Il regolamento europeo sul Venture Capital uccide le aziende innovative italiane

E’ stato varato dal Parlamento Europeo e dal Consiglio il regolamento Europeo per i fondi di venture capital (UE 345/2013 del 17 Aprile 2013).

L’Europa riconosce il ruolo chiave che i venture capital hanno nel campo dell’innovazione perchè“fornendo finanziamenti e consulenza a piccolissime imprese,  stimolano la crescita economica, contribuiscono alla creazione di posti di lavoro e alla mobilitazione di capitali, favoriscono la creazione e lo sviluppo di imprese innovative, incrementano i loro investimenti in ricerca e sviluppo e favoriscono l’imprenditorialità, l’innovazione e la competitività”.

E’ necessario però definire un quadro comune di norme in materia, per evitare il rischio che i diversi paesi membri prendano strade divergenti (in effetti la Legge Crescita 2.0 ne è un interessante esempio), con il rischio di ostacolare lo sviluppo del mercato. Lo scopo inoltre è quello di favorire gli investimenti transfrontalieri, fissando standard comuni a cui possano far riferimento gli investitori internazionali.

I venture capital che avranno le caratteristiche del regolamento, potranno fregiarsi del marchio EuVECA, che consente agli investitori di confrontare ed investire su oggetti simili ed un’asset class più omogenea sotto il profilo della  composizione del portafoglio dei fondi, obiettivi di investimento ammissibili e strumenti di investimento impiegati, modus operandi e informativa.

Il regolamento stabilisce le caratteristiche che deve avere un fondo di venture capital, che essenzialmente è un oggetto che deve investire almeno il 70% del capitale in piccole imprese nelle fasi iniziali della loro esistenza societaria e che sottoscrive solo equity o quasi-equity. Vengono anche fissati i requisiti che deve avere un gestore di fondo in termini di professionalità, operatività e gestione di aspetti fondamentali come il conflitto di interesse, la documentazione informativa da fornire a investitori ed autorità, la continuità operativa.

Per mantenere il marchio EuVECA inoltre occorrerà fornire periodiche informazioni alle autorità di vigilanza competenti nel proprio stato membro. Le informazioni rilevate e l’albo dei fondi autorizzati, saranno gestiti e resi pubblico dall’AESFEM.

Salta subito all’occhio che la strada presa dalla normativa sulle startup diverge abbastanza da questo approccio. Quando si parla di investitori professionali ad esempio, in relazione al crowdfunding, la definizione della legge è assolutamente diversa e molto più ampia dalla definizione che viene data in Europa. Nella legge Sviluppo 2.0 rientrano come investitori professionali in startup innovative oggetti di varia natura, incluso uno nuovo tuttora in fase di definizione, unico nel suo genere: l’incubatore certificato.

Diversissima rispetto alla nostra legge poi la definizione di startup, che per l’Unione Europea essenzialmente è una società non quotata, con meno di 250 dipendenti e meno di 50 milioni di euro di fatturato.

Forse se è vero che occorre rimettere mano alla legge, è ancor più vero e necessario che sia allineata con la normativa Europea, altrimenti sarà difficile riuscire veramente ad attrarre investitori internazionali sulle startup Italiane.

 

Articolo ripreso dal sito dgil.uz, Autore: Dgiluz