Da Chicago Blog, un bellissimo articolo di Emilio Rocca. Tutto da leggere e da imparare a memoria per i nostri e vostri futuri investimenti.
Ho avuto l’occasione di frequentare un campus estivo, con seminari di economia e politica, organizzato dalla Fundaciòn para el anàlisis y los estudios sociales. Nove giorni di buone idee liberali in un paesino montano, Navacerrada, dove i madrileni vanno a sciare d’inverno: d’estate, a 1200 metri d’altezza non mancano i pini e l’aria fresca. Magnifico. Ed è proprio durante il viaggio in autobus da Madrid a Navacerrada che si ambienta il primo quadretto. Fedele al rigoroso metodo culicchiano, che considera le scritte sui muri urbani un’espressione popolare di imprescindibile significato per lo studioso sociale, mi piace guardare fuori dal finestrino. “Capitalismo es crisis”. Questa scritta, vergata a caratteri cubitali su un muro della periferia madrilena, mi lascia interdetto. Mi viene voglia di rifletterci, ma poi no. Non ne vale la pena. Per questa volta lascio stare e penso solo a come sia straordinario che noi umani riusciamo a vedere le cose ognuno a modo suo. Quello che invece mi darà parecchio da pensare nei giorni successivi è osservare come, avvicinandosi a Navacerrada, spuntino qua e là dei cartelli tutti uguali. Sopra campeggia sempre la stessa scritta: SE VENDE. Gli spagnoli stanno dunque cercando di vendere le loro case di vacanze, penso. Ma la cosa strana è come queste siano nuove, talvolta non sono neppure terminate; alcune sono più raffinate, coi muri in pietra e le travi in legno a vista, altre sono più dozzinali, costruite a schiera secondo un unico progetto. Ah sì! Ora mi viene in mente! Sono gli strascichi della bolla immobiliare spagnola, che prima ha fatto crescere tanto l’economia del Paese e oggi ha lasciato tante case vuote e troppi disoccupati.
Passano qualche giorno e un relatore del corso, Juan Rosell, direttore del CEOE, la maggiore associazione di imprenditori spagnoli, ci ricorderà i seguenti, impressionanti, numeri. Oggi si trovano in Spagna 1 milione di case vuote e gli occupati nel settore edilizio sono passati da 2,5 milioni nel 2006 a 1 milione oggi. Un milione e mezzo di disoccupati in cinque anni, solo nel settore delle costruzioni. Pazzesco. Conoscevo già le dinamiche che avevano portato a questo cataclisma economico, ma dopo qualche ricerca e chiacchierata con studiosi spagnoli presenti ai seminari, le ho capite meglio.
Una delle principali cause che ha creato la burbuja immobiliaria, è stato il basso tasso d’interesse. La Spagna, entrando nell’euro, ha potuto beneficiare di tassi d’interesse molto più bassi rispetto al decennio predente. Inoltre la Spagna presentava un tasso d’inflazione superiore (mediamente dell’1%) rispetto a quello europeo. Ciò significa che, sebbene il tasso ufficiale di sconto nominale fosse uguale in tutta l’area euro, per la Spagna quello reale era sensibilmente inferiore. Le banche spagnole potevano così ottenere denaro e concedere prestiti ad un costo inferiore rispetto alle colleghe europee. In questa cornice il debito privato spagnolo è cresciuto enormemente, stimolando particolarmente il settore immobiliare. Il grafico successivo mostra il rapporto debito(pubblico e privato) in percentuale sul PIL.
Siccome tra il 2002 e il 2007 il debito pubblico spagnolo è diminuito dal 52,2% al 36,1% rispetto al PIL, questo aumento del debito è imputabile alla componente privata. Dal lato della domanda di case, infatti, divenne meno costoso accendere un mutuo per comprar casa. Da questo punto di vista, contribuirono anche a stimolare la domanda le deduzioni fiscali previste dal governo per acquistare la prima casa. In un mercato immobiliare con prezzi fortemente crescenti si diffuse enormemente anche l’investimento immobiliare. Uno studente del corso mi confermò: “Sai, gli spagnoli erano strani: compravano casa non per viverci, ma per rivenderla dopo qualche anno”.
Dal lato dell’offerta di abitazioni, i prestiti divennero meno costosi per i costruttori. Inoltre, un ruolo importante venne giocato dalle Casse di risparmio. Questa crebbero moltissimo dal 2000; inoltre erano direttamente controllate dai politici. Per gli imprenditori si aprirono ancora più possibilità per ottenere prestiti.
Il grafico seguente mostra la crescita esponenziale del credito al settore immobiliare.
Poi la storia si conosce. Tutte le bolle scoppiano prima o poi, e quella spagnola si è lasciata alle spalle una grave crisi economica e una profonda ferita sociale. Prima o poi, qualcuno non riesce più a pagare i propri debiti, i tassi d’interessi devono essere alzati da livelli artificiosamente bassi (e la BCE operò una stretta creditizia proprio nel 2005); ci si accorge infine che si sono costruite case che in realtà nessuno poteva permettersi.
Da qui, concludo con due considerazioni. La prima è un’accusa nei confronti di quegli economisti che trascurano il potere distorsivo dei livelli bassi dei tassi d’interesse. Trovo stupefacente come il caso spagnolo si adatti bene alla descrizione del ciclo economico secondo la teoria austriaca: il boom drogato da bassi interessi e tanti debiti, squilibrio tra investimenti e risparmio, risorse bruciate nella costruzione di case che prima di essere portate a termine non trovano più acquirenti. La seconda considerazione è che oggi possiamo constatare come l’unione monetaria europea venne presa troppo alla leggera. Nell’euforia della grandeur comunitaria, si sottovalutarono i pericoli celati nel decidere una politica monetaria unica, per un’area economica così disomogenea. Le riduzioni dei tassi d’interesse stabilite a più riprese dalla BCE dal 2000, mentre per alcune economie europee potevano sembrare insufficienti a stimolare la ripresa, in paesi come la Spagna invece contribuirono a creare un’enorme bolla immobiliare i cui strascichi si faranno sentire ancora a lungo.