Il divieto alla cessione dei crediti commerciali un ulteriore scoglio alla ripresa del credito

Insieme alla diffusa prassi del pagamento ritardato delle fatture, il sistema economico e d’impresa italiano si distingue negativamente per un’altra odiosa abitudine, quella del divieto alla cessione dei crediti commerciali imposto, tipicamente, da aziende di medio-grande dimensione ai propri fornitori.

La legge italiana consente senza limiti (art.1260 c.c.) la cessione dei crediti commerciali stabilendo che non sia opponibile solo nel caso in cui il debitore ne vieti espressamente la cessione.  Purtroppo questo diritto viene esercitato da parecchie imprese che così facendo impediscono ai loro fornitori-creditori di cedere le fatture rappresentative del credito sul mercato del factoring e ottenere cassa prima della scadenza della fattura.

Questo problema è stato sottaciuto molto a lungo, fintanto che non si è rivelato un problema grave. Occorre parlarne a voce alta oggi in una situazione nella quale la mancanza di liquidità sta conducendo molte piccole imprese sull’orlo dell’insolvenza e il divieto alla cessione dei crediti commerciali impedisce l’accesso a una fonte di liquidità normalmente disponibile.

Anche nel 2014 il mercato del factoring sta lavorando in controtendenza rispetto al credito bancario: il primo cresce, il secondo sta ancora calando. Il factoring è pronto ad acquistare crediti di buoni nominativi di grande dimensione, se non trovasse l’ostacolo del divieto scritto sull’ordine o sul contratto, e le piccole imprese troverebbero un po’ d’ossigeno nell’anticipare finanziariamente l’incasso.

Vietare la cessione a cosa serve?

Quali sono le ragioni del divieto alla cessione? Francamente nella maggior parte dei casi si tratta di un semplice esercizio del proprio potere contrattuale ‘a prescindere’ dalla valutazione di merito.
I soli motivi plausibili per evitare che i propri debiti commerciali siano pagabili a un’istituzione finanziaria sono legati al controllo del proprio indebitamento sui mercati finanziari in generale. Approccio un po’ sofisticato e parossistico, perciò sembra essere una motivazione molto fragile.

Difficile che i mercati obbligazionari internazionali possano incrociarsi con il mercato del factoring per avere un qualche impatto, dalla somma di debiti finanziari e debiti commerciali, sullo standing di credito di un emittente o sul prezzo a cui quel debito viene scambiato. I prezzi del factoring sono ben più complessi di un semplice spread e non facilmente confrontabili.
Altrettanto difficile che le grandi imprese abbiano dei margini sottili tra linee bancarie accordate e linee utilizzate in Centrale Rischi da temere un ‘consumo’ da parte di terzi, che avviene peraltro solo in caso di cessione pro-soluto.

Chiarito che vietare le cessioni del credito porta vantaggi modesti o nulli in capo alle grandi imprese, restano solo gli svantaggi per i piccoli fornitori i cui buoni crediti restano nel cassetto, non possono essere monetizzati e devono attendere 120, a volte 180 giorni per arrivare sul conto.  In questo momento sentire una piccola impresa in difficoltà che ha crediti verso ottime società e non può trasformarli in liquidità risulta particolarmente odioso, ma è frequente.  Tenuto presente che anche il contratto bancario di anticipo fatture è un contratto di cessione del credito a tutti gli effetti, per una piccola impresa non ci sono altri sbocchi per avere liquidità.

Su cose come questa  le associazioni degli industriali potrebbero fare molto per aiutare i propri associati, ma o non le capiscono o non le vogliono capire per non disturbare i propri grandi associati. A voi la scelta. Peccato che sia un intero sistema economico che sta franando, che non siano poche le imprese medie e grandi che sembravano floride e oggi sono finite nelle procedure concorsuali. La ruota della fortuna può girare e il fatto che gli imprenditori di qualsiasi taglia e dimensione possano aiutare altri imprenditori dovrebbe essere la normalità, non l’eccezione.

art.1260 cod.civ.
Il creditore può trasferire a titolo oneroso o gratuito il suo credito, anche senza il consenso del debitore, purché il credito non abbia carattere strettamente personale, o il trasferimento non sia vietato dalla legge. Le parti possono escludere la cedibilità del credito, ma il patto non è opponibile al cessionario, se non si prova che egli lo conosceva al tempo della cessione.

 

Articolo ripreso dal sito Linkerblog.biz – autore: Bolognini F.