Nostro commento: in parole povere, in Danimarca lasciano fallire le banche. Facile da fare quando sono piccole, se vogliamo fare un appunto ai nostri amici danesi. Un po’ meno facile quando sono colossi bancari internazionali come quelli francesi e hanno piu’ debiti della di mezza Europa messa assieme.
La crisi che sta interessando il sistema bancario danese, secondo un’analisi pubblicata dall’agenzia Bloomberg, ha molto da insegnare.
Il Paese nordico da mesi è sotto gli occhi delle agenzie di rating, che – dopo il clamoroso fallimento di Amagerbanken a febbraio e Fjordbank Mors a giugno – ritengono che siano almeno altre quindici le banche a rischio.
Ma c’è una peculiarità che distingue la situazione danese da quella della stragrande maggioranza degli altri Paesi. A partire dal mese di ottobre dello scorso anno, infatti, la garanzia pubblica copre i depositi dei clienti soltanto fino al valore di 100 mila euro.
Nel momento in cui un istituto fallisce, ne assume il controllo un ente statale denominato Finansiel Stabilitet. Che innanzitutto tenta la strada di nuovi finanziamenti, fusioni o acquisizioni: e, in caso tali manovre non vadano a buon fine, liquida la parte attiva, addebitando quella passiva ad azionisti e creditori.
Secondo alcune fonti – che preferiscono mantenere l’anonimato, trattandosi di trattative riservate e ancora in corso – tale politica di gestione delle crisi bancarie potrebbe avere un futuro anche al di fuori dei confini della nazione nordica. Sarebbe infatti una delle ricette proposte in sede comunitaria per trovare una via d’uscita alla crisi finanziaria del Vecchio Continente. Ma, secondo Bloomberg, la lezione danese è semplice: una simile scelta non va adottata in un periodo di crisi. E non può trattarsi di una decisione isolata da parte di un solo Paese. In tal caso, infatti, non si fa altro che alimentare la sfiducia degli investitori, per giunta in un periodo già molto turbolento per i mercati finanziari. Senza riuscire, nel frattempo, a risolvere il problema di base: ovvero l’instabilità degli istituti di credito. Che, anzi, potrebbero così incontrare ulteriori difficoltà a trovare finanziamenti. In tale direzione vanno le parole di Jacques Delpla, consulente del presidente francese Nicolas Sarkozy: «È giusto avere progetti di ampio respiro, ma cosa si può fare mentre tutto sta collassando?».
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