratteristiche:
– imprese sane (che per le banche significa con rating buono-elevato e basso consumo di capitale) che oggi sono meno del 50%
– imprese che fanno investimenti industriali, per lo più strumentali (essendoci ancora poca propensione a valutare e finanziare R&D e investimenti immateriali) che sono molto meno del 50%
– imprese di media o medio-grande dimensione, dove è più efficiente e trasparente erogare tranche di credito di svariati milioni;
– imprese senza debiti verso fisco o INPS (lo dice chiaramente Patuelli, lo dicono nelle filiali al rinnovo fidi)
– sufficiente a superare i controlli di polizia della BCE, quando chiederà conto di come sono stati usati i fondi.

A parte una timida ripresa della barra ‘investimenti fissi’ la domanda di credito registrata dalle banche è in aumento per le scorte e il capitale circolante (lo dicevo ieri) e da 4 anni per ristrutturare l’eccesso di debito! Questa è l’Italia delle imprese a fine 2014 con un PIL negativo e una previsione di aumento nel 2015 così magra da fare paura che -come negli anni precedenti- torni negativa a fine anno.

La domanda che le banche auspicano e sono pronte ad accogliere non è la domanda attuale delle imprese, soprattutto quelle piccole, che c’è forte, sotterranea, disperata e purtroppo male giustificata da progetti confusi. La domanda auspicata dalle banche è in effetti l’offerta che le banche sono disponibili cautamente a concedere.
Questo sarà per molto tempo il leitmotiv del credito. Si stanno ribaltando i rapporti tra banche e imprese: non sono più le imprese che vanno in banca e chiedono credito, ma le banche che selezionano a chi darlo (come ha spiegato Messina). Le banche stanno da mesi e mesi affinando il sistema di selezione delle imprese a cui offriranno finanziamenti convenienti.

Le altre imprese temo che debbano imparare a fare a meno (come spiego da mesi in questo blog) del credito bancario e si rivolgano altrove, magari alle nuove piattaforme di finanza alternativa se arriveranno anche in Italia e non solo in Spagna. Pochi giorni fa un piccolo imprenditore mi raccontava di avere chiesto alla sua banca un’affidamento da qualche decina di migliaia di euro nel mese di maggio e di non avere ancora avuto risposta. A quanto sento direttamente e da altre fonti non è un caso isolato. Non ha avuto risposta perché è fuori dai criteri del credito facile e conveniente. Però la banca non glielo ha ancora spiegato.

Intendiamoci: non c’è nulla di sbagliato in ciò che le banche pensano di fare sul fronte dell’erogazione del credito. Hanno piena legittimità nel farlo. Ho solo due interrogativi molto pratici:
1) siamo sicuri che le banche non stiano scartando, applicando i loro criteri, troppe imprese con programmi e manager altrettanto validi? I criteri sono sempre così rigidamente quantitativi?
2) se molte imprese sono andate in crisi proprio per avere fatto forti investimenti nel 2007-2008 e poi subire il forte calo della domanda, siamo sicuri che siano solo i programmi d’investimento a determinare l’accesso al nuovo credito buono?

Il nuovo mondo del credito alle imprese

In ogni modo siamo entrati in una nuova fase dei servizi bancari alle imprese, dove fare banca e credito non sarà mai più come prima: basta credito a tutti e a prezzi convenienti, le banche si scelgono i clienti, ne avranno sempre meno e forse impareranno a vendere servizi migliori. E si aprono spazi per altri intermediari.

Intanto dato che parliamo di investimenti registriamo il forte interesse estero per l’Italia in questi termini:

«Fortress crede nell’economia italiana e vuole aumentare la propria presenza e i propri investimenti nel settore dei non performing loan e intende investire in Italia nei prossimi mesi oltre un miliardo di euro». Giovanni Castellaneta, senior advisor di Fortress in Italia e presidente di Italfondiario (società specializzata nella gestione dei crediti incagliati controllata dal fondo Usa e partecipata da Intesa Sanpaolo), ribadisce l’interesse del fondo americano, quotato a New York, per gli investimenti sul mercato italiano.

Certo, quanto a produzione di non performing loan bancari l’Italia è in cima alle classifiche, è incredibilmente attraente per chi investe in falliti e in fallimenti. Ma ben pochi riflettono approfonditamente sui perché e i per come. Meglio dimenticare, voltarsi dall’altra parte e sognare di finanziare chi ha ‘programmi di trasparenti investimenti’.

 

Articolo di F. Bolognini – ripreso da Linkerblog.biz