Improvvisa esplosione di esperti e commentatori sull’ipotesi di creazione di una o più bad bank, veicoli in cui le banche italiane andrebbero a segregare i loro crediti deteriorati. Commenti, ipotesi, incoraggiamenti fiduciosi che saranno ancora più estesi ora che il governatore della Banca d’Italia parlando all’assemblea annuale dell’Assiom-Forex ha dato il suo benestare così:
“Le necessarie rettifiche a fronte del deterioramento della qualità dei prestiti incidono sulla profittabilità delle banche; nei primi nove mesi del 2013 hanno assorbito tre quarti della redditività operativa. Il rendimento del capitale e delle riserve è risultato particolarmente basso. In Italia il mercato privato degli attivi deteriorati rimane poco sviluppato. Alcune transazioni concluse di recente segnalano interesse da parte di investitori specializzati nella gestione di queste attività. Vanno nella giusta direzione interventi, quali quelli in corso presso alcune banche, volti a razionalizzare la gestione dei crediti deteriorati con la creazione di strutture dedicate in grado di aumentare l’efficienza delle procedure e la trasparenza di questi attivi. Interventi più ambiziosi, da valutare anche nella loro compatibilità con l’ordinamento europeo, non sono da escludere, possono consentire di liberare, a costi contenuti, risorse da utilizzare per il finanziamento dell’economia.”
Ai commentatori superficiali sfuggono alcuni punti essenziali:
1) si debbono nutrire parecchi dubbi sulla correlazione diretta che esiste tra la cessione delle sofferenze all’ipotetica bad-bank e la ripresa immediata del credito alle imprese, come se si fosse sgorgato un lavandino da un cumulo di sporcizia.
Grazie a una bad bank, secondo certi commentatori, gli asset tossici delle banche verrebbero trasferiti in una nuova società, che avrà il compito di liquidare questi asset attendendo che migliorino le condizioni di mercato, in modo da poter lasciare gli istituti liberi di funzionare regolarmente.
Sarebbe bello che bastasse questo per ‘funzionare regolarmente’, ma non è così.
E anche la cessione proposta da Alesina e Giavazzi senza fornire molte spiegazioni lascia perplessi: si tratta di sofferenze o di prestiti buoni? Perché questi ultimi sono già offerti alla BCE in garanzia con cartolarizzazioni sintetiche.
Nel dibattito intervengono subito banchieri, economisti, sindacalisti e consumatori. In un editoriale pubblicato dal Corriere della Sera gli economisti Alberto Alesina a Francesco Giavazzi, ipotizzano anche strade diverse. Si potrebbe – affermano – far acquistare dalle Bce un pò dei prestiti che le banche hanno fatto alle imprese: «in questo modo alleggerirebbe i loro bilanci e farebbe ripartire il credito» (fonte Sole24Ore.com)
2) la creazione di una bad bank di sistema si scontra probabilmente con il diverso impatto che la cessione delle sofferenze avrebbe sui bilanci delle banche che le hanno in pancia.
Cercando di dare qualche spiegazione sui due punti:
1) la cessione di 150 miliardi di sofferenze a terze parti (tipicamente investitori in portafogli di NPL) libererebbe poco capitale, se il risparmio di capitale sui crediti ad alto rischio sarà compensato da una perdita… in conto capitale derivante dalla minusvalenza nel prezzo di cessione rispetto al valore di libro (valore del finanziamento meno le rettifiche). C’è da considerare l’impatto fiscale positivo se la cessione crea perdite deducibili, ammesso che vi siano profitti da compensare.
2) se il valore di cessione è ampiamente inferiore al valore netto delle sofferenze la perdita potrebbe non essere sopportabile per qualche istituto.
3) l’ipotesi di creazione di un veicolo che lavori sulle ristrutturazioni aziendali, attualmente in cura con gli accordi sottoposti all’art.182 bis della legge fallimentare è parecchio più sensata se punta al recupero del valore bloccato o perso (vedi articolo di Carlo Festa sul Sole)
Personalmente non credo che la bad bank abbia effetti taumaturgici immediati al punto di sbloccare improvvisamente un sistema bancario atrofizzato nell’erogazione del credito e poi, trattandosi di sofferenze passate, di certo non risolve il problema dei nuovi ingressi di posizioni a incaglio o in bonis nella categoria sofferenze, che stanno continuando e continueranno.
Diciamo invece che ha un effetto di pulizia del bilancio, facendo emergere il reale valore del portafoglio crediti (cosa che interessa a molti analisti) e di liberare, questo sì che è importante, una massa enorme di energie interne alle banche oggi dedicate (forse ossessionate) al recupero crediti e disimpegnate dallo sviluppo degli affari. Come dicono alcune misurate parole del governatore Visco… ‘aumentare l’efficienza’.
Uno degli articoli migliori sull’argomento è stato scritto da Luigi Dell’Olio su Monitor di Venezie Post.
«A fronte di questo scenario si è capito che occorre isolare le sofferenze dalle attività in bonis per evitare di incartarsi in una lunga crisi» spiega un analista. «Non che il tema non fosse ben presente ai massimi livelli delle banche italiane già in precedenza, ma finora in tanti sono stati prudenti nelle svalutazioni pur di limitare il rosso di bilancio».
Una posizione netta, che trova d’accordo molti operatori, anche se nessuno finora è venuto allo scoperto su questo versante. Vuoi perché quello italiano è un mercato del credito molto piccolo (e pertanto intriso di conflitti d’interesse), vuoi perché la convinzione a lungo diffusa è stata che occorresse non drammatizzare la situazione nella speranza di agganciare la ripresa internazionale. Strategie (o forse sarebbe stato meglio dire auspici) che si sono rivelate fallaci. «Al punto in cui siamo arrivati, non c’è più spazio per temporeggiare», aggiunge l’analista. «A breve partiranno gli esami europei prima con l’asset quality review e poi con una nuova tornata di stress test, che potrebbero portare a una bocciatura di molti istituti italiani»
Proprio così, le banche hanno temporeggiato sperando che la tempesta finisse presto e hanno sbagliato anche in questo caso. La situazione è andata fuori controllo e lo sara’ ancora molto a lungo.
Articolo ripreso da Linkerblog.biz – autore: F. Bolognini