Milioni di PMI europee hanno fornito l’80% di nuovi posti di lavoro negli ultimi cinque anni, contribuendo significativamente alla crescita economica dell’Europa. Ce lo dicono gli economisti, e ne siamo convinti anche noi: rilanciare un’economia in crisi, con dati allarmanti su PIL, inflazione e disoccupazione e con alcuni paesi già in piena recessione, sarebbe possibile ma solo passando attraverso incentivi e stimoli diretti a rilanciare l’iniziativa imprenditoriale, soprattutto giovanile, di tutte quelle micro/medie aziende di cui é composto il tessuto industriale europeo, e del nostro paese in particolare.
Certo, buona parte della partita si gioca ai tavoli del governo, che deve offrire misure concrete attraverso una normativa che punti su agevolazioni fiscali e finanziamenti ad hoc. Ma altrettanto importante é il ruolo ricoperto dal sistema creditizio e finanziario, nelle cui mani ha finora dimorato la possibilità, per gli imprenditori italiani, di avere accesso al credito e, quindi, all’utilizzo dei flussi finanziari indispensabili per favorire la crescita o la ristrutturazione della propria azienda.
Uno dei vantaggi legati alla circostanza di essere parte dell’Unione Europea consiste nel potersi confrontare (ed eventualmente utilizzarne i vantaggi) con giurisdizioni parallele alla nostra, ma in alcuni ambiti molto piú avanzate, e che in particolare hanno creato strumenti capaci di aggirare gli ostacoli posti dal monopolio detenuto dagli istituti di credito nel settore del finanziamento alle imprese.
Esempi di tale virtuosismo se ne trovano numerosi in Europa, ma quello che vorrei mettere in evidenza é il progetto che sta portando avanti in materia il Lussemburgo, se non altro perché sarà il primo Paese ad integrare nella propria legislazione la Direttiva AIFM (progetto di legge depositato il 24 agosto scorso).
Per i non addetti ai lavori forse non é facile individuare i vantaggi che ne discendono per l’industria del Private Equity e, per comprenderli, forse é dapprima necessario fare un passo indietro e definire cosa si intenda per Private Equity Funds. Nella sua accezione piú semplice, un fondo di private equity é qualificato come fondo di investimento alternativo (AIF-Alternative Investment Fund), dedito a raccogliere capitali da un certo numero di investitori con l’intento di investirli in target companies precedentemente individuate (in accordo con la politica e gli obiettivi di investimento del fondo), a beneficio degli investitori stessi.
Tornando alla direttiva, essa introduce per la prima volta un regime normativo Europeo armonizzato per i managers di AIFs, e fissa i requisiti necessari per i gestori di fondi alternativi in materia di autorizzazioni, capitali, marketing, organizzazione, remunerazione, gestione degli affari, conflitti di interesse, gestione del rischio, funzioni e prestatari di servizi, trasparenza. Disposizioni specifiche regolano inoltre l’uso di leverage e l’acquisizione di partecipazioni di maggioranza e controllo.
In contropartita a questo stringente sistema di regole e controlli l’AIFMD offre la possibilità di avvalersi di un passaporto europeo che abilita i gestori di fondi alternativi (real estate, private equity ed edge fund) ad offrire i loro servizi e commercializzare i propri AIFs attraverso l’Europa.
Volendo riassumerli, i punti forti del progetto di legge depositato a fine agosto, e che rappresentano misure che il governo intende approvare entro fine anno, sono i seguenti:
A livello giuridico, l’introduzione di una LLP (Luxembourg Limited Partnership), ispirata ai modelli inglese e tedesco, che corregge i difetti della Società in Accomandita Semplice (SCS)
A livello commerciale, il rilascio del passaporto europeo (che tra l’altro offre un vantaggio temporale non da poco ai gestori lussemburghesi rispetto ai manager offshore)
A livello fiscale, trattamento vantaggioso per la plus value
Anche se la direttiva, ed il progetto di legge lussemburghese che la recepisce, si rivolge a tutte le categorie di fondi di investimento alternativi, l’impatto sui fondi di private equity é sicuramente di maggiore portata.
