Banche europee vulnerabili alla crescente possibilità che la Grecia abbandoni l’euro. Nonostante la minore esposizione al debito greco, l’aumento dei requisiti sul capitale e la maggiore liquidità fornita dalla Banca centrale europea, gli effetti contagio derivanti dall’abbandono di Atene della moneta unica sarebbero catastrofici.
In fondo, solo gli istituti tedeschi, francesi e inglesi, continuano a detenere circa $1.190 miliardi di debito degli altri PIIGS, di Spagna, Portogallo, Italia e Irlanda.
“Un’uscita della Grecia sarà come un vaso di Pandora“, ha dichiarato a Bloomberg Jacques- Pascal Porta, il cui fondo privato francese Ofi Gestion Privee detiene titoli di BNP Paribas e Deutsche Bank. “È un disastro che lascerà la porta aperta per altri disastri. La credibilità dell’euro verrà compromessa e si creerà un precedente. Non ci sarà motivo per cui non si possa verificare un’uscita della Spagna, dell’Italia, e perfino della Francia”.
Sguardo dei mercati dunque concentrato sulle prossime elezioni greche del 17 giugno, dopo che dai risultati di maggio non si è riusciti nella formazione di un nuovo Governo. Per la prima volta dall’inizio della crisi del debito nel 2009, i leader europei parlano ormai apertamente della possibilità che Atene abbandoni l’euro.
Il rischio immediato per gli istituti europei sarebbe una fuga dei depositi dai paesi fortemente indebitati quali Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia, proprio a causa dei timori che anche questi possano optare per un’uscita dall’Unione monetaria. Tali depositi andrebbero dunque subito a spostarsi nei paesi considerati più sicuri.
Un fenomeno probabilmente già in atto. Le banche greche, irlandesi, italiane, portoghesi e spagnole, hanno già assistito a un calo dei depositi di €80,6 miliardi, 3,2%, dalla fine del 2010 sino a marzo, stando ai dati della Bce. Per contro, in aumento i depositi presso gli istituti francesi e tedeschi nello stesso periodo, per €217,4 miliardi.
Gli analisti di Ubs stimano vedono una possibilità del 20% che la Grecia abbandoni la moneta unica. Se questo dovesse essere il caso, la nuova divisa subirebbe una svalutazione fino al 75% contro l’euro.
Articolo ripreso da wallstreetitalia.com