Abbiamo più stufe di qualsiasi altro paese europeo da alimentare, abbiamo (in proporzione) più legna di qualsiasi altro paese europeo e abbiamo (quasi) più giovani disoccupati per raccoglierla di qualsiasi altro paese europeo, eppure non abbiamo i pellet necessari a soddsifare il crescente fabbisogno. A riportare all’attenzione questo ennesimo paradosso italiano è l’allarme lanciato nelle settimane scorse con un’intervista sul Sole 24 Ore dal presidente di Assonapannelli Paolo Fantoni.
Nel lamentare quelli che sono a suo avviso i problemi causati all’industria del legno per arredamento ed edilizia dagli incentivi per l’utilizzo delle biomasse a fini energetici, Fantoni ricordava che l’Italia è il primo consumatore al mondo di pellet per riscaldamento domestico, con 3,3 milioni di tonnellate nel 2013, contro una produzione di appena 350mila tonnellate. Allo stesso tempo siamo i più grandi utilizzatori di legna da ardere. Il che fa di noi il primo importatore al mondo, con 5 milioni di tonnellate nel 2013, su 16 milioni di tonnellate consumate.
Eppure la materia prima, così come le persone che potrebbero inventarsi un lavoro per immetterla sul mercato, non mancano. Anzi. “La superficie boschiva nazionale è pari al 34,7% dell’intero territorio – spiegava nel 2011 il presidente di Fedagri Maurizio Gardini – Una percentuale superiore a quelle di paesi tradizionalmente considerati verdi come la Germania (31%) o la Francia (28,6%). Inoltre boschi e foreste italiane risultano in costante espansione, visto che negli ultimi 25 anni sono aumentate del 19% in termini di superficie”.
Un dato che si è ulteriormente rafforzato nell’ultimo biennio, come sottolineava alcuni mesi fa a Qualenergia Marino Berton, presidente di Aiel, l’associazione italiana dell’energia dal legno. “Il 37% del territorio italiano – affermava – è a bosco, la superficie dal 1950 è raddoppiata passando da 5 a 11 milioni di ettari e oltre alla superficie aumenta anche la provvigione, cioè la quantità di biomassa per ettaro. Nel contempo l’Italia è il penultimo paese in Europa per prelievi rispetto agli accrescimenti: preleviamo solo il 24% degli accrescimenti, cioè, per usare una metafora, il 24% degli interessi che maturiamo sul nostro capitale boschivo. Pochissimo: per fare un paragone l’Austria preleva il 70% degli accrescimenti. Questo non fa bene al bosco; è indice di un bosco abbandonato a se stesso”. Senza contare poi i ricorrenti allarmi per la sicurezza legati all’arrivo sui mercati italiani di pellet di dubbia provenienza.
Un primo interessante passo per cercare di contrastare questo sperpero di opportunità è quello messo in atto dalla Liguria che nel marzo scorso ha definitivamente approvato una legge regionale che rende possibile “affidare parte del proprio patrimonio forestale ai privati” tra cui “aziende agricole, imprese e cooperative sociali che operano già nel comparto agricolo e forestale e che in futuro potranno farlo in diverse foreste liguri utilizzando la filiera del legno, promuovendo iniziative per la fruizione turistica della foresta, la raccolta dei funghi e degli altri frutti del bosco e altre attività”.
Articolo ripreso dal blog 2050 di Valerio Gualerzi su gualerzi.blogautore.repubblica.it
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