Basti pensare alle restrizioni in termini di asset stripping, ai requisiti specifici (di reporting e notifica) imposti sulle acquisizioni di holdings di maggioranza di società non quotate (disposizioni non applicabili alle PMI), alle disposizioni che impongono maggior trasparenza nei confronti delle autorità di controllo e degli investitori, alle procedure di valutazione degli assets, da porre in essere per assicurare una corretta e funzionalmente indipendente valutazione degli stessi, volta alla protezione degli interessi degli investitori. Inoltre la AIFMD contiene alcune disposizioni specifiche per il segmento private equity, come la soglia minima di esenzione, alcune grandfather clauses per fondi open-ended, la possibilità di utilizzare, a determinate condizioni, depositarie che non sono istituti di credito.
Nel complesso l’avvento di un quadro normativo armonizzato obbligherà molti attori a rimettere in gioco la propria organizzazione per conformarsi alle nuove regole e, se da un lato si delineano costi importanti da sostenere per la maggior parte degli AIFM, sia in termini di costi iniziali che di costi da sostenere nel tempo per rimanere ottemperanti rispetto alle regole introdotte dalla Direttiva, dall’altro rappresenterà un fattore di attrazione e di accelerazione per il Lussemburgo, il cui governo non rinuncia alla propria capacità di innovazione e differenziazione per rimanere competitivo, pur conformandosi a quanto deciso da Bruxelles.
Infatti, sempre con l’intento di rendere il Private Equity maggiormente appetibile ed attrarre investitori, il governo ha messo in cantiere nuove misure:
i REIT (Real Estate Investment Trust), veicolo che nel settore di riferimento rappresenta un vero jolly;
un regime fiscale specifico per i gestori di fondi di Private Equity al fine di invogliarli a scegliere Lussemburgo come domicilio;
a livello di infrastruttura, l’efficacia e la reattività da sempre dimostrate dalla CSSF non possono essere sottovalutate;
a livello di marketing, LFF (Luxembourg for Finance), ALFI e LPEA (Luxembourg Private Equity Association) moltiplicano le iniziative commerciali per far conoscere all’estero la realtà della piazza finanziaria.
I vantaggi del Lussemburgo in quanto giurisdizione stabile, con un sistema legislativo e regolamentare che garantisce la massima flessibilità in termini di strutturazione ed in cui la protezione dell’investitore rappresenta una delle pietre miliari del centro finanziario, sono ormai noti a tutti. Ció che forse non é ancora di pubblico dominio é il fatto che il Lussemburgo puó contare su un reale concentrato di competenze e abilità nel Private Equity. Prestatari di servizi come studi legali, revisori, banche, depositarie e amministrazioni centrali offrono una vasta gamma di servizi personalizzati con team specializzati nel Private Equity. Associazioni quali quelle menzionate al paragrafo precedente lavorano ulteriormente per rilanciare la posizione di questo segmento nel mercato locale e all’estero.
L’ambizioso disegno di affermarsi come centro principale per l’industria del Private Equity , sia per la strutturazione sociataria che come strumento di finanziamento nell’acquisizione di private equity internazionale e pan-europeo, rappresenta una sfida che il Lussemburgo rischia di vincere, a tutto vantaggio della propria reputazione.
Sono già molti gli imprenditori europei che hanno saputo beneficiare dei vantaggi offerti dal Lussemburgo, ed altrettanti gli investitori soddisfatti della performance dei loro investimenti e del regime posto a protezione dei loro interessi. É auspicabile che sempre piú imprenditori ricorrano al Private Equity non solo come sistema di finanziamento, ma anche come strumento per arricchire le proprie competenze e favorire la crescita aziendale, svincolandosi, finalmente, dal sistema creditizio tradizionale.
Articolo ripreso da Equisam blog su WordPress.com