La crisi del settore automobilistico

L’industria dell’auto è «a metà strada dal paradiso e solo un miglio fuori dall’inferno». Sergio Marchionne ha scelto il verso di una canzone di Bruce Springsteen per lanciare l’allarme Europa: sono parole «fin troppo ottimistiche», dice, se si guarda alle prospettive nel Vecchio Continente, dove il settore è rimasto imbrigliato tra «interessi nazionali e ragioni della politica».

Mentre negli Stati Uniti ha avuto «coraggio», ha «rimosso i difetti strutturali», ed ha oggi basi «più solide e sane» per reggere la crisi o cavalcare la ripresa. Parole rivolte alle aziende della filiera dell’auto, all’assemblea dell’associazione che le rappresenta, l’Anfia, che Fiat lascia dopo aver lasciato Confindustria.

Il Lingotto vuole «libertà d’azione» come «requisito essenziale» per poter svolgere un ruolo da «protagonista nello sviluppo industriale del nostro Paese», ha ribadito l’ad di Fiat e Chrysler, che a Roma ha anche incontrato il ministro dello Sviluppo Paolo Romani ed i sindacati di settore con i leader di Cisl e Uil Raffaele Bonanni e Luigi Angeletti (senza Fiom nè i vertici della Cgil).

Da Marchionne anche parole chiare al Governo: parla dell’Eurocrisi, e avverte: le insidie sono nelle «prospettive dell’economia reale», problema che in Italia andrebbe affrontato «con forza, con una politica economica seria, con un nuovo senso di responsabilità nei confronti degli altri Paesi dell’Unione Europea».

Oggi Fiat e Chrysler presenteranno i risultati del terzo trimestre. «Siamo sulla strada giusta per raggiungere tutti gli obiettivi fissati». Il mercato soffre in Europa (tranne la Germania) ed in Italia dove tocca «livelli così bassi che non si vedevano dal 1996».

Ma nel nostro Paese è confermato «un ampio e convinto piano di investimenti»: il numero uno del Lingotto (che sul piano Fabbrica Italia risponderà domani alla richiesta di chiarimenti arrivata dalla Consob) ha voluto replicare ancora una volta a chi teme «un disimpegno dall’Italia»: parlano «i fatti».

Ma ha anche ribadito le condizioni che pone: Fiat, impegnata nel costruire un grande gruppo internazionale, «non può permettersi di operare in Italia in un quadro di incertezze», di condizioni «troppo diverse» dal resto del mondo. È in questo contesto che Marchionne inquadra l’uscita da Confindustria e ieri anche dall’Anfia, scelte valutate «con grande serietà».

Articolo ripreso da gazzettadelsud.it