L’accertamento del credito nei confronti del fallimento è devoluto alla competenza esclusiva del giudice delegato, ai sensi degli artt. 52 e 93 della legge fallimentare.
L’adozione di un rito diverso produce un vizio rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio e determina l’improponibilità della domanda.
In caso di violazione di tale principio, tuttavia, il curatore fallimentare ha onere di eccepire tempestivamente l’improcedibilità della azione al fine evitare la formazione del giudicato implicito sulla proponibilità dell’azione per acquiescenza.
Non si può azzerare in sede di giudizio di cassazione una questione di procedibilità dell’azione ove la stessa avrebbe potuto certamente essere proposta nell’atto di appello.
IL FATTO
Un conduttore di un immobile conveniva in giudizio una società ai sensi dell’art. 700 cod. proc. civ, al fine di ottenere la condanna all’esecuzione di lavori di ripristino del manto di copertura dell’immobile dal quale derivavano infiltrazioni d’acqua, chiedendo la conferma del provvedimento di urgenza.
Il giudizio veniva interrotto a seguito della declaratoria di fallimento della società convenuta e successivamente riassunto, con costituzione della curatela, che non eccepiva l’inammissibilità dell’azione per violazione degli artt. 52 e 93 della legge fallimentare.
Il Tribunale, con sentenza non definitiva, riconosceva la fondatezza della domanda, confermava il provvedimento cautelare e disponeva la prosecuzione del giudizio per la quantificazione del danno.
Avverso tale pronuncia proponeva appello la curatela del fallimento, senza eccepire l’inammissibilità dell’azione per violazione degli artt.52 e 93 legge fallimentare e la Corte d’appello di Messina, con sentenza del 17 ottobre 2006, rigettava l’impugnazione, confermava la sentenza di primo grado e condannava l’appellante al pagamento delle ulteriori spese del grado.
Il curatore del fallimento proponeva ricorso per cassazione sul presupposto che l’improcedibilità della domanda nei confronti di un soggetto può essere eccepita in ogni grado e stato del giudizio e quindi anche per la prima volta innanzi il giudice di legittimità.
LA DECISIONE
La Corte di Cassazione, sezione terza, con sentenza n. 1115 del 21/01/2014 ha rigettato il ricorso con una chiara e coerente motivazione ove ha precisato che seppure è vero che l’accertamento del credito nei confronti del fallimento è devoluto alla competenza esclusiva del giudice delegato, ai sensi degli artt. 52 e 93 della legge fallimentare, tuttavia tale rilevabilità va coordinata (giustamente) con il sistema delle impugnazioni e con la disciplina del giudicato, in forza del principio di conversione della invalidazione nella impugnazione
Tanto in considerazione che, ove la nullità che derivi da tale vizio procedimentale non sia dedotta come mezzo di gravame avverso la sentenza che ne è affetta, resta superata dall’intervenuto giudicato, con conseguente preclusione di siffatta rilevabilità e della deducibilità ai fini dei successivi gravami». In questo caso, infatti, si forma il giudicato implicito sulla proponibilità dell’azione, perché la parte della decisione non impugnata e che sia indipendente da quelle investite dai motivi del gravame passa in giudicato, per acquiescenza.
Nel giudizio di appello, la curatela (appellante) non aveva mai posto la questione relativa alla improcedibilità della domanda, contraddicendo la stessa esclusivamente nel merito.
Il silenzio della curatela fallimentare in ordine a detto profilo preliminare in rito ha determinato la formazione del giudicato implicito per acquiescenza, in considerazione del fatto che la declaratoria di fallimento non aveva costituito una novità intervenuta nel giudizio di appello, bensì una realtà processuale presente e dichiarata già in primo grado.
La decisione assunta risulta in armonia con il principio costituzionale della ragionevole durata del processo, non potendo ritenersi conforme con l’obiettivo della celerità il consentire alla parte totalmente inerte sul punto – in questo caso la curatela del fallimento – di far azzerare il processo in sede di giudizio di cassazione quando la questione avrebbe potuto certamente essere proposta nell’atto di appello.
In conclusione, l’inerzia e il silenzio della curatela su questioni procedurali relative alla proponibilità di una azione possono comportare la formazione del giudicato implicito, con possibile danno per i creditori, in quanto potrebbero trovarsi a partecipare al concorso fallimentare anche soggetti i cui crediti non siano stati verificati dal giudice delegato secondo il rito dell’accertamento dello stato passivo.
Articolo segnalato da www.expartecreditoris.it a cura dell’avv. Maria Luigia Lenco
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