Chi ricorda la storia di David Brown, che per la sua ricetta dell’insalata di patate ricevette circa 60.000 euro? Non è uno chef stellato ma un ragazzo statunitense che, dopo una scommessa tra amici, ha deciso di far assaggiare a tutti la sua versione della ricetta.
Così è andato su Kickstarter per raccogliere i soldi per fare la spesa tra gli invitati alla cena. Gli amici divertititi hanno donato, hanno fatto girare voce ad altri amici, parenti, amici degli amici e così via. Il gioco del giro di parola ha scatenato un circolo virtuosamente irrefrenabile. La ricetta ha così raggiunto 60.000 euro.
E’ il crowdfunding. Chi ha un’idea o un progetto e a cui servono soldi per realizzarlo, lo racconta su uno dei portali, e ormai ne esistono a centinaia, e inserisce l’ammontare di denaro che è necessario e l’orizzonte temporale in cui vuol realizzare il progetto. Inizia così la campagna di raccolta fondi. In cambio bisogna offrire qualcosa a chi fatto la donazione e dare una piccola percentuale al sito web che ha sposato l’ idea.
Gli ambiti in cui questo fenomeno si è sviluppato sono i più svariati: tecnologia, progetti di education, fondi per realizzare film ed opere artistiche, scientifici, sociali, teatrali. Da qualche tempo il corwdfunding è approdato anche all’ambito finanziario. Grazie all’alfabetizzazione internet e tecnologica ormai pervasiva, il crowdfunding permette riduzione dei costi di raccolta e sottoscrizione. Inoltre, in una situazione di credit crunch, consente l’accesso al mercato primario dei capitali anche a progetti promossi da soggetti senza rating e garanzie in solido.
Un’applicazione di tutto questo è il Social Lending, un prestito che avviene tra privati online. Non ci sono garanzie “tradizionali” a protezione del prestatore e a ogni utente viene assegnato un rating, utilizzando i servizi delle varie centrali rischi, un livello di affidabilità in base al quali viene fissato il tasso d’interesse. Restituisce il prestito direttamente alla società che si preoccupa di distribuire il denaro a tutti i prestatori in modo proporzionale alla quota investita.
L’americana Lending Club è leader in questo settore. Nata nel 2007 opera solamente online e senza l’utilizzo di intermediari. Dalla loro nascita hanno facilitato prestiti per un valore di più di 5 miliardi di dollari e fatto guadagnare 300 milioni di dollari agli investitori.
PeerStreet invece è una start up fondata da Brew Johnson e Brett Crosby, quest’ultimo ex -direttore del consumer-product marketing di Google. Si tratta del primo servizio che si occupa di raccogliere fondi per finanziare prestiti mutuari per l’acquisto di proprietà commerciali. A differenza di diversi altri servizi di crowdfunding per il Real Estate, che funzionano come fondi immobiliari e acquistano direttamente proprietà, PeerStreet attiva accordi con prestatori istituzionali non bancari (in termine tecnico americano, originators) che usano il denaro raccolto per accendere mutui ipotecari.
Il limite minimo di entrata è 1.000 dollari (l’idea è di abbassarlo). Sul sito si sceglie quale originators finanziare e si procede. Una volta effettuato il versamento, si riceve dal portale l‘impegno a rimborsare l’investimento con il rendimento pattuito. Per ora PeerStreet punta al mercato dei mutui ipotecari commerciali a breve termine, con finanziamenti da 2 a 25 milioni di dollari.
A quando i mutui-casa ?