Il crollo dell’industria dei servizi grande debolezza dell’economia italiana

Interessante scorrere le pagine del piccolo studio prodotto da BNL-focus nel numero di ottobre  2013 che svela molti elementi alla base della debolezza del nostro settore dei servizi rispetto ancora una volta ai nostri concorrenti europei, Germania e Francia.

La maggiore dipendenza dalla domanda interna penalizza i servizi, con una flessione del valore aggiunto che prosegue senza segnali di rallentamento. Dall’inizio del 2008, la perdita si avvicina al 4%, con un ritardo rispetto a Francia e Germania di 7 punti percentuali. Nel confronto con il II trimestre 2008, gli occupati dei servizi si sono ridotti di 117mila unità. Il calo appare concentrato tra i giovani più di quanto non accada nel resto dell’economia. I servizi spiegano, infatti, il 10% della flessione complessiva degli occupati nella fascia 15-64 anni, mentre contribuiscono per oltre la metà del calo in quella 15-34.

Uno scenario caratterizzato da una domanda interna debole e da una domanda estera che, sebbene con alcuni segnali di incertezza, prosegue a crescere, si ripercuote sugli andamenti settoriali. I comparti più legati alla spesa domestica soffrono maggiormente, mentre quelli con una più forte propensione all’export registrano risultati più favorevoli.

Nel 2012, le esportazioni totali dell’economia italiana sono state pari a 472 miliardi di euro. Di questi, 390 miliardi sono il risultato di vendite di merci, che per la quasi totalità appartengono al comparto manifatturiero, mentre poco più di 80 miliardi è il valore delle esportazioni di servizi. Questi 80 miliardi, dei quali si parla poco, provengono per il 40% dal comparto viaggi, per quasi il 30% da quello dei servizi alle imprese, per poco più del 10% dai trasporti, per circa il 5% dal segmento finanziario e assicurativo, oltre ad altre voci residuali.

Il settore manifatturiero riesce, pertanto, a trarre maggiore beneficio dalla domanda estera di quanto non accada nel comparto dei servizi. Nel II trimestre 2013, il valore aggiunto del manifatturiero è tornato a crescere, sebbene solo moderatamente, dopo aver registrato nei sei mesi precedenti una flessione complessiva superiore ai 3 punti percentuali. Nel settore dei servizi, è stato, invece, registrato un calo dello 0,3%, una caduta sostanzialmente in linea con la media registrata tra il I trimestre 2012 e il II 2013. […]

Guardando quanto sta accadendo fuori dall’Italia, nel confronto con il I trimestre 2008, in Germania il valore aggiunto dei servizi risulta aumentato di 3,5 punti percentuali in termini reali, in Francia di 2,7, mentre in Italia il calo si avvicina ai 4. In cinque anni e mezzo, è stato accumulato un ritardo in termini di valore aggiunto prodotto dal settore dei servizi pari a circa 7 punti percentuali.

L’analisi dello stato di salute del settore dei servizi, oltre che delle sue prospettive, appare fondamentale alla luce del peso che lo stesso ha all’interno dell’economia. Nel 2012, i servizi hanno generato il 74% del valore aggiunto complessivamente prodotto in Italia. Dall’inizio della crisi per effetto della brusca flessione dell’industria, il peso dei servizi è cresciuto in maniera significativa, guadagnando in soli cinque anni 3 punti percentuali, un incremento non distante da quello registrato nei dodici anni precedenti. In Francia, il peso dei servizi raggiunge l’80%, ma la differenza rispetto all’Italia deriva dalla maggiore dimensione della Pubblica Amministrazione. Al netto di questo comparto, il peso è uguale a quello italiano. Minore risulta, invece, l’importanza dei servizi in Germania, con un’incidenza sul valore aggiunto complessivo pari al 69%.

Guardando quanto accaduto dall’inizio della crisi, un’ampia flessione è stata registrata nelle attività professionali, scientifiche e tecniche. Dal I trimestre 2008 sono stati persi oltre 8 punti percentuali di valore aggiunto, con una flessione che si è distribuita in maniera omogenea sull’intero periodo. Diversa l’esperienza nel comparto dell’informazione e comunicazione: dopo una sostanziale stagnazione, che ha interessato tutto il periodo che va dall’inizio del 2008 alla prima parte del 2012, nel solo ultimo anno il valore aggiunto si è ridotto di 7 punti percentuali. L’unico comparto dei servizi ad aver registrato nel confronto con il I trimestre 2008 una crescita è quello delle attività finanziarie e assicurative: l’aumento di quasi 10 punti percentuali si è concentrato, però, nella prima parte della crisi, per poi sperimentare una stagnazione che ha interessato tutti gli ultimi tre anni e mezzo. […]

Nei primi sei mesi del 2013, la crescita delle esportazioni di servizi si è sostanzialmente azzerata, come risultato di una flessione su base annuale dello 0,3% tra gennaio e marzo e un rimbalzo dello 0,7% nel II trimestre. A livello di singolo segmento, criticità sono emerse nel comparto dei viaggi, mentre è proseguita la flessione in quello delle comunicazioni e in quello dei trasporti. Una brusca contrazione, prossima al 30% è stata registrata dalle esportazioni di servizi informatici e di informazione, che nei tre anni precedenti erano cresciute ad un ritmo medio superiore al 10%. I servizi finanziari hanno, invece, registrato un incremento del 18% rispetto ai primi tre mesi del 2012.

Purtroppo anche quest’analisi non è molto incoraggiante: un settore che nella sua componente privata pesa per oltre il 50% del valore aggiunto naviga in una profonda crisi, sta perdendo progressivamente capacità competitiva rispetto ai partner europei, lascia a casa le fasce più giovani dell’occupazione e, al proprio interno vede in difficoltà proprio i comparti più avanzati (quelli tecnico-scientifici e della comunicazione/informatica). Cresce solo il comparto finanziario/assicurativo che però pesa solo il 5% sul totale dei servizi. Il peso del settore immobiliare (19%) attualmente in forte crisi probabilmente deprime l’intero comparto.

Domandarsi quali siano le cause di questa debolezza e della bassa capacità di uscire sui mercati esteri è importante tanto quanto discutere della ripresa dell’industria manifatturiera, che oggi è tornata alla ribalta a causa delle cattive performance di imprese pubbliche e private. Il PIL è una misura importante ma il valore aggiunto lo è anche di più. Invertire le tendenze negative nel campo dei servizi appare una priorità un po’ troppo dimenticata.
Articolo parzialmente ripreso da Linkkerblog.biz di FAbio Bolognini