Se la norma verrà approvata, tali istituti dovranno condurre degli stress test sulla base dei dati del 30 settembre. I possibili scenari saranno tre (da “moderato a “severo”) e includeranno diversi fattori: dalla crescita economica, al tasso di disoccupazione, ai prezzi immobiliari.
Bisognerà dunque partire da tali possibili contesti economici e stimare le perdite potenziali e l’impatto sulla propria capitalizzazione, per oltre due anni, su base trimestrale.
Dunque, il 5 gennaio di ogni anno le banche dovranno sottoporre una relazione alla Fdic e rendere pubblico un riassunto dei risultati entro novanta giorni. A quel punto i regolatori avranno la possibilità di utilizzare tali dati per determinare quali banche detengono sufficienti cuscinetti di capitale: ed eventualmente per intervenire sui pagamenti dei dividendi.
Per ora si tratta solo di una bozza che è ancora in discussione. E che si andrebbe ad affiancare alle misure messe in campo dalla Fed, che nel mese di dicembre ha rilasciato una bozza della norma per formalizzare gli stress test annuali.
In aggiunta ai test condotti dagli istituti stessi, le holding bancarie che detengono più di 50 miliardi di dollari dovranno essere sottoposte a ulteriori verifiche portate avanti direttamente dalla banca centrale americana. Anche l’Office of the Comptroller of the Currency – l’agenzia federale che vigila su tutte le banche operanti entro i confini degli Stati Uniti – si sta muovendo per proporre i propri stress test.
Testo ripreso da valori.it