Si sente spesso parlare di inflazione e ormai avrete imparato che, quando è troppo alta, è un problema: i prezzi di prodotti e servizi salgono troppo velocemente, mentre salari e patrimoni perdono valore.
Cosa succede, vi chiederete, quando l’inflazione è talmente bassa da diventare addirittura negativa (e quindi i prezzi scendono)? Beh, anche questo è un problema.
Questa situazione ha un nome: deflazione. Nell’Eurozona non c’è deflazione conclamata, ma quel che è certo è che i prezzi crescono pochissimo, sicuramente ad un ritmo ampiamente inferiore al numero magico, il “target” della BCE, pari a 2%. Infatti, in Italia (che rispecchia piuttosto bene la situazione complessiva della zona euro), tra ottobre e novembre, i prezzi sono scesi dello 0,3%. E nell’ultimo anno la variazione dei prezzi è stata di +0,7%: cioè i prezzi sono cresciuti pochissimo.
Ecco perché adesso si sente parlare di rischio deflazione.
Scommetto che in questo momento state pensando: “In realtà, se vado al supermercato a far la spesa, sono felice di veder scendere i prezzi dei prodotti che compro abitualmente“.
Secondo molti economisti e opinionisti, non è proprio così. Insomma la paura di molti è che, al calare dei prezzi, si comprino meno beni e servizi, indebolendo il fatturato e i profitti delle aziende, che potrebbero licenziare i dipendenti, chiudere, fallire (con conseguenze intuibilmente non buone sulle banche creditrici). Ciò indebolirebbe ancora la domanda, inducendo ulteriori diminuzioni dei prezzi e via dicendo, creando un vortice perverso.
Ma chissà come andrebbero davvero le cose nel mondo reale, molto diverso dall’astratta rappresentazione che ne hanno la maggioranza degli economisti.
Atteniamoci per ora ad alcuni fatti:
in caso di deflazione i rendimenti reali di qualsiasi strumento finanziario salgono:
- rendimenti reali = rendimenti nominali – variazione dei prezzi
(in questo caso la variazione dei prezzi è negativa, quindi si somma…)
i rendimenti reali in crescita sono un fatto positivo per chi ha degli investimenti (che crescono ad un tasso maggiore) e, viceversa, un fatto negativo per chi ha un debito (che sale ad un tasso maggiore). Quindi, se siete un risparmiatore “in attivo” (cioè se i risparmi sono più elevati di eventuali mutui e finanziamenti), la deflazione è vostra amica, perché porta con sé più elevati rendimenti reali.
Fin qui, non ci piove. Gli altri effetti, ad esempio quelli sui consumi e sulla produzione, non sono così deterministici, visto che l’economia e i mercati costituiscono un sistema difficilmente prevedibile (…credo che l’evidenza empirica di ciò sia incontrovertibile). Vediamo allora alcune postille all’idea che ci sia un crollo dei consumi e della produzione, giusto per instillare un sano dubbio.
Innanzitutto, molti acquisti non si possono rinviare: se non volete restare chiusi in casa a digiuno, senz’acqua, senza riscaldamento e al buio, dovrete continuare ad acquistare beni come cibo, acqua, energia elettrica, carburante e via dicendo.
Poi, se ci riflettete un attimo, in svariati settori la deflazione è una realtà già da moltissimi anni. Pensate per esempio alla tecnologia: il costo di hardware e software è sceso. Ma il consumo di tecnologia è aumentato. E Samsung e Apple riescono a vendere con successo l’ultimo modello di tablet, sebbene sia risaputo che il prezzo del modello precedente cali sensibilmente.
Anche il prezzo dei beni e dei servizi fortemente influenzati dal web, come per esempio libri e viaggi, è in discesa. Certo, si tratta di settori in profonda ristrutturazione, con nuovi modelli di business e nuove aziende che vanno a sostituire quanto c’è di vecchio.
Tuttavia, Amazon vende libri, eccome, con gran profitto e minori costi per voi. Si tratta, me ne rendo conto, di situazioni caratterizzate da un elevato tasso d’innovazione, ma l’economia è un sistema complesso ed è difficile dire cosa succederà.
Del resto, dopo due decadi di deflazione combattuta con scarso successo, secondo l’OCSE il Giappone ha ancora un indice di qualità della vita superiore alla media mondiale, nonché una ricchezza assai più elevata della media OCSE. Il tasso di disoccupazione in Giappone è al 4%, quando nell’euro zona è al 12% e negli USA al 7%.
Il punto vero è che la deflazione è nemica dei Governi, perché essi sono quasi tutti (molto) indebitati. Infatti la deflazione, a parità di altre condizioni, provoca una crescita del rapporto debito/PIL, che potrebbe diventare insostenibile e portare (arrivando alle estreme conseguenze) al default. Inoltre, se si verificasse un impatto negativo sui consumi e sui profitti delle imprese, diminuirebbe anche il gettito fiscale.
Insomma, la deflazione è una potenziale catastrofe per lo Stato. Non è un caso che, recentemente, Christine Lagarde, direttore generale del FMI, abbia definito la deflazione come “l’orco da combattere senza indugi”.
La stabilità dei prezzi è sicuramente la situazione più auspicabile: e, visti i rischi della deflazione per gli stati sovrani, state tranquilli che istituzioni (BCE in primis) faranno il possibile per mantenerla.
Articolo ripreso da it.adviseonly.com – autore: Raffaele Zenti
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