Sessanta mila imprenditori, piccoli e medi, artigiani, commercianti in piazza a protestare. Altri 40 mila imprenditori,medio grandi, impegnati in una protesta on line. Più di 300 mila aziende artigiane e commerciali chiuse solo nel 2013. Un quarto del totale delle imprese che non lavora ormai da qualche anno.
Sei milioni di persone (o sette) senza stipendio alcuno. Il 40 per cento dei giovani sotto i 35 anni a casa con la mamma perché il lavoro non c’è: e si tratta, forse è bene ricordarlo, della generazione migliore che l’Italia abbia mai prodotto. Hanno studiato, conoscono le nuove tecnologie e le lingue. Ma la stiamo semplicemente buttando via. Prima che le cose tornino a posto, se tutto va bene, ci vorranno dieci anni e allora sulla scena arriveranno quelli che adesso hanno quindici anni, e che sono ancora sui banchi delle scuole medie.
Nel frattempo non è stato fatto un inventario di quanta parte del nostro sistema industriale la crisi ci ha mangiato via. Ma, visto che un quarto delle imprese è fermo da anni, c’è il sospetto che i danni siano stati rilevanti. Studi recenti dicono addirittura che siamo passati da una crescita potenziale (quando tutto funziona) dell’1 per cento alla metà. E’ come se qualcuno sui fosse portato via metà del motore della macchina Italia. Esagerato? Forse.
Intanto, in questo momento, l’economia italiana sta crescendo con la velocità dello 0,4 per cento all’anno. E è quella che ha il più alto numero di disoccupati in Europa.
Questa, in sintesi, la fotografia dell’Italia che Renzi si appresta a governare da primo ministro.
In questi giorni, sui giornali e in tv, corrono tante buone idee del nuovo premier: taglio drastico del cuneo fiscale, taglio robusto dell’Irap, assegno universale per chi non ha un lavoro, ecc. Riduzione generalizzata della pressione fiscale (i 60 mila in piazza oggi lamentano di dover pagare il 66 per cento di imposte sui loro redditi).
Tutte cose sulle quali è impossibile non convenire. C’è però un particolare da non trascurare. La versione più morbida della “cura Renzi” costa probabilmente sui 30 miliardi di euro. Se poi si vogliono fare le cose proprio per bene, il conto sale, ovviamente.
E i 30 miliardi occorrenti, come ognuno sa, non esistono. Non in questo paese, almeno. Allora si spera che l’Europa chiuda un occhio e ci lasci fare altri debiti (oltre i due mila miliardi che abbiamo già messo insieme).
E Bruxelles, per evitare che l’Italia esploda, magari è anche disposta a lasciarci spendere qualche soldo in più. Ma ha già fatto capire in tutti i modi che questo avverrà (e in misura limitata) quando avrà visto partire delle riforme veramente incisive. E non delle chiacchiere. In sostanza, Bruxelles può darci una mano (piccola) solo se ci diamo una mano anche da soli.
E qui si torna ai programmi di Renzi. Trenta miliardi non sono noccioline e non si possono trovare tagliando un po’ di stipendi dei parlamentari (cosa sempre positiva, peraltro). Per trovare trenta miliardi bisogna fare qualche scelta politica pesante: lo Stato deve rinunciare a qualcosa. Deve restringersi.
Infine, vanno segnalati altri due elementi. Il primo è che abbiamo fretta: non si può andare avanti così, a meno di non voler vedere in piazza mezzo milione di imprenditori e qualche milione di cittadini.
Il secondo elemento è ancora più agghiacciante: se Renzi non dovesse farcela, non abbiamo un piano B. Al momento non abbiamo nemmeno una legge elettorale che ci consenta di andare alle elezioni e di cambiare questa classe dirigente. Siamo come topi chiusi dentro una trappola.
Articolo di Giuseppe Turani ripreso da uominiebusiness.it
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