I leader europei si preparano a dare l’ennesima risposta “definitiva” alla crisi dell’euro.
Di certo nessuno vuole correre il rischio di un fallimento della Grecia. Resta però da capire se la via che i dirigenti europei hanno preso non rischia di essere ancora più pericolosa. Perché non viene mai evocato il vero problema della Grecia né tanto meno i possibili rimedi.
Questo problema è che nella società greca il posto di ognuno non viene determinato dal talento e dal dinamismo, ma dalle origini e dalle relazioni. Ovviamente nessuna società si basa interamente sulla meritocrazia o sul nepotismo. Ma mentre i Paesi Bassi, per esempio, sono soprattutto meritocratici, in Grecia è il nepotismo a predominare. Qui il potere e la proprietà sono così concentrati che le élite al potere riescono sempre a rafforzare la loro posizione.
Finché non sarò fatto qualcosa contro questo nepotismo, l’economia greca non sarà in grado di ripagare il suo debito. Anche se cancellassimo l’intero debito greco, il giorno dopo il paese chiederebbe nuovi crediti.
E chi pagherà il conto della prossima operazione di salvataggio per le banche greche? Garantire le economie strutturalmente deboli aumentando le capacità del Fesf non fa che aggravare i problemi futuri. I politici si lasciano guidare dagli stessi sentimenti che li hanno portati ad autorizzare la Grecia a entrare nell’euro anche se non rispettava i criteri necessari.
“Lasciare” la Grecia uscire dalla zona euro in cambio della cancellazione del suo debito ci toglierebbe un importante fardello finanziario. Ma questo significherebbe lasciare la classe media greca a confrontarsi da sola con il suo paese. Dovremmo piuttosto preoccuparci del benessere dei cittadini greci, che sono le principali vittime del caos amministrativo del paese.
La classe media greca è disposta a pagare le tasse, come tutti gli altri europei. Ma il cittadino greco medio non vuole più pagare, perché sa che lo stato farà subito scomparire il suo denaro nelle tasche degli amici. I soldi riversati nel paese negli ultimi anni hanno addormentato la popolazione greca: tutti hanno partecipato alla spartizione del bottino e i giovani più ambiziosi hanno lasciato il paese. Ma oggi la tensione sale e dare altri soldi non farebbe che ritardare un confronto sociale indispensabile al paese.
Interventismo democratico
La cosa migliore sarebbe schierarsi con il popolo, ma finora le elite sono state risparmiate e il peso dell’austerity è stato lasciato sulle spalle dei greci onesti. Questo perché la troika composta da Ue, Bce e Fmi non vuole immischiarsi nelle scelte di politica interna, e l’impegno a distribuire equamente i sacrifici è rimasto lettera morta.
La troika deve rinunciare alle sue reticenze: l’idea di riportare la democrazia nel paese che l’ha vista nascere non è forse un ideale europeo? Serve un trasferimento più radicale della sovranità greca per colpire i privilegi di questa elite che decide dove devono essere fatti i tagli. Se non si riuscirà a contrastare efficacemente il potere delle elite greche nessuna soluzione sarà possibile. Ma questo aspetto è sistematicamente ignorato da tutte le proposte europee.
Atene non è Baghdad, ma non dobbiamo minimizzare le difficoltà di creare una democrazia funzionante. Se non riusciremo in questo compito non sarà possibile trovare una soluzione alla tragedia greca. Al contrario della tradizione teatrale, un lieto fine è ancora possibile: ci vorrà molta determinazione da parte dell’Europa, ma soprattutto un grande senso della realtà.
Articolo ripreso da presseurope.eu