Il fallimento Kodak un insegnamento per tutte le aziende

Kodak, uno dei più famosi produttori di pellicole e sistemi per la fotografia al mondo, ha seri problemi finanziari e nelle prossime settimane potrebbe dichiarare fallimento. La notizia è stata diffusa dal Wall Street Journal, che ha consultato alcune fonti anonime vicine al gruppo, e non è stata commentata in alcun modo dalla società fondata negli Stati Uniti nel 1892.

Per rimettere in sesto i propri conti ed evitare il fallimento, i responsabili di Kodak vogliono vendere parte dei brevetti posseduti dalla società per fare rapidamente cassa e avere nuovi fondi a disposizione. Secondo diversi analisti una simile soluzione potrebbe rivelarsi insufficiente e la stessa azienda sembra essere poco convinta, e ormai pronta al peggio.

I legali di Kodak avrebbero già iniziato a preparare le carte necessarie per ricorrere al “Chapter 11″, la parte della legge fallimentare statunitense che consente alle imprese di avviare una ristrutturazione quando si trovano in dissesto finanziario.

Il sistema ricorda molto quello dell’amministrazione controllata che esisteva fino a qualche tempo fa anche in Italia. Negli anni il Chapter 11 è stato usato da diverse società americane comprese Lehman Brothers, Enron, Texaco, Chrysler LLC e la compagnia aerea Delta. Kodak avrebbe anche avviato una prima serie di contatti con alcune banche per avviare nuove linee di credito. Il WSJ parla di almeno un miliardo di dollari per consentire alla società di rimanere a galla durante le procedure per la bancarotta.

Secondo il giornale statunitense, la richiesta di bancarotta potrebbe essere inoltrata già nelle prossime settimane o nei primi giorni di febbraio.

La società continuerebbe a lavorare normalmente e a pagare i propri conti durante la fase fallimentare, ma l’operazione sarebbe comunque affiancata dalla vendita di una cospicua parte dei 1.100 brevetti posseduti da Kodak. L’operazione dovrebbe avvenire tramite un’asta pubblica e potrebbe segnare profondamente il futuro della società.

 

Articolo ripreso dal sito ilpost.it