Chi ha l’opportunità di entrare ed uscire continuamente dal paese ed anche l’occasione di potersi relazionare con altri europei in questo momento di eterno immobilismo politico italiano rimane abbindolato dall’opinione pubblica comunitaria.
Recentemente ho avuto modo di confrontarmi con un team di colleghi, di provenienza mista, Svizzera, Malta, Germania, Lussemburgo e Regno Unito, sulle problematiche finanziarie che stiamo affrontando e che ci attendono nei prossimi mesi: il messaggio che mi hanno dato tutti quando ci siamo soffermati sullo scenario italiano è stato corale “ma volete fallire come paese ? vi rendete conto dei rischi che dovrete correre a breve ? ma chi volete aspettare ancora ? Il Messia ? Per capire l’Italia bisogna essere italiani o almeno averci vissuto per un numero consistente di anni. Non si può biasimare il rimprovero degli altri paesi europei innanzi all’ennesima vergogna italiana, due mesi ormai in balia del niente aspettando un fantomatico Messia che salvi la popolazione, le sue banche, i suoi risparmi e soprattutto il suo stile di vita.
Purtroppo proprio qui emerge l’area di interesse su cui si dovrà intervenire ovvero l’italian life style. Quanto costa il tanto amato stile di vita italiano. Costa tanto e soprattutto troppo se rapportato in percentuale al PIL degli altri paesi. Mi riferisco al mantenimento dei servizi di assistenza sanitaria primari e secondari (erogati senza alcun forma di meritocrazia) oltre al peso mastondontico delle pensioni italiane. Tanto per dare alcuni numeri, l’incidenza in percentuale delle pensioni sul PIL in Italia è del 15%, contro un 13% in Francia, un 12% in Grecia, un 11% in Germania, un 9% in Spagna ed un 7% nel Regno Unito. Ritengo molto plausibile nei prossimi anni l’istituzione di una imposta di solidarietà (una sorta di rivisitata poll tax all’inglese) nei confronti di tutti i pensionati partendo da una franchigia mensile di 1.000 o 1.500 euro. In buona sostanza per ogni euro di pensione incassato sopra la soglia di franchigia una parte frazionale (calcolata con scaglioni di progressività) sarà trattenuta sotto forma di imposta direttamente dallo stato.
Mi auguro che vengano istituiti comunque anche i tetti di percezione massima, andando a rivisitare o ridimensionare quelli che sono i cosidetti diritti acquisiti (soprattutto per statali e parastatali).
Mi capita spesso di parlare con persone della mia età o addirittura ragazzi giovani: tutti sono concordi nell’affermare che non avranno una pensione o che l’avranno molto ridimensionata rispetto all’ultima retribuzione, tuttavia quando chiedo loro che cosa stanno facendo per assicurarsi una rendita finanziaria complementare per poter vivere il resto della propria esistenza decorosamente, la risposta è ancora corale: niente, tanto in qualche modo interverrà lo stato.
Questo comportamento quasi infantile rappresenta una forma tipica di silenzioso suicidio assistito senza precedenti. L’italiano della strada ritiene infatti che la sua pensione sia ancora un problema dello stato e non una sua preoccupazione: in Germania il 60% della popolazione ha una copertura previdenziale privata, nel Regno Unito siamo al 160% (significa che tutti ne hanno una privata e che il 60% della popolazione ne ha addirittura anche una seconda). Lascio a voi indovinare a quanto ammonta in Italia. Come ho detto prima l’italian life style costa caro, purtroppo nessun rappresentante politico si farà mai portavoce di un’opera di sensibilizzazione su questo argomento per ovvie ripercussioni elettorali.
Nel nostro paese toccare le pensioni o la sanità o peggio il pubblico impiego è considerato tabù, chi tocca muore, sul piano politico si intende, sono tutti pronti a scendere in piazza per difendere l’italian life style: dopo però sono gli stessi che si lamentano del peso delle tasse, dell’immobilismo italiano e del marcio della classe politica attuale. Ancora ad oggi nessuno si fa portavoce di una dura ed antipopolare politica di risanamento della spesa pubblica, iniziando dalla spesa sanitaria, passando dai licenziamenti economici obbligati del pubblico impiego e finendo con il sistema pensionistico italiano.
Sono tutti demagogicamente allineati sugli insignificanti costi della politica o della rappresentanza popolare, pesano meno dello 0,5% del PIL anche a gonfiarli tanto. Chi propone cambiamenti epocali per la ridefinizione ad esempio di una parte della spesa sanitaria, come ha provato il sottoscritto con la Health Tax, viene aggredito mediaticamente e messo alla gogna da chi ha fatto del mantenimento dell’italian life style e dei diritti acquisiti la sua missione di vita. L’orizzonte sempre più probabile che si intravede ormai assomiglia a quello greco sul piano economico e a quello sudamericano sul piano sociale.
Articolo di Eugenio Benetazzo ripreso dal sito eugeniobenetazzo.